lunedì 29 settembre 2014
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Oggi il gran finale, in una Ponferrada semplicemente imbarazzante. Un castello dei templari sicuramente bello, ma quei pochi che sono qui, in questo lembo di terra spagnolo nella provincia di Leon e a due passi dalla Galizia, si domandano ancora come sia stato possibile portare una rassegna iridata in questo territorio. Quattro alberghi quattro, gli aeroporti a oltre cento chilometri, una passione sopita, perché in Spagna il ciclismo è sport nazionale nei Paesi Baschi o in Catalogna, non certo qui. Ad ogni modo oggi con la prova principe, quella riservata ai professionisti, si chiude la settimana iridata. La prima Italia di Davide Cassani è giovane, esuberante e orgogliosa. Nove atleti: quattro di questi sono siciliani, con Vincenzo Nibali, il trionfatore di Francia, a ricoprire il ruolo di ambasciatore del ciclismo nostrano. Con lui i Caruso, Gianpaolo e Damiano, più Giovanni Visconti.Cassani sa di non avere il bomber, per sua stessa ammissione. «Ci manca il finalizzatore veloce. Un uomo con fondo e resistenza in grado di giocarsela allo sprint con Degenkolb, Bouhanni, Kristoff, Gerrans e via elencando», ha spiegato il Ct azzurro. «Quello a cui noi puntiamo è rendere la gara dura e imprevedibile. Quello che voglio è un “caos organizzato”, che possa scompaginare le carte a quelle nazioni che hanno il velocista, ma che metta in scacco anche quelli che come noi cercheranno di non arrivare in volata, o arrivarci il meno possibile».Cassani parla, e lui che è solito essere sereno e sorridente, appare contratto e teso. «In questi ultimi dieci giorni ho cominciato a sentire la pressione dell’evento, quella sana e benefica adrenalina che scorre nelle vene prima di un grande appuntamento. Vorrei partire con il piede giusto. Mi piacerebbe poter far fare ai miei ragazzi una bella corsa. Non abbiamo l’uomo per vincere su questo percorso, ma abbiamo nove corridori tutti in grado di lasciare un segno importante».Tra questi, il più acclamato e ricercato è Vincenzo Nibali che, come Alberto Contador, avrebbe anche potuto non correre questo Mondiale visto che gli si addice ben poco a livello tecnico, ma non ci ha pensato un attimo a rispondere sì - a differenza dello spagnolo - alla convocazione in Nazionale.«Il ciclismo è uno sport di maglie. Non esistono i trofei, si lotta per una maglia. Io ho avuto la fortuna di vestire le maglie che più sognavo: quella rosa del Giro, quella tricolore di campione d’Italia e quella gialla del Tour de France, la più importante di tutte. Ora so che non posso ambire più di tanto alla maglia iridata, ma vestire quella azzurra del mio Paese è un dovere oltre che un onore».Orgoglio siciliano, di un atleta che qui in Spagna definirebbero un “hombre vertical”. «Non sono al cento per cento. La condizione è buona, ma senza la caduta alla Tre Valli e questa ferita all’anca (è probabile che, al suo ritorno in Italia, dovrà anche sottoporsi ad un trapianto di pelle, ndr) che fatica a rimarginarsi sarebbe andata meglio. La verità è che sarei dovuto andare all’ospedale per curarmi al meglio, ma ho preferito la maglia azzurra, nonostante adesso sia anche alle prese con il raffreddore. In ogni caso è inutile illudersi di essere ancora quello del Tour, ma qualcosa mi inventerò lo stesso».Il percorso non sembra essere impossibile…«È duro ma non durissimo, dipenderà molto dal ritmo della corsa. E noi abbiamo tutto l’interesse a renderlo ancora più selettivo. Quell’ultimo strappo del circuito, quando saremo all’ultimo giro, può essere un trampolino importante e magari decisivo».I rivali che teme di più?«Gerrans e Van Avermaet, che stanno andando fortissimo. Poi, Valverde e Rodriguez, che giocano in casa». Molti dicono che sia un percorso per Degenkob. Lo pensa anche Cassani…«Per Boonen mi sembra dura. Degenkolb è più pericoloso ma è appena uscito dall’ospedale per un’infezione e non so come stia davvero. Io so solo che il Mondiale è davvero una lotteria e questo lo sarà ancora di più. Noi abbiamo tanti attaccanti, molte soluzioni. È vero, ci manca il velocista puro, ma questa può essere anche la nostra arma in più: faticheranno a capire che corsa faremo. L’importante è capirci tra di noi. Cassani ci ha detto che vuole un “caos organizzato” e per uno sanguigno e impulsivo come me è davvero il massimo».
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