sabato 4 maggio 2013
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L’inglese Bradley Wiggins ha già vinto il Giro d’Italia, quello sulla carta. Ma quello vero, sulla strada, parte oggi da Napoli e il Baronetto di Sua Maestà Britannica dovrà sudarselo, nonostante il “pensiero unico” dei pronostici. A fare lo sgambetto al più osannato corridore degli ultimi anni ci proverà Vincenzo Nibali. Il siciliano sembra l’unico in grado di scalfire lo strapotere di Wiggins, almeno in salita, perché nelle cronometro (2 individuali e una a squadre, per un totale di oltre 90 chilometri) non c’è storia. Del resto appena un paio di settimane fa Nibali è riuscito a battere Wiggins – complice un incidente meccanico – al Giro del Trentino, così come aveva ridimensionato l’arroganza dell’altro neo-fuoriclasse britannico targato Sky, Chris Froome, alla Tirreno Adriatico. Per tutti gli altri la vittoria corrisponde al terzo gradino del podio.Questo è quello che dice la logica, ma la bici sulla strada si nutre di fantasia e di estro, due ingredienti che risultano indigesti ai ragionieri del pedale. Per battere Sir Wiggins gli avversari dovranno approfittare anche della più piccola occasione offerta da un percorso bello e infido: il paesaggio italiano si presta agli agguati, agli improvvisi colpi di mano, basta avere il coraggio di buttare alle ortiche calcolatrice e bilancino per lasciare spazio all’istinto. È l’unico modo per ribaltare una classifica già scritta.Nibali ha già dimostrato di saperlo fare e, sbagliando, ha imparato ad aggiustare il tiro. A maggior ragione dovranno farlo tutti gli altri capitani di ventura del gruppo che dovranno trasformarsi in giocatori d’azzardo per tentare di far cadere il banco. Correre per il piazzamento può far aumentare di qualche spicciolo lo stipendio ma non fa entrare nei libri di storia. Spesso, nella memoria restano più impressi gli sconfitti – e certe sconfitte - piuttosto che i vincitori, basti pensare al francese Poulidor, l’eterno secondo del Tour de France, molto più amato di Anquetil, che di Tour ne aveva vinti cinque.Dovrà far lavorare più la testa delle gambe il canadese Ryder Hesjedal, per tentare di bissare l’imprevisto e imprevedibile successo dello scorso anno. Altrettanto dovrà fare l’australiano Cadel Evans, anche perché le gambe non sembrano più quelle di due anni fa, quando arrivò in maglia gialla a Parigi. E per scardinare i pronostici dovranno tentare una folle impresa anche l’olandese Robert Gesink e i nostri Michele Scarponi e Franco Pellizotti. Solo se non si sono già arresi prima di partire potranno sperare di lasciare una loro impronta sulla corsa.Ma il Giro non si corre solo per la maglia rosa: c’è una gara nella gara, quella dei velocisti che puntano alle vittorie di tappa, a cominciare da oggi nel veloce circuito cittadino, e alla maglia rossa (i nostalgici la ricordano color ciclamino) della classifica a punti. E, troppo spesso, la lotta fra gli sprinter è molto più avvincente di quella dei “noiosi” uomini di classifica. Anche qui c’è un vincitore già apparecchiato, inglese pure lui, ma gli avversari sono molti di più e più agguerriti. Mark Cavendish è il più forte sprinter sulla piazza ma, ultimamente, soffre di crisi di identità. Il feeling con la nuova squadra è durato poco e si lamenta dei compagni, incapaci di approntare un “treno” decente per scarrozzarlo fino al traguardo. Un segno evidente del suo imborghesimento: fino a qualche anno fa se non trovava compagni pronti ad aprirgli la strada faceva spallucce e oliava i gomiti per scavarsi un buco in volata.A contrastare Cavendish ci sarà l’australiano Goss, un suo ex gregario che si è messo in proprio, il giovane Bouhanni, il campione francese di origine algerina, il possente Degenkolb, il tedesco che può rappresentare la grande sorpresa. A tirare la folta volata degli italiani c’è Elia Viviani, un giovane talento alla ricerca della legittimazione nella nobiltà dello sprint mondiale, seguito a ruota da Modolo, Nizzolo, Gavazzi, Belletti, Ferrari, Chicchi e dal vecchio Bennati.Nelle prossime tre settimane si potranno anche vedere i protagonisti dei Giri che verranno: il sardo Fabio Aru, il bergamasco Mattia Cattaneo, il colombiano Betancur e lo statunitense Phinney sono al Giro per fare esperienza e per aiutare i rispettivi capitani, ma dal loro modo di aggredire la corsa si potrà capire se avranno un futuro da podio o da “…esimo” negli ordini d’arrivo. ​
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