sabato 14 dicembre 2013

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Nei primi anni ’70 Kazuyoshi Nomachi è poco più che ventenne. Durante un dei suoi primi reportage nel Sahara resta colpito dal silenzio e dagli spazi immensi. In un’oasi algerina vede la sua guida raccogliersi in preghiera al tramonto, in ginocchio verso la Mecca. Davanti agli occhi, di giorno, ha solo l’orizzonte. Di notte un cielo stellato e un silenzio totale. Una solitudine assoluta che lo spinge ad avvicinarsi all’islam. Ma la sua ricerca professionale, che lo porterà per 40 anni ai quattro angoli della Terra tra i popoli ancora non globalizzati e le loro espressioni religiose più genuine, gli fa considerare ugualmente degni tutti i percorsi spirituali. Vie del sacro è infatti il titolo della sua grande mostra a Roma. Oggi, a 67 anni, confessa  un interesse particolare per papa Francesco. Il mondo moderno, l’Europa come il suo Giappone, sembra avere dimenticato la dimensione spirituale, tra finanza e sfrenato consumismo. Il suo lavoro testimonia invece come per miliardi di persone la religione sia ancora fondamentale.«L’intensità della fede si sta diluendo. Ma la millenaria storia delle religioni contiene l’essenza dei saperi. E di fronte ai problemi, l’uomo torna inevitabilmente a confrontarsi con la dimensione spirituale. Il mondo sta seguendo sempre più la legge della natura, intesa come legge della sopravvivenza. Ma come ha detto questo Papa, la misericordia, la solidarietà, l’aiuto alle persone non possono essere messe da parte. Oggi la popolazione mondiale sta aumentando di giorno in giorno, il problema delle materie prime e dell’energia ci sta portando a un giorno non lontano in cui tutta l’umanità vorrà realizzare i suoi desideri materiali. La religione può aiutare le persone a riflettere e raggiungere la pace spirituale».Ha vissuto da vicino i riti delle diverse espressioni religiose. Ha trovato più differenze o più affinità ?«Non penso che ci siano differenze profonde tra le religioni. Quando una persona si pone in preghiera di fronte a Dio, in piena comunione, si mette a nudo per incontrarlo. Io in questo ho trovato la più grande somiglianza tra le religioni. Ho catturato il momento in cui le persone si spogliano davanti al divino. La mia conversione è stata frutto di un percorso interiore conflittuale. Credo che per salire su una montagna i sentieri possano essere differenti: islam, cristianesimo, induismo. In cima c’è la pace, interiore e fraterna. Quello che non condivido nel modo più assoluto è la violenza motivata dalla religione».È uno dei pochissimi che ha fotografato il pellegrinaggio dei musulmani alla Mecca. Ha avuto problemi?«Sì, è stato molto difficile, è il luogo meno accessibile, più sacro e riservato tra tutti quelli che ho visitato. Non è stato alienante, per me, perché da giovane mi sono avvicinato all’islam. Sono stato invitato a Medina dall’Arabia Saudita, ma ho avuto ugualmente problemi. Per aver ripreso donne sono stato privato più volte dei permessi. Ricordo comunque momenti unici: quando ho fotografato da un minareto un milione di persone in preghiera per la fine del Ramadan, ho pensato di trovarmi nel posto che spettava a Dio».Al di là della natura e dei paesaggi, nelle sue foto c’è sempre la ricerca dello sguardo umano. «La globalizzazione sta omologando anche l’aspetto delle persone, che cominciano vestirsi tutte in modo simile. È sempre meno interessante fare foto. Sono riuscito a catturare immagini in questi ultimi 40 anni in cui il mondo non era ancora globalizzato. Non credo che oggi sarebbe più possibile fare un lavoro come questo».  Il grande successo di papa Francesco, che attira folle molto più grandi rispetto al passato, potrà ispirarla?«Ho fotografato Giovanni Paolo II per due settimane per le celebrazioni di apertura del Giubileo, quando si nutrivano molte speranze per il nuovo millennio che si avvicinava. Con l’11 settembre 2001 la religione è stata usata per portare odio e distruzione. Il successo di popolo di Francesco è molto interessante. Questo Papa invita a riflettere sui desideri alimentati dal modello economico capitalista, esortando le fedi a dialogare tra loro». Una domanda tecnica: lei ha fotografato con la pellicola e poi in digitale. È cambiato il suo modo di lavorare?La tecnologia si è molto evoluta. Nelle immagini sul Gange ho ripreso il bagno rituale all’alba. Senza l’alta sensibilità permessa dal digitale non avrei ottenuto quelle immagini.
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