lunedì 1 settembre 2014
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Si è detto che non si capirebbe il secolo ventesimo prescindendo dalla presenza e dall’opera di Giovanni Paolo II. È una giusta valutazione storica che va meglio articolata. Questo Papa non è stato solo un testimone degli eventi fondamentali, che hanno scandito, sovente in maniera tragica, lo scorrere del secolo, ma si è immerso in essi [...].L’intero magistero di Giovanni Paolo II fa risuonare, dappertutto, la voce del Concilio, la chiarisce, la spiega, la approfondisce. Non c’è ambito ecclesiale, non c’è settore sociale, non c’è ambiente umano in cui Giovanni Paolo II non intervenga per la redenzione dell’uomo, per dare forma e consistenza a quel rinnovamento universale, annunciato dal Vangelo e auspicato dal Concilio.Non desta stupore, quindi, se la personalità carismatica di questo Papa, la sua passione per l’uomo, la sua coraggiosa denuncia dei mali del mondo, la difesa e la promozione dell’umanità più povera e sofferente, la sua azione per rispondere alle attese e alle speranze dei popoli abbiano attratto l’attenzione di un’ampia schiera di studiosi, giornalisti, teologi storici, politologi anche i più critici. Ben presto, la bibliografia su Giovanni Paolo II è andata assumendo vaste proporzioni. Vi si trova un po’ di tutto. Biografie, brevi antologie di detti, studi su aspetti particolari del Pontificato, testimonianze, interviste e dialoghi, ricordi, analisi storiche, politiche, sociali, spirituali, commenti alle encicliche, opere che trattano segmenti di carattere teologico. Pure, manca un lavoro completo e compiuto sull’intero pontificato, in grado di presentare l’intero contenuto del magistero di Giovanni Paolo II, le sue linee direttrici, l’ispirazione di fondo, il pensiero teologico e filosofico, l’integrale azione pastorale e sociale, la spiritualità. Ebbene questa lacuna ora viene colmata dall’opera Giovanni Paolo II Linee di un pontificato, in due volumi, di Mario Agnes e Michele Zappella pubblicata dalla Libreria Editrice Redenzione. Quest’opera si segnala, prima di tutto, per l’ottica con cui si rivolge al pontificato di Giovanni Paolo II. Essa non sosta dinanzi a esso, ma si muove "dal di dentro" facendo parlare il Papa stesso, in modo tale da giungere a una visione complessiva, storica, teologica pastorale, spirituale, quanto più fedele possibile alle vere e reali intenzioni del suo protagonista. Quindi essa non offre un’interpretazione tra le tante, sul pontificato di Giovanni Paolo II, bensì ambisce a illustrare l’interpretazione che ne dà Giovanni Paolo II stesso.L’opera non si limita a illustrare, commentare, connettere i dati forniti dalle fonti, ma li contestualizza in sede storica, teologica, pastorale, spirituale, culturale, sociale, politica, economica. In tal modo, il pontificato appare nella sua verità, vivamente innestato nella grande Tradizione della Chiesa, nel solco del Concilio, nelle vicende storiche, nei processi culturali plurisecolari, di cui si dispiegano le motivazioni, gli andamenti, le influenze. Il panorama, così, si allarga all’umano e all’ecclesiale nella loro universalità.Il problema più grave, che si presentava agli autori dell’opera, era quello di convogliare il magistero più imponente nella storia del Papato entro delle direttrici generali da stabilire all’interno del magistero stesso, così da renderlo più facilmente percorribile. Impresa tutt’altro che semplice, tenendo conto della complessità di un magistero che ha detto tutto su tutto. Ebbene, gli autori hanno individuato tre linee direttrici come supremi punti sintetici di orientamento: universalità, ecclesialità, spiritualità che vengono esposte nelle tre parti distinte e interdipendenti dell’opera.
La parte prima dell’opera tratta dell’universalità, proprietà e vocazione della Chiesa, appunto cattolica, da cui si sprigiona la missione di «andare e ammaestrare tutte le nazioni» in obbedienza al mandato che Gesù Cristo dà ai suoi discepoli di ogni tempo. È indubbio, come rilevano gli autori, che «negli anni di Giovanni Paolo II, la Chiesa attua la sua potenzialità universale con una intensità inedita». L’universalità riflette l’aspirazione prima e il traguardo ultimo del pontificato di Giovanni Paolo II, ne rappresenta la linea fondamentale che l’anima e lo guida, lungo le vie del mondo, per rispondere alla consegna missionaria del Concilio e alle attese salvifiche di immense moltitudini. Suo manifesto ed evidente segno è il viaggio in ogni parte del mondo come pellegrinaggio dell’evangelizzazione. Nessun Papa ha viaggiato quanto Giovanni Paolo II: il viaggio, quindi, penetra nel suo ministero apostolico come eletto strumento principe della missione di evangelizzazione e di promozione umana, propria della Chiesa, di cui il Papa si carica e si incarica in prima persona [...].Nella parte seconda dell’opera, si dispiega la linea dell’ecclesialità strettamente collegata con la linea dell’universalità. Infatti l’universalità salvifica della Chiesa, radicata sull’universalità della redenzione di Cristo, volta alla redenzione universale dell’uomo, coinvolge l’intero Popolo di Dio, tutti i suoi cittadini, in breve l’ecclesialità in ogni sua componente. Come scrivono gli autori, «da qui, si profonde l’impegno pastorale di Giovanni Paolo II: animare tutte le componenti dell’ecclesialità nell’opera dell’universalità da manifestare e concretizzare». Perché si ridesti tale sensus dello Spirito, il Papa stabilisce un itinerario di rinnovamento interiore e pastorale che culmina nel grande Giubileo del 2000, la cui preparazione è data dall’impegno a incarnare il Concilio nel tessuto dell’ecclesialità. Nel pensiero di Giovanni Paolo II, il rinnovamento giubilare ha preso avvio dal rinnovamento conciliare. Può ben dire il Papa che la preparazione dell’Anno 2000 è «la chiave ermeneutica» del suo pontificato: proprio perché il Papa del Concilio, Giovanni Paolo II è il Papa del grande Giubileo.Perché, poi, l’ecclesialità “prenda il largo” nell’adempimento della sua missione di estendere, nello Spirito, l’universalità della Redenzione, è assolutamente indispensabile che essa si incammini lungo la via maestra della spiritualità, senza mai dimenticare che, per natura e vocazione, la vita cristiana è un cammino nello Spirito Santo e secondo lo Spirito Santo, vale a dire un cammino di santità. Spiritualità: ecco la terza linea direttrice del pontificato di Giovanni Paolo II che regge e guida le altre due: ecclesialità e universalità. La parte terza del lavoro di Agnes e Zappella è, appunto, dedicata alla spiritualità.
Giovanni Paolo II è il terminale della riscoperta della santità universale nella Chiesa. Egli propone una vera e propria “pedagogia della santità”, animata dall’«arte della preghiera». Per il Papa, «la preghiera è il grande atto spirituale che esprime in modo fondamentale la dipendenza dell’anima nei confronti del Signore che ci ha riscattati: noi viviamo continuamente della sua grazia… La vita cristiana, la vita religiosa è una vita che si riceve da Dio, nell’azione di grazia, nella supplica e nella disponibilità naturale dell’anima». La risposta esaustiva agli interrogativi più drammatici dell’esistenza non viene dalla scienza, muta dinanzi al mistero della sofferenza, bensì unicamente da Cristo che si carica del peso di tutta la sofferenza umana per redimerla, estirpandone la radice malefica. Insegna il Papa: «La sofferenza è la via obbligata della salvezza e della santificazione. Per diventare santi, possiamo mancare di questo o di quel carisma, di questa o di quella attitudine particolare, ma non possiamo essere dispensati dal soffrire. Il soffrire è un ingrediente necessario della santità. Come lo è l’amore».Agnes e Zappella possono, così, concludere: «Nell’ottica della spiritualità della sofferenza, appare chiaro che la sofferenza non è un subire passivo, un inerte ricevere quanto, prima o poi, è inevitabile, ma è suprema attività dello spirito umano che si apre alla mozione dello Spirito Santo, donante la grazia della conformazione a Cristo mediante la sofferenza. I santi si convertono alla sofferenza, accogliendola, anzi abbracciandola, più che come prova inviata da Dio, come grazia dello Spirito santificatore».Entrato nel Palazzo di Diocleziano, a Spalato, Giovanni Paolo II, insieme al ristretto gruppo dei suoi più vicini collaboratori, mormorò: «Qui, la storia non stava zitta». Queste parole ben s’addicono al pontificato di Giovanni Paolo II. La storia non sta zitta dinanzi alla gigantesca opera di umanizzazione e di civilizzazione, intrapresa e portata avanti con coraggio e determinazione, da un Papa che mai si è lasciato intimidire dalle ideologie del male, dai marosi del “disprezzo dell’uomo”, dall’accanimento dell’antiteismo. L’azione per il rinnovamento dell’uomo e della società, attraverso il rinnovamento della Chiesa, lascia orme incancellabili e tracce durature nella storia. Dinanzi a Giovanni Paolo II, la storia non sta e non starà mai zitta. I volumi di Agnes e Zappella ne offrono la più ampia e convincente motivazione.
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