domenica 3 dicembre 2017
Un fulmine nel 1962 squarciò il monumento simbolo della «città delle cento chiese». Oggi torna a splendere insieme alla torre campanaria liberata dal ponteggio dopo trent’anni
La cattedrale di Nicosia che «domina la città dal basso»

La cattedrale di Nicosia che «domina la città dal basso»

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Si deve salire su uno dei quattro colli su cui poggia il paese per capire cosa intendono gli abitanti di Nicosia quando dicono che la loro cattedrale «domina la città dal basso». Bisogna vincere una piccola vertigine, e arrivare in cima al colle del Santissimo Salvatore lungo i vicoli medievali, e gettare lo sguardo al centro dell’avvallamento, sotto lo strapiombo, dove svetta la cuspide di San Nicolò. La cuspide «ritrovata» dopo quasi cinquant’anni. Un cono di rame, venti metri di altezza per quasi cinque di larghezza alla base, snello e culminante in una piccola croce. E davvero da laggiù la Cattedrale, con la sua torre appuntita, si protende verso i quattro colli e i loro caseggiati, che non possono non guardare al quel vertice irradiante sulla torre campanaria. Per decenni, lì c’è stato un vuoto. Mancava la cuspide e la stessa torre campanaria è rimasta ingabbiata fino a pochi giorni fa dalle impalcature che coprivano anche parte della fiancata della chiesa, monumento nazionale dal 1940. Due vicende diverse, quella della Cattedrale e quella della sua cuspide, che si sono negli anni intrecciate e oggi non c’è nessuno, tra i quindicimila abitanti di questa montagna ricca di passato nel cuore della Sicilia, un tempo potente città demaniale dopo Palermo, Catania e Messina, che non conosca la storia travagliata del monumento tra il finire del secolo scorso e i giorni nostri.

La cuspide era stata vittima di un evento atmosferico eccezionale il pomeriggio del 23 giugno del 1962: durante un forte temporale, un fulmine aprì uno squarcio che non fu più possibile sanare (secondo alcuni a fare il danno sarebbero state le vibrazioni del tuono). Il cono settecentesco era formato da scandule di terracotta di colori diversi: si può solo immaginare l’effetto di un tempo, guardando le foto in bianco e nero. A quell’acquazzone fuori stagione seguì nel tempo la rimozione della cuspide. Nel 1971 fu la volta della Cattedrale, che venne restaurata, con delle iniezioni di cemento per rafforzarla. Un lavoro fatto in buona fede e con competenza da parte della ditta esecutrice, ma che ha innescato una vera e propria «malattia» delle pietre, l’ettringite, o “bacillo del cemento”. Per una reazione chimica le malte del campanile, dal basamento fino a un paio di metri di altezza, aumentano di volume, fino a generare piccole «esplosioni» della pietra. I primi «strani» movimenti alla base del campanile si notarono pochi anni dopo il restauro. Da qui l’impalcatura che dagli anni ’80 cinge la torre, fino a coprire parzialmente anche il prestigioso portale gotico-normanno del Trecento. E da qui anche l’impasseper la posa della nuova cuspide. L’ettringite non comporta instabilità, ma ha suggerito la scelta di un materiale leggero per la nuova cuspide. Ecco perché la soluzione finale del rame, a rivestire un’anima di abete.

Nell’ultimo anno la svolta con la posa della cuspide ultimata lo scorso maggio e avvenuta senza clamori, nello stile di un territorio operoso e che guarda al sodo. Poi, pochi giorni fa, a sorpresa i nicosiani hanno visto salire sui ponteggi della cattedrale gli operai che hanno smontato pezzo per pezzo, quasi fino alla base, quel rivestimento di legno scuro che da un trentennio faceva parte del panorama urbano. La città di San Nicolò ha saputo aspettare. E mercoledì, quando migliaia di fedeli festeggeranno la chiusura dell’anno giubilare per i duecento anni della diocesi, lo faranno nella cattedrale finalmente disvelata, ammirando lo scorcio imponente che della torre campanaria si può godere risalendo dalla via Fratelli Testa. Nicosia ha aspettato forte della sua storia, e dei tesori artistici che stanno a testimoniarla. La «città dei ventiquattro baroni», cuore nevralgico di una Sicilia lontana nel tempo ma che dell’influente presenza nobiliare porta ancora i segni nei magnifici palazzi, è anche la «città delle cento chiese ».

Alcune di esse custodiscono opere del Gaggini, di Filippo Quattrocchi, dello Spagnoletto, di Salvator Rosa, di Pietro Novelli. La stessa cattedrale custodisce dietro il rifacimento ottocentesco della volta l’antico tetto ligneo decorato del ’400, unico in Europa per geometria e qualità dei dipinti, riscoperto nel 1917 da Walter Leopold. Lo si può ammirare nelle ricostruzioni fotografiche che ne consentono una visita virtuale, ma in pochi lo hanno potuto vedere dal vivo, inginocchiandosi nell’intercapedine che lo divide dalla volta attuale. La nuova sfida per la città che oggi ha recuperato la bellezza della cattedrale, è potere mostrare al mondo anche questo suo tesoro nascosto. È un’impresa che sfiora il sogno, ma i nicosiani sanno aspettare.

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