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Pina De Simone è un’entusiasta: «Di questa rivista, poi, sono proprio innamorata», dice. Docente di Filosofia della religione presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, dal 2017 De Simone dirige Dialoghi, il trimestrale di approfondimento culturale promosso dall’Azione Cattolica ed entrato in questi giorni nel ventesimo anno di attività. Con una rinnovata presenza nelle rete (è online il sito www.rivistadialoghi.it, all’interno del quale si trova anche un blog in continuo aggiornamento) e con un numero non casualmente dedicato all’urgenza di Pensare e generare un mondo aperto. Un dossier molto ricco, caratterizzato come sempre da una prospettiva interdisciplinare: a fianco dell’intervento nel quale Franco Miano, docente di Filosofia morale presso l’Università di Roma Tor Vergata e curatore dello speciale insieme con Giuseppe Notarstefano, ragiona sul legame tra Potere e responsabilità, si trovano i contributi di Gaël Giraud su Il grido dei poveri e il grido della Terra, di Gianni Silvestrini e Floriana Cerniglia sulla transizione ecologica e molti altri ancora.
Un significato particolare riveste l’editoriale di questo primo numero del ventennale. «Si tratta di un testo a più mani – spiega De Simone –, nel quale sono confluite le considerazioni dei direttori precedenti, da Luigi Alici che tenne a battesimo la rivista nel 2001 a Luciano Caimi che gli subentrò nel 2005 e a Piergiorgio Grassi che è rimasto in carica tra il 2009 e il 2016. Per noi è un modo per confermare lo stile di Dialoghi, che nasce da un lavoro di condivisione e di cooperazione reso ancora più fruttuoso dai rapporti di stima e di amicizia consolidatisi nell’ambito della redazione. Il dialogo, in questo senso, non è un obiettivo, ma un metodo che consideriamo irrinunciabile ». Anche dal punto di vista editoriale Dialoghi si avvale di una rete molto ampia, nella quale confluiscono l’Istituto Vittorio Bachelet per lo studio dei problemi sociali e politici, l’Istituto per la storia dell’Azione Cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI e l’Istituto di diritto internazionale della pace Giuseppe Toniolo. «Le competenze disciplinari coinvolte nella riflessione sono numerose e molto diversificate – insiste De Simone –. Ad accomunarci è la consapevolezza che esiste il dovere di pensare, e di pensare bene, in modo da interpretare la realtà con rigore. Viviamo in un’epoca di trasformazioni tumultuose, che proprio a partire dal 2001 sono diventate evidenti. Occorre evitare il pericolo di farsi sovrastare da quello che accade, subendo i fatti anziché interrogarli».
Uno sguardo alle testimonianze dei direttori conferma la successione serrata di eventi che, di volta in volta, chiamano in causa il criterio del discernimento. Alici ricorda «la gelata dell’11 settembre» che brutalmente contraddiceva il «desiderio di novità» con cui si era inaugurato il millennio; Caimi insiste sull’emergere della «rivendicazione dei diritti individuali, con al centro questioni laceranti (“fin vita”, coppie “di fatto”) anche dentro il mondo cattolico»; Grassi infine pone l’accento sul «delicato e rischioso “passaggio d’epoca”» che, anche grazie al pontificato di Francesco, ha portato a riconoscere «una relazione stretta tra questioni ambientali e questioni sociali». «La prospettiva attuale è contraddistinta dal perdurare della pandemia – conclude De Simone –, che sta confermando in modo drammatico come non ci si possa arrendere a quella frammentazione dei saperi più volte denunciata da Edgar Morin. La conoscenza non deve essere ridotta a un insieme di specialismi inaccessibili e diffidenti gli uni verso gli altri. Oggi più che mai serve una visione d’insieme, nel segno di una culturale popolare alta, che sia veramente di tutti e per tutti».