mercoledì 13 aprile 2016
​Ulivieri (Assoallenatori): i presidenti non danno il tempo e cambiano, poi spesso si pentono. 
Panchine scomode e precarie
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Un mese alla fine del campionato di Serie A e si continua a cambiare allenatore. Lo ha fatto l’Udinese (De Canio per Colantuono), il Palermo (Ballardini bis per Novellino), la Lazio (Simone Inzaghi per Pioli) e ieri anche il Milan: dentro Brocchi al posto di Mihajlovic. Per parlare di tecnici esonerati e dei relativi patron rottamatori, non possiamo che rivolgerci al presidente dell’Assoallenatori, Renzo Ulivieri. Partiamo da quest’ultimo cambio del Milan: cosa direbbe Renzaccio il “Rosso” al suo “nemico” politico Silvio Berlusconi?«C’è poco da dire, i soldi sono suoi e il ciclo di Mihajlovic mi dicono che fosse chiuso da un po’. Berlusconi ha solo accelerato i tempi». Nemmeno a Zamparini diciamo niente per il record di cambi stagionali (7)? «Chi va a lavorare al Palermo sa già qual è il gioco che lo aspetta. Zamparini assume e licenzia che è un piacere, però a fine rapporto paga regolarmente. Se fossi stato un suo consigliere gli avrei detto: “Iachini è stato qua un po’ di tempo, lo conosci, cerchiamo di dargli una mano a superare questo momento...” Invece è solo lui che governa, quindi decide. Poi Zamparini, come tanti suoi colleghi presidenti, cambia, sbaglia e poi si pente dato che è costretto riprendere gli allenatori già esonerati». Pippo Inzaghi è ancora fuori, mentre Lotito ha appena lanciato il fratello Simone alla Lazio, un suo giudizio? «Pippo dopo l’esperienza al Milan ha bisogno di ripartire dal basso. Simone Inzaghi, come Brocchi, alla Lazio si gioca tutto in questo finale di stagione, se fa bene Lotito potrebbe premiarlo, chissà...». Quel “chissà” fa capire che nel mestiere di tecnico di calcio è tutto molto aleatorio... Così capita anche di allenare in B e di farlo gratis, vedi il caso Crespo al Modena o di allenatori in Lega Pro che pare “paghino” di tasca pro- pria pur di garantirsi una panchina. «Questo scenario non è una peculiarità del calcio, ma una distorsione del mercato che riguarda tutto il mondo del lavoro. Ormai siamo arrivati al punto che il lavoratore o accetta la condizione di sottopagato, di percepire stipendi in nero o altrimenti resta a casa. L’imprenditore a sua volta minaccia di spostare all’estero la propria azienda. Le politiche attuali fanno sì che con queste regole da noi si genera disoccupazione e altrove prospera lo sfruttamento. Il calcio, la categoria allenatori, non è esente dai danni collaterali dell’economia globale e anzi il problema si ingigantisce passando dal professionismo ai dilettanti». Ma l’Assoallenatori cosa fa per tutelare i suoi tesserati? «Non abbiamo gli strumenti per intervenire, se non in caso di mancato rispetto degli accordi economici tra club e allenatore». E del contratto del ct Antonio Conte cosa ci dice? «Completamente sbagliato fin dall’inizio. Andava fatto un biennale, ma con opzione a favore della Federcalcio e non viceversa. In futuro mi auguro che si stipuli un contratto alla presenza di gente che capisca di calcio prima di passare alla firma dagli avvocati». Chi è per Ulivieri il profilo ideale del ct che verrà dopo Conte? «Deve essere un selezionatore nel solco della nostra migliore tradizione che va da Bearzot, passa per Cesare Maldini e arriva a Lippi e Prandelli. Quindi largo a un tecnico svincolato dall’idea dell’allenatore di club». A molti tifosi della Nazionale piacerebbe Claudio Ranieri... «Anche a me. I successi di Ranieri con il Leicester mi commuovono, mentre mi scappa da ridere se penso a quegli inglesi che fino a qualche mese fa dicevano che non avrebbe mai ottenuto risultati importanti. Noi abbiamo sempre fatto il tifo per Ranieri perché è il meglio, e non da ora, che la nostra scuola italiana possa esportare all’estero».  In questo momento chi è il simbolo della nostra “scuola” in Serie A?  «Maurizio Sarri. Ma non per quello che sta facendo ora al Napoli, ma per una cosa che disse l’hanno scorso. Quando gli chiesero se voleva cambiare squadra per una questione economica lui ha risposto: “Quello che guadagno all’Empoli a me basta e avanza”. Se ogni allenatore ragionasse così...».
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