domenica 7 novembre 2010
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Non fate leggere i protocolli scientifici ai ragazzini del Rione Sanità di Napoli. Fateli suonare e basta. Loro ci dicono così quello che, se non bastasse l’esperienza, anche studi scientifici confermano: ricerche neurobiologiche dimostrano che fare musica insieme permette di sviluppare le potenzialità personali e di migliorare le relazioni sociali. I dati tecnici i giovani napoletani possono anche non saperli. Eppure quando la smettono di scorrazzare tra i vicoli del capoluogo partenopeo a bordo dei loro motorini truccati, senza casco in testa, per mettersi a suonare Mozart e Beethoven tra i leggii del Sanitansamble dicono che la musica fa bene. Che rende migliori. Che è la forza che fa andare avanti quell’esercito di donchisciotte che in Italia si batte contro i mulini a vento dell’ottusità culturale di certa politica. Un esercito fatto di persone che quotidianamente si mettono a insegnare solfeggio ai più piccoli, a spiegare con passione come impugnare un archetto e ad andare a tempo con gli amici di leggio. Ma anche di musicisti che riempiono i teatri di tutto il mondo e che decidono a un certo punto, come Riccardo Muti, «di restituire al mio Paese ciò che da esso ho ricevuto, saldando un debito di riconoscenza». Il napoletano Muti, che da bambino ha respirato l’aria dei vicoli, ha fondato l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini. «E con i ragazzi - assicura il maestro - ho ritrovato la gioia di fare questo mestiere». Il suo collega Claudio Abbado, convinto che «la musica è un bene primario», ha gettato le basi dell’Orchestra Mozart. Eccellenze del nostro Paese insieme all’Orchestra giovanile italiana, gioiello della Scuola di musica di Fiesole di Piero Farulli, instancabile novantenne, che ha fatto della formazione delle giovani generazioni una missione. Perché fare musica insieme è un’esperienza in grado di trasformare le persone. Almeno la pensano così Luciano Ballabio, Giorgio Fabbri e Francesco Senese autori del volume "Come un’orchestra. Fare musica insieme per crescere insieme" (Franco Angeli, pagine 228, euro 24) dove emerge un lato dell’Italia che non ti aspetteresti. Una mappa fitta di esperienze pionieristiche magari nascoste in piccoli centri, tutte da scovare. Una cartina geografica piena di orchestre, gruppi da camera, cori. E per completarla basta fare un giro su un qualsiasi motore di ricerca e imbattersi nei siti internet della varie orchestre giovanili del Piemonte, del Veneto, del Trentino, della Calabria, dell’Università di Pisa, di Roma, Mediterranea, Veronese, dell’istituto Bellini di Catania… e capire quanto forse, al di là di quello che la televisione ci racconta o delle difficoltà che la musica incontra nella scuola (varata la riforma per gli indirizzi musicali ora la sfida è di riempire di contenuti questa cornice), l’Italia è un luogo dove pentagramma e note hanno ancora dritto di cittadinanza. E non solo con il fine utilitaristico di formare i musicisti di domani. Perché forse i ragazzini del Sanitansamble - un progetto che vede collaborare scuola e servizi sociali per offrire a trentadue allievi lezioni gratuite e strumenti in comodato d’uso - non suoneranno mai tra gli stucchi dorati del San Carlo. E i giovani milanesi della Orchestra sinfonica junior della fondazione Giuseppe Verdi - tre formazioni distinte che coinvolgono musicisti tra i 6 e i 18 anni, ma c’è anche La Verdi per tutti che offre agli adulti la possibilità di misurarsi con le partiture - non vedranno aprirsi le porte della Filarmonica della Scala. Così come presumibilmente non tutti i ragazzi della Juniorchestra dell’Accademia di Santa Cecilia o i musicisti dei Piccoli Pomeriggi di Milano sognano di diventare professionisti. Certo tutti avranno una chiave di lettura in più del mondo. Avranno capito, leggendo insieme una partitura, le regole del vivere civile. Avranno compreso, sentendo diversi strumenti suonare all’unisono, le regole della democrazia. Qualcuno vedrà nella musica un’occasione di crescita culturale. Qualcun altro avrà trovato una ragione per dire no alla delinquenza. Che è poi l’idea che sta alla base del Sistema inventato trentaquattro anni fa in Venezuela da Josè Antonio Abreu che in un garage di Caracas insegnava musica ad un gruppo di ragazzi per sottrarli ad un futuro fatto di criminalità. Oggi sono 250 mila i giovani che imbracciano uno strumento e fanno musica insieme. Un progetto che in molti, Claudio Abbado in testa, vorrebbero importare in Italia - le basi per realizzare l’idea saranno gettate sabato e domenica prossimi in un convegno a Fiesole. Un modello al quale molti educatori già si ispirano. È il caso dell’associazione Musica nuova di Trezzo sull’Adda dove 800 ragazzi sperimentano un metodo che ribalta completamente l’idea tradizionale che vuole prima lo studio e poi la pratica: nella scuola lombarda si parte dal fare musica insieme, dal lavoro in orchestra, più gratificante e stimolante. Da una parte il metodo. Dall’altra, nell’esperienza della Human rights orchestra, la filosofia. Perché nella formazione ideata da Alessio Allegrini, primo corno dell’Accademia di Santa Cecilia, siedono fianco a fianco musicisti provenienti da Italia, Francia, Svizzera, Germania, Russia, Giappone, Palestina per dimostrare che suonare insieme può essere un modo per incidere nel tessuto sociale. Per dire che il dialogo anche tra chi solitamente si parla attraverso le armi è possibile. Come accade nella West Eastern Divan orchestra di Daniel Barenboim (passata spesso dall’Italia, tornerà a Milano a maggio 2011) dove suonano insieme arabi e israeliani. Esperienze marcatamente sociali come le lezioni che la fondazione Cusani tiene nelle scuole di Torre Angela alla periferia di Roma. Una mappa interminabile, fatta di persone di buona volontà, convinte che fare musica insieme sia una grande scuola di vita. E che l’arte dei suoni è fondamentale per diventare persone più armoniche e equilibrate. Tanto che qualcuno, sono quelli della Scuola di musica della Provincia di Sondrio, tenta l’impensabile: Musicainfasce, corsi per bambini da zero a trentasei mesi. Qualche ricercatore, tra qualche anno, ci racconterà come è andato l’esperimento.
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