mercoledì 5 febbraio 2020
A colloquio col giornalista Patrick Egwu: «Cerchiamo di creare consapevolezza sull'emigrazione, su Boko Haram e sulle nostre eccellenze. Serve obiettività, ma i reporter sono in grave pericolo»
L'astro nascente del giornalismo nigeriano Patrick Egwu

L'astro nascente del giornalismo nigeriano Patrick Egwu

COMMENTA E CONDIVIDI

Astro nascente del giornalismo nigeriano, Patrick Egwu in pochi anni ha avuto diversi riconoscimenti internazionali e pubblica articoli su diverse testate globali, da “African arguments” al dorso africano del “Financial Times” e al “National Catholic Reporter”. Che scriva di mancanza di accesso alle cure per i poveri come di cristiani perseguitati da Boko Haram, di corruzione o di giovani che vogliono migrare in Europa, le sue storie e le sue inchieste danno voce alle comunità ai margini del più popoloso Stato africano con circa duecento milioni di abitanti. «Il quadro dei media pubblici e privati è ricco. Crescono le pubblicazioni online di successo come “Premium Times”, “TheCable”, “Sahara Reporters”. Anche le comunità cattoliche hanno stazioni radio e giornali. Ma sono tante anche le difficoltà – spiega Egwu – che i giornalisti devono affrontare. In cima alla lista c’è la libertà di stampa. Dal 2015 il governo guidato dal presidente Muhammadu Buhari ha infatti soffocato la libertà d’informazione e soppresso le voci critiche in diverse occasioni. Ci sono stati arresti e aggressioni a giornalisti ed editori e assalti alle sedi delle case editrici. Il governo vede la stampa come un nemico e usa la polizia per insultare e intimidire i reporter che scrivono storie sui loro fallimenti». Nel 2019 Reporter senza frontiere ha classificato la Nigeria alla posizione 120 su 180 nel World Press Freedom Index. «Il 3 agosto 2019, ad esempio – racconta Egwu – l’editore di “Sahara Reporters” Omoyele Sowore è stato arrestato per aver organizzato una protesta pacifica contro la corruzione e per il desiderio di cambiamento. Nonostante Il tribunale ne abbia chiesto il rilascio immediato è stato liberato solo il 24 dicembre per la crescente pressione internazionale di Amnesty e di altri gruppi per i diritti umani. Al momento ci sono molti giornalisti sotto attacco per il loro lavoro».

E nel Nordest del Paese, nelle aree dei terroristi di Boko Haram, come lavorano i reporter?

Rischiando la vita. Dal 2009 Boko Haram ha ucciso decine di migliaia di persone e provocato milioni di sfollati nei Paesi confinanti secondo l’Onu. Lavorare lì è difficile, nel 2012 Eneche Akogwu, reporter di Channels Tv, è stato uc- ciso dai terroristi mentre stava facendo un servizio su un attentato dinamitardo. Altri giornalisti sono stati attaccati nella regione mentre cercavano di indagare sulle attività del gruppo. Purtroppo i nostri salari non sono decenti e si viene pagati in ritardo. Il salario media oscilla tra I 150 e I 200 dollari al mese, non si riesce nemmeno a pagare bollette e affitti. Nonostante tutto, i giornalisti nigeriani sono resilienti e coraggiosi e non hanno smesso di documentare le attività di Boko Haram né la corruzione governativa.

E la stampa nigeriana come racconta un tema chiave come l’immigrazione?

Cercando di creare consapevolezza. Ha documentato e sta documentando i casi in aumento di partenze dal Paese. I giovani spesso attraversano il deserto e il Mediterraneo in cerca di una vita migliore. Molti di loro sono vittime di tratta, di schiavitù e prostituzione, altri muoiono sulle rotte verso l’Europa. Tutti questi drammi sono stati raccontati nei dettagli. Di più. Quando qualcuno dei migranti è stato riportato in Nigeria, i reporter hanno dato spazio al loro ritorno. Ci sono state anche inchieste sulle difficoltà dei richiedenti asilo in Europa. Questo aiuta molto a creare consapevolezza sui rischi dell’immigrazione. Ma occorre più equilibrio, senza omissioni o interessi nascosti. La questione migratoria conduce infatti spesso al problema dei diritti umani dibattuta dai leader politici all’Onu e nell’Ue, meno dai nostri. Il modo in cui si scrive di questi problemi è determinante e contribuisce ad andare al cuore della questione dei diritti. In un mio recente articolo per “IJNet” [un progetto globale che supporta i giornalisti su temi innovativi, ndr], ho ribadito questi suggerimenti per chi scrive di migrazioni in Africa.

Anche la Nigeria è colpita dai mutamenti climatici?

Si. Per esempio l’inquinamento e i gas nella regione petrolifera del Delta del Niger sono la maggiore causa di preoccupazione. E di violenza. I cambiamenti climatici sono stati associati con i conflitti tra i contadini e gli allevatori. Messi in fuga da deforestazione e siccità nella parte nord del Paese, gli allevatori si sono spinti molto più a sud per trovare la terra per alimentare il bestiame, scontrandosi con gli agricoltori delle regioni centrali. Almeno diecimila persone sono morte negli scontri dal 2011 e molti di più hanno perso le case. Però in Nigeria sono sorti molti dipartimenti scientifici con l’obiettivo di far crescere la conoscenza sui mutamenti del clima e la ricerca e il dibattito su come salvare l’ambiente.

In Italia l’immagine del suo Paese è nel complesso negativa. La identifichiamo con le donne ridotte in schiavitù sulle nostre strade, con le gang spietate della mafia nigeriana. Com’è il suo Paese veramente?

Sono d’accordo a parlare della riduzione in schiavitù di diverse donne nigeriane in Europa e delle mafie spietate. Ma so anche che la maggior parte degli emigrati nigeriani nel mondo sono persone in gamba che fanno molte cose nei rispettivi campi. In Europa, America, Asia, fanno affari legali, offrono soluzioni scientifiche a problemi globali e molti sono stati eletti anche in Italia, nel Regno Unito e negli Usa. Anche in Nigeria, a dispetto dei problemi politici e dei rapporti sulla cattiva gestione amministrativa, siamo ricchi di tecnologia, di nuove imprese, di innovazione, invenzioni, affari, medicina. Nel 2016, il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha visitato il Paese e si è incontrato con gli imprenditori e i ricercatori per capire il nostro sistema di start up. Nel 2019 il cofondatore e amministratore delegato di Twitter, Jack Dorsey, ha incontrato i leader del settore tecnologico e del mondo degli affari. A dispetto del conflitto di Boko Haram questo è un Paese sorprendente con tanta gente pacifica. Sono alcuni degli aspetti che europei e americani ignorano.

Come si può cambiare la narrazione sulla Nigeria e l’Africa occidentale?

Primo, dovremmo sapere e capire che non sono solo luoghi oscuri di povertà, sottosviluppo, malattie, dove vivono persone primitive. La realtà è fatta di molte eccellenze che i media occidentali non vogliono raccontare al pubblico internazionale. Si può cambiare la narrazione con uno sforzo di obiettività e meno parzialità nella rappresentazione delle questioni africane. Oltre alle storie negative sui migranti nigeriani in Europa, ce ne sono altre ignorate di crescita, innovazione, tecnologia, nuove imprese e affari in crescita con migranti nigeriani. Il secondo modo di cambiare la narrazione per me è quindi raccontare le storie delle persone senza fermarsi alla descrizione negativa dell’Africa fatto dai rapporti che si trovano online. Questo aiuterebbe a capire i veri problemi e le soluzioni locali.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: