sabato 6 luglio 2013
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È trascorsa una settimana dalla morte di Stefano Borgonovo. Per il popolo degli stadi dopo essere stato il bomber azzurro e della “B2” viola (Borgonovo-Baggio, il tandem della Fiorentina anni ’90) era diventato un simbolo di resistenza nella lotta alla Sla, Sclerosi laterale amiotrofica o Morbo di Gehrig. Il “Morbo del pallone”, come lo abbiamo ribattezzato da tempo, che lo ha stroncato a 49 anni.Nella triste rosa dei calciatori di Serie A colpiti dal Morbo, l’unico rimasto è Giancarlo Galdiolo, 64 anni (affetto da una forma di Sla con demenza fronto temporale), stopper di quella Fiorentina di fine anni ’70 che come il Como, più che una squadra è diventata la trama di un “giallo”. La realtà invece è fatta di tanti piccoli eroi esemplari e dimenticati del pallone, che ogni giorno, con la stessa grinta che mettevano in campo combattono contro la malattia. Avvenire ha continuato a seguirli, a cominciare da Piergiorgio Corno, uno dei “ragazzi del Lago”. Come Borgonovo, Corno ha giocato nel Como (anni ’60). Da oltre vent’anni (ne ha 70) si difende dalla sua stanza nella villetta in via Gigi Meroni: la “farfalla granata”. «Anche Celestino, il fratello di Gigi Meroni, è morto di Sla. La malattia si può forse mettere in relazione con l’intensa attività fisica sostenuta e i numerosi traumi subiti. Ho comunicato la mia testimonianza di calciatore e di malato ai collaboratori del giudice Guariniello. Mi aspetto risposte dal giudice e soprattutto da qualche luminare della Medicina che sia in grado di dare una spiegazione logica del perché si ammalano così tanti calciatori», ci disse tempo fa Corno con l’aiuto della moglie Mariagrazia che decifrava gli sguardi del marito che all’epoca per comunicare fissava con gli occhi le lettere dell’alfabeto.Ora ci sono i pc dai software sempre più sofisticati che consentono di aprire siti come “Le porte della speranza” (www.leportedellasperanza.it). L’ha chiamata così Luca Pulino, la sua finestra sul mondo: una rivista on line e cartacea che è un forum utile, permanente, per tutti i malati di Sla. Luca, 42 anni, è stato un talento tra i dilettanti, l’ “Hernanes del Capranica”, e il suo amore per il calcio è ricambiato da un intero paese e dalla Scuola Calcio Romaria che gli è stata intitolata. «Finalmente si intitola qualcosa a qualcuno quando è ancora vivo», ha detto il giorno dell’inaugurazione e dalla sua “casa azzurra” Pulino rilancia: «Non fermiamoci solo ai casi di professionisti, conosco diversi dilettanti che purtroppo hanno questo Morbo». C’è un sommerso di malati di Sla di cui fa parte Stefano Marangone, 47 anni, di Casarsa, paese del poeta Pier Paolo Pasolini, cantore del «calcio di poesia». Quello che Stefano ha vissuto sui campi di una mezza dozzina di società friulane, fino al 2002, quando si è ammalato di quella malattia che «in Friuli ha colpito più di 90 persone e molti di loro sono calciatori dilettanti». È l’allarme, caduto nel vuoto, di Marangone che ogni giorno lotta con la fierezza dell’alpino al grido «O’ là...o rompi!». Aveva il fiato rotto dal terrore Agatino Russo, ex difensore della Primavera della Ternana ai tempi della “squadra corta” di Corrado Viciani, quando a 57 anni (ora ne ha 63) «dopo uno svenimento», scoprì di avere la Sla. «Della De Martino (la Primavera di allora) della mia Ternana sono morti 6 giocatori e tutti giovani (tre di questi sono Alberto Poggi, Roberto Raggi e Francesco Leipnecher). Il doping? Ci davano il Micoren, ma una causa potrebbe essere davvero nascosta sotto l’erba dei campi, come ipotizza il dottor Stipa che mi ha in cura».Ipotesi che non scarta neppure Maurizio Vasino, classe 1969, cresciuto assieme a Gianluca Pessotto nelle giovanili del Milan. «Il pm Guariniello ha fatto dei riscontri incrociati dalla Serie A alla C, e così sono arrivati anche al sottoscritto. Ma è stato un caso, perché io la C l’ho appena sfiorata. Chissà quante storie come la mia ci saranno in giro?».È la stessa domanda che si pone Stefano Turchi, anche lui leva calcistica del ’69, attaccante con alle spalle 15 stagioni da professionista e una promozione (nel’92) in Serie A con l’Ancona. «Ho avuto tanti infortuni e preso farmaci, ma non so se dipenda da questo... Dal professor Chiò tempo fa ho saputo che ci sono altri calciatori nelle mie condizioni, ma non hanno il coraggio di esporsi pubblicamente. Li capisco, è successo anche a me. Ma venire allo scoperto e parlarne fa stare un po’ meglio. Più voci siamo e più possiamo essere tutelati. E magari un giorno, come ce l’ho fatta ad andare in Serie A, potrò dire: ho sconfitto la Sla».
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