giovedì 16 luglio 2020
A un anno dalla morte di Andrea Camilleri arriva in libreria «Riccardino». È l’indagine finale del popolare commissario
Andrea Camilleri con il Montalbano dello schermo, l'attore Luca Zingaretti, durante la festa di compleanno nella sede Rai di Via Asiago per i novanta anni di Camilleri nel 2015

Andrea Camilleri con il Montalbano dello schermo, l'attore Luca Zingaretti, durante la festa di compleanno nella sede Rai di Via Asiago per i novanta anni di Camilleri nel 2015 - Ansa archivio

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Agatha Christie aveva capito abbastanza presto, già negli anni Quaranta, quali sarebbero state le imprese finali dell’azzimato Poirot e dell’imprevedibile Miss Marple, aveva scritto i rispettivi libri e li aveva messi da parte. Sipario e Addio Miss Marple uscirono nel 1975 e nel 1976, poco prima e poco dopo la morte dell’autrice. Il più interessante è senza dubbio Sipario, nel quale Poirot, per restare fedele a sé stesso, stravolge le aspettative dei lettori. Un po’ come accade in Riccardino, ovvero l’ultimo Montalbano, composto da Andrea Camilleri già nel 2005, quando il successo del commissario di Vigata era ormai incontestabile. Soltanto ora, nel primo anniversario della morte dello scrittore siciliano (nato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, il 6 settembre 1925, Camilleri si è spento a Roma il 17 luglio 2019), il romanzo viene pubblicato da Sellerio in duplice versione: se volete addentrarvi nella trama, ecco Riccardino nella redazione definitiva del 2016 (pagine 292, euro 15,00); se invece volete approfondire la storia della lavorazione del romanzo, ecco entrambe le stesure riunite in un unico volume che comprende anche una nota di Salvatore Silvano Nigro (pagine 590, euro 20,00). Non si tratta dell’unica occasione per entrare nel laboratorio di Camilleri.

Contemporanea ad altre riproposte (tra cui quella del dialogo con Saverio Lodato, La linea della palma, da poco disponibile negli Oscar Mondadori, pagine 420, euro 14,00), da minimum fax torna Acqua in bocca (pagine 128, euro 24,00), l’indagine congiunta condotta nel 2010 dall’instancabile Montalbano e da Grazia Negro, ispettore della Mobile di Bologna.

È il libro che Camilleri si era divertito ad allestire insieme con Carlo Lucarelli e che fu un best seller nel 2010. La veste grafica attuale è quella immaginata ma non realizzata all’epoca, in un botta e risposta fra lettere e pizzini, ritagli di giornale e documenti fotocopiati. Sono i materiali di un mondo che, soltanto dieci anni fa, non si era ancora digitalizzato. Anche in Riccardino, del resto, il telefono fisso spadroneggia e i cellulari, quando pure compaiono, non vanno oltre le poche funzioni di base. Tra commissariato e casa (sì, la famosa casa di Marinella) il numero di Montalbano continua a squillare. Succede fin dalla prima pagina, con la vittima designata – il Riccardino del titolo – che chiama per errore il poliziotto poi incaricato di investigare sul suo omicidio. Per telefono, e talvolta via fax, si svolgono anche le comunicazioni tra il protagonista e il «profissori autori», come si ostina a chiamarlo l’impagabile agente Catarella. Sì, perché questa volta Camilleri (o «Cavilleri», sempre secondo il buon Catarè) entra direttamente nel racconto, sforzandosi di contrastare i malumori di Montalbano.

Non che il commissario abbia perso il suo tocco, ma tutta questa pubblicità comincia a stancarlo: prima i romanzi, poi la serie televisiva... C’è da stupirsi se, ogni tanto, si domanda chi è veramente? Non siamo nelle terre di Pirandello, del resto? Un personaggio non ha forse il diritto e perfino il dovere di interpellare e contestare il proprio autore, quando finalmente gli è riuscito di trovarlo?

Da principio la contesa fra Montalbano e il suo artefice sembrerebbe di natura tecnica. Il caso è complicato, l’ipotesi del delitto passionale qualcosa lascia intuire ma non rende giustizia alla vastità dell’intreccio che le indagini stanno facendo emergere, l’autore vorrebbe concludere mentre il detective è convinto che ci siano altre piste da seguire. La ribellione è in agguato, proprio come nel precedente di Poirot in Sipario. La Sicilia però non è la Gran Bretagna e a ricordarcelo non è solo la «lingua ’nvintata» che Camilleri perfeziona nel corso del tempo, mediante la risciacquatura di Riccardino nelle acque scintillanti del vigatese. Come in altri suoi testi (in particolare nei monologhi teatrali Conversazione su Tiresia e Autodifesa di Caino) non è difficile riconoscere un’inquietudine metafisica che prende a volte forme scanzonate, specie quando ci sono di mezzo le gerarchie ecclesiastiche. Ma è una voce che si riconosce, questa del dubbio ricorrente sull’Assoluto. Un rumore di fondo, un rovello. Oppure un’interferenza sulla linea, come capitava con i telefoni di una volta.

Ecco perché Andrea Camilleri è stato uno degli scrittori più amati

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