martedì 18 ottobre 2022
Tornano in libreria “I viaggi dell’anima” del critico di “Avvenire” scomparso un anno fa: un’antologia di grandi autori
Il critico letterario e scrittore Fulvio Panzeri

Il critico letterario e scrittore Fulvio Panzeri - archivio

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Uscito per la prima volta nel 2000, I luoghi dell’anima. In viaggio con i grandi scrittori, a cura di Fulvio Panzeri, torna in libreria (Interlinea, pagine 256, euro 14) con la Presentazione di Alessandro Zaccuri, che qui anticipiamo. Nell’antologia sono comprese pagine di Auden, Buzzati, Caproni, Gogol’, James, Nooteboom, Rilke, Silone, Soldati, Testori, Volponi, Wharton, Hesse e altri. «Questa antologia compone un viaggio immaginario al seguito di scrittori e poeti, una specie di ipotetico itinerario che mette in scena i luoghi e le emozioni profonde che sono state affidate ai fogli dei taccuini, ai reportage, alle poesie, ai racconti» scrive Panzeri. In questo primo anniversario la Provincia di Monza e della Brianza ha conferito una Menzione d’Onore del premio Beato Talamoni alla memoria di Fulvio Panzeri

Fulvio Panzeri non è stato un grande viaggiatore. Per tutta la vita ha abitato a Renate, la cittadina della Brianza dove era nato nel 1957. È morto nel 2021 all’ospedale di Desio, che da casa sua dista meno di venti chilometri. Frequentava Como e Milano per i suoi impegni professionali tra editoria e giornalismo, ma di mestiere ha sempre fatto il maestro di scuola elementare. A Renate, ovviamente. Amatissimo dagli allievi, a lungo si era impegnato anche nell’amministrazione locale. La biblioteca, in particolare, deve molto al suo attivismo e alle sue frequenti donazioni. Di tanto in tanto – specie negli anni novanta, i più intensi della sua avventura intellettuale – si concedeva qualche trasferta al di fuori della Lombardia. In Emilia, preferibilmente, a Reggio e più spesso a Correggio, il paese natale di Pier Vittorio Tondelli, di cui Panzeri è stato interprete, amico, curatore delle opere. A prima vista poteva sembrare bizzarro, questo sodalizio tra un critico sedentario e uno scrittore cosmopolita, ma a unirli era proprio l’appartenenza a una piccola patria di provincia. Tondelli a un certo punto era scappato, Panzeri aveva scelto di rimanere, simile in questo all’altro suo autore imprescindibi-le, Giovanni Testori, che da Novate Milanese non si era mai veramente allontanato. Chissà, forse i lombardi sono stanziali per vocazione. Oppure, più probabilmente, in letteratura spazio e movimento rivestono un valore relativo, negoziabile all’infinito. Il paesaggio muta a ogni voltare di pagina e il mondo può benissimo essere racchiuso in una stanza, purché sia una stanza piena di libri. Come gli altri saggi di Panzeri, e come la maggior parte dei suoi innumerevoli articoli, I luoghi dell’anima è stato scritto nello studio al pianterreno della casa di Renate. Scaffali altissimi, stipati dei libri irrinunciabili, mentre le novità si accatastavano sulla scrivania, in attesa di essere trasferite, almeno in parte, nella famosa biblioteca comunale, della quale Panzeri aveva le chiavi. Avesse avuto bisogno di verificare una citazione o di recuperare un volume, avrebbe potuto procedere per le vie brevi, che in un posto come Renate sono davvero brevissime. I viaggi più importanti per lui erano quelli da un libro all’altro, alla ricerca di consonanze altrimenti inavvertite. Panzeri non praticava la retorica della bibliofilia. Sapeva apprezzare un’edizione di pregio, ma per il resto aveva un rapporto molto spiccio con i libri. Il suo modo di sfogliare non aveva nulla della smanceria da collezionista. Lo guidava nella lettura la stessa urgenza morale che, come critico, esigeva dagli scrittori. Alla fine i libri che più lo avevano appassionato assumevano lo stesso aspetto dei volumi che si portano in viaggio, brossure che entrano ed escono da zaini e valigie, accumulando imperfezioni più o meno evidenti: una pagina spiegazzata, una sovraccoperta screziata di strappi, a volte l’alone di una tazza di caffè. Ripensandoci, non è del tutto vero che Panzeri non fosse un viaggiatore. Lo era a modo suo, instancabile e generoso. I luoghi dell’anima (formula che ha poi avuto vasta e duratura fortuna) uscì nel 2000. All’epoca Panzeri aveva già pubblicato molto, imponendosi come punto di riferimento per la riflessione sulla nuova narrativa italiana. Nello stesso anno erano apparsi da Guanda i versi di L’occhio della trota, la sua raccolta più matura e compiuta, alla quale purtroppo fece seguito un lungo silenzio poetico. Nel 2003 sarebbe arrivata la fondamentale Vita di Testori, intanto il duplice cantiere delle opere di Tondelli e dello stesso Testori era in fermento. Non per questo, però, all’antologia che conduce il lettore «in viaggio con i grandi scrittori » può essere assegnata una posizione marginale nella bibliografia di Panzeri. C’è, in primo luogo, un dato esteriore, che coincide con la genesi del libro. All’origine dei Luoghi dell’anima sta infatti una serie di articoli per “Avvenire”, la testata nella quale la militanza critica di Panzeri si è espressa in maniera più puntuale e continuativa. Ancora più in profondità, questo volume, composto in massima parte con parole altrui, finisce per suggerire un autoritratto del curatore, un po’ come era avvenuto nel 1981 con La ricerca delle radici di Primo Levi. Da Romano Guardini a Wystan Hugh Auden, da Carlo Betocchi a Julien Green, da Charles Péguy a Biagio Marin, via via risalendo fino all’immancabile Testori e al prediletto Carlo Coccioli, il personalissimo canone di Panzeri si manifesta con spontaneità, benché inquadrato nella prospettiva apparentemente inconsueta della letteratura di viaggio. Muovendosi con disinvoltura tra classici e contemporanei, in ciascun autore Panzeri ritrova quello che più gli sta a cuore, nella linea di una «esemplarità dell’esperienza» di cui danno conto, nel denso saggio introduttivo, le vicende di Montaigne, Chateaubriand, Goethe, Ruskin e Cechov. In quelle stesse pagine, Panzeri incastona sapientemente una limpida dichiarazione di poetica e di critica, rivendicando la sostanziale convergenza di viaggio e pellegrinaggio. « Non è necessario per lo scrittore pensare o partecipare a un pellegrinaggio per ritrovare il proprio “ luogo dell’anima” » – sottolinea Panzeri –: la disposizione a essere pellegrino è di natura più strettamente laica. Non è lo scrittore a cercare il luogo, ma è questo stesso a rivelarsi ai suoi occhi appunto come occasione di grazia ». Ecco, la grazia. Parola centrale in Testori, di nuovo, e anche in Flannery O’Connor, altra viaggiatrice riluttante della quale Panzeri fu lettore acutissimo. Nata in provincia anche lei, nel Sud degli Stati Uniti, e pellegrina in Europa in risposta a un richiamo interiore molto prossimo alla vocazione. Del resto, se il mondo può stare in una stanza, perché la salvezza non dovrebbe nascondersi dentro di noi, in uno di quei luoghi intimi e misteriosi nei quali l ’anima sceglie di dimorare?

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