sabato 4 marzo 2017
Stasera a Reggio Emilia il Teatro dell’Orsa racconta la città, le sue evoluzioni e il suo futuro attingendo agli archivi digitali del comune
Monica Morini, regista e interprete di “Fatti di numeri” del Teatro dell’Orsa di Reggio Emilia

Monica Morini, regista e interprete di “Fatti di numeri” del Teatro dell’Orsa di Reggio Emilia

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«Tutti stanno intuendo che gli open data sono il petrolio del futuro, il nostro compito è spiegarlo al grande pubblico ». Tradurre in spettacolo teatrale gli archivi digitali pubblici di una città come Reggio Emilia: con questa intuizione il Teatro dell’Orsa ha vinto il bando pubblico “Create with open data” ideato e promosso dal Comune di Reggio Emilia e da Lepida nell’ambito dell’Agenda Digitale Regionale. Il gruppo guidato da Monica Morini e Bernardino Bonzani interpreterà con il linguaggio teatrale i contenuti dei dataset pubblici della città. Per una comunità che cambia. Appuntamento al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia oggi, Giornata internazionale sugli open data, con Fatti di numeri: due spettacoli alle 18 e alle 21 di oggi anche in diretta streaming e sul canale Lepida Tv (canale 118 del digitale terrestre).

«Non tutti sanno dell’esistenza dei dataset pubblici, una collezione di numeri ragionati che raccontano la vita di una città: dal numero di parchi alle rotonde, dai libri prestati nelle biblioteche fino al numero dei nuovi nati – ci spiega Monica Morini –. Basta digitare su internet il nome della propria città e la parola “open data” e appare un serbatoio di dati che ci riguardano, che sono di tutti. Una cascata di numeri che, se letti in relazione a noi e agli altri, ci aiutano a immaginare e costruire futuro». Un compito non facile, per l’effetto talvolta respingente che genera la complessità dell’informazione attraverso tabelle, numeri, elenchi, dataset. «Riempire i dati di emozioni umane ci è sembrato un modo innovativo e intelligente per avvicinare i cittadini alla lettura numerica della città – continua la regista –. I numeri parlano, raccontano vissuti quotidiani, traducono azioni, progetti e la nostra vita di comunità, giorno dopo giorno. Raccontare Reggio Emilia attraverso i dati significa restituire una visione oggettiva, ma anche curiosa, inedita. E i dati possono dimostrarsi una grande opportunità economica e un’importante operazione di trasparenza civica».

La scommessa è stata vinta unendo alla freddezza dei numeri, il calore della letteratura e della poesia. Lo spunto iniziale è arrivato dalla scrittrice Premio Nobel per la letteratura, la polacca Wislawa Szymborska, con la sua illuminante poesia Il contributo alla statistica, che mette in relazioni cifre e vita. «I dati – aggiunge la regista – rispondono solo se li interroghi. Siamo noi che ci mettiamo di fronte ai numeri come uno specchio riflettente. Invece no, i numeri si fanno attraversare non da esperti, ma dai cittadini». Le chiavi per entrare le fornisce, paradossalmente, il teatro perché «rimane ancora un luogo antico dove gli uomini s incontrano e si leggono nella loro complessità – aggiunge –. Dentro la narrazione usiamo moltissimo la tecnica dell’elencazione dei dati, ma anche momenti lirici con citazioni di poeti e di memoria personale attraverso le interviste che abbiamo fatto ai cittadini comuni, un ingegnere, un bancario, un cuoco, una pedagogista ».

E così i cittadini di Reggio Emilia sono diventati 171.655 «cuori che battono», le 166 rotonde della città sono altrettante «occasioni per smussare gli angoli del traffico» e grazie alle nuove quattro fontane pubbliche di acqua potabile «ci sono otto milioni di bottiglie di plastica mai nate». I serbatoi dei numeri (che online sono suddivisi per tematiche: elezioni, ambiente, cultura, popolazione, territorio, scuola, mobilità) sono così stati analizzati e tradotti in musica e videoarte più due voci narranti strizzando l’occhio al cinema, alla letteratura, all’arte. «Partiamo dalle persone e torniamo alle persone – precisa però la Morini –. Scopriamo che a Reggio Emilia c’è un ettaro di orti urbani in città: raccontiamo chi ci va e cosa fa in questi orti. Misuriamo la vivibilità e il rispetto verso il cittadino, dalla quantità di acqua pubblica alla qualità dell’aria».

E così si scopre, mettendo a confronto i dati del passato con quelli di oggi, che Reggio Emilia è una città colta, con settecentomila prestiti di libri l’anno, che sta crescendo la lettura nella fascia infantile, target verso cui la città presta grande attenzione. E si sfatano molti luoghi comuni, specie sull’immigrazione, «perché paragonando il prima e il dopo si riesce a sapere il futuro e anche a desiderarlo». Dai database si scopre che il 18% della popolazione di Reggio Emilia, una città che risulta molto aperta all’accoglienza, è straniera, ma che sui 30.005 stranieri certificati (anno 2014), la maggioranza arriva dall’Europa (11.861, di cui 3.310 dall’Unione Europea), seguita da chi arriva dall’Africa (10463 di cui 3026 dal Marocco, 1181 dall’Egitto e 1146 dalla Tunisia), mentre 6876 arrivano dall’Asia (di cui 3513 dalla Cina). Fra sette, otto anni il 29% per cento dei bambini che nasceranno sarà di origine straniera, ed è curiosa notare la variazione dei nomi, con le Sofia e le Giulia saldamente in testa, ma con il crescere delle Aisha.

Tutto questo verrà confrontato con i 29 milioni di italiani emigrati all’estero dal 1880 al 1990. «I dati insegnano a riconoscere la ricchezza del vivere insieme – aggiunge la regista –. Non è più solo compito dei politici, ma noi siamo gli autori del cambiamento ogni giorno. Estenderemo questo lavoro ad altre città. Non abbiamo solo diritti, ma anche doveri, il dovere di interessarci. E capire la differenza tra cedere i dati alle multinazionali come Facebook e accedere ai dati come cittadini consapevoli e attivi».

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