sabato 21 giugno 2014

Verso la sfida decisiva con l'Uruguay: l'Italia pare stanca e nervosa. E i dubbi di formazione crescono. Facce da Mondiale | VAI ALLO SPECIALE
Russia rischia, portoghesi salvi in extremis, Belgio agli ottavi
Ma quell'Italia siamo proprio noi di Alberto Caprotti

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L'incubo Costa Rica ha tolto il sonno a Cesare Prandelli. E chissà se la notte gli ha portato il consiglio giusto per proseguire il cammino, senza andare definitivamente al tappeto. Il colpo è stato duro, al punto che il presidente della Figc, Giancarlo Abete, nel dopo partita quasi si nascondeva dietro un velo tricolore, mentre il suo mentore, il direttore generale Antonello Valentini, faceva su e giù per i corridoi labirintici dell’Arena Pernambuco, parlando nervosamente al telefonino (forse a se stesso…).

Dopo 180 minuti di luci ammalianti e di altrettante ombre fosche, la verità è che quest’Italia è sull’orlo di una crisi di nervi. Il pensiero funesto torna a Sudafrica 2010 e al fallimento di Marcello Lippi che, forte di un Mondiale vinto 4 anni prima, peccò di presunzione credendo che quella selezionata, in quanto frutto della sua mente autarchica, doveva essere per forza la migliore delle nazionali possibili. Risultato: fuori subito nel girone dei balocchi e senza passare dal via. Il nostro Cesare, al di là del nome, non è mai stato così superbo, ma nell’ultimo anno qualcosa è cambiato, anche nel suo modo di interpretare il ruolo di ct. Ma siccome, come diceva Osvaldo Soriano, «il calcio ha delle logiche che la logica non conosce», prima di cominciare il classico “processo al ct”, facciamo tutti un bel respiro profondo.

Per riprendere il viaggio verso Natal, proviamo a tornare a sorridere con un’altra genialata della satira campana, con lo sconsolato Eduardo da Buccino che alla fine della gara persa contro l’allegra brigata centroamericana ha sentenziato: «Questa è un’Italia fatta a Prandelli». Eppure, quello con la piccola, per ora grandissima, Costa Rica di Pinto, è appena il terzo ko in gare che valgono i 3 punti da quando il Cesare di Orzinuovi è ct (dal 2010). Che si era sentito «umiliato» dal 4-0 rimediato contro la Spagna nella finale di Euro2012, ma quell’Italia era partita solo per divertire e, invece, aveva suscitato stupore, arrivando fino in fondo. La seconda caduta era stata qui in Brasile un anno fa alla Confederations Cup contro la Seleçao (4-2). Ma anche in quel caso si trattava di prove tecniche di Mondiale, quindi il ct incassò il colpo, consolandosi con il bronzo conquistato ai rigori con l’Uruguay.

E con l’Uruguay martedì o si fa l’Italia o si torna a casa. Un punto per restare in gioco, ma il pericolo del secondo passo falso consecutivo è proprio dietro il calcio d’angolo. L’Italia arriva al dentro-fuori con la Celeste di Cavani e Suarez, molto provata, nel fisico e mentalmente. Il vento come accade spesso nell’affascinante e imponderabile futebol, è cambiato in fretta e decisamente in peggio. Dopo sette giorni di elogi, alcuni anche esageratamente sperticati alla magnifica creatura italiana, adesso comincia una lunga vigilia di cattivi pensieri. Non c’è tempo per piangere sugli errori commessi, tipo i cambi fatti in stato confusionale (Cassano e Cerci) e Prandelli chiede una cosa sola: «Niente negatività». Il suo volto, però, è la cartina di tornasole di uno stato negativo, specie di chi imputa ai suoi «un approccio sbagliato alla gara con i costaricani».

Il primo sbaglio, però, e qui viene fuori un’inedita vena lippiana di Prandelli, a noi è sembrato quello di voler a tutti costi schierare la coppia centrale Barzagli-Chiellini, con il primo non del tutto recuperato dall’infortunio e il secondo che nemmeno il “nasone” gli sta facendo fiutare la giusta direzione da dare al suo Mondiale. Fuori giustamente un Paletta spaesato, come quello visto con l’Inghilterra (gli oriundi deludono, male anche Thiago Motta, magari il migliore sarebbe stato il Romulo scartato?), dentro un Abate in versione molto abatina, dimessa, che ha fatto fare tutto ciò che voleva a Junior Diaz , compreso il cross vincente per l’artistico Ruiz. La Sciarelli è pronta per una puntata speciale di “Chi l’ha visto?” da dedicare alla misteriosa sparizione in campo di Bonucci, segue un approfondimento sulle apparizioni ingiudicabili dei figliocci di Zeman, Immobile e Insigne.

La macchina di centrocampo, complice forse anche la “maledizione della seconda” che non vinciamo dal 2002, si è subito ingrippata e ha perso un perno come De Rossi. Preoccupano le condizioni del suo polpaccio (quasi certamente non sarà in grado di giocare martedì), come le considerazioni finali di Prandelli che, riferendosi ai costaricani ammette: «Loro fisicamente stanno bene, sono prestanti atleticamente e bravi ad attaccare gli spazi». Tre indizi che inducono a cercare dei colpevoli nel clan azzurro, visto che i nostri sono parsi letteralmente prosciugati («e non cerchiamo alibi nel caldo», sottolinea lo stesso Cesare) e atleticamente impalpabili. Poi, un dato inquietante: «Dal 51’ in poi non abbiamo più tirato verso la porta del Costa Rica».

Siamo regrediti al premondiale delle amichevoli testarde e senza gloria, in cui i nostri attaccanti vedevano la porta come un miraggio. Persino i brasiliani avevano invocato il cielo alla prima, quando Balotelli si era subito sbloccato segnando il gol vincente all’Inghilterra. Marione ha rimesso il broncio, predica un futuro da campione del mondo prima che da Pallone d’Oro, ma certi gol sbagliati come quello sull’assist scritto dai piedi di Pirlo («se Balotelli segnava poteva cambiare la partita», si morde Prandelli) fanno pensare che il percorso è ancora lungo e il festone del traguardo finale un grande punto interrogativo. Un iter incerto che vale anche per tutti gli altri 22 azzurri scelti e pretesi da un Cesare, un po’ triste e solitario, ma - speriamo - non banale nelle scelte per la prossima partita.

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