martedì 23 novembre 2010
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Prima non se lo erano mai detto. Daniel Barenboim e Guy Cassiers avevano parlato l’uno della musica, l’altro del modo di fare oggi l’opera, non attraverso scene dipinte, ma con video e luci per ricreare sul palco del Teatro alla Scala quel «mondo virtuale nel quale spesso ci rifugiamo». Viaggiando come su binari paralleli. Ieri sera, invece, parlando all’Università Cattolica di Milano della loro Valchiria, quella che il prossimo 7 dicembre inaugurerà la nuova stagione del Teatro alla Scala – ma anche per quest’anno il sovrintendente Lissner conferma l’anteprima del 4 dicembre dedicata ai giovani con meno di trent’anni – ecco la scintilla. Il punto d’incontro. Perché per il regista belga «la storia della famiglia sgangherata che Wagner racconta nel secondo capitolo della Tetralogia è lo specchio di una situazione sociale». Che ieri era la borghesia del XIX secolo. Ma che oggi, dicono a una sola voce regista e direttore d’orchestra, «è l’Europa nel suo difficile cammino verso l’unità». Un fallimento che, dice Barenboim, «è segno di un’incapacità politica».Ed ecco lo spettro dei tagli. Cronaca di ieri, giornata dello sciopero generale dello spettacolo contro la Finanziaria. Giornata di Consiglio di amministrazione per la Scala con il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ha detto chiaro di non sapere «se per l’anno prossimo potrà garantire il finanziamento di 2,9 milioni di euro al teatro». Nulla di ancora deciso, spiega Podestà. Si dovranno attendere le decisioni del governo sui trasferimenti agli enti locali e sul reintegro del Fondo unico per lo spettacolo. Certo, se non ci saranno i 5 milioni di euro del Fus, il bilancio 2010 della Scala si chiuderà in rosso dopo cinque anni di pareggi. E per il 2011 il rischio è che manchino all’appello ben 17 milioni di euro. Il sovrintendente Lissner svela: «Nel 2009 abbiamo avuto dallo Stato 37 milioni di euro ma ben 39 sono andati in tasse».Questo lo scenario nel quale andrà in scena Valchiria. Sul palco, spiega Cassiers, «fuoco e legno, natura e cultura. Ma anche luci e video, perché voglio che lo spettatore sia risucchiato dalla storia e si senta parte di essa». Wagner ci mette del suo. Con una musica che è un fiume in piena. «Dove convivono gli opposti. Dove ci sono suoni mai sentiti prima» spiega Barenboim. Il maestro evoca sciabolate di note. Improvvisi silenzi che gettano sull’orlo dell’abisso. Opera fiume la Valchiria. «E Wagner o lo si ama o lo si odia. Ma anche chi lo detesta deve ammettere che era un genio che giocava con la matematica, che dosava millimetricamente volumi e note». Il sipario si alza alle 17 e non si abbassa prima delle 22. Quattro ore di musica per raccontare la storia incestuosa dei fratelli Siegmund e Sieglinde, ma anche la pietà che spinge la valchiria Brunhilde a salvare Sieglinde e il bambino che porta in grembo. In scena Waltraud Meier e Nina Stemme, Simon ÒNeill, John Tomlinson e Vitalij Kowaljov. «Cast perfetto» dice Barenboim, che prima di salutare guarda al suo (lui che ha il doppio passaporto israeliano e palestinese) Medioriente, «dove la situazione, per la mancanza di volontà di dialogare di Israele, è sempre più difficile». Pensa alla sua orchestra West Eastern Divan «che è in una situazione di stallo perché non riusciamo più a fare audizioni in alcuni Paesi arabi».
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