mercoledì 4 maggio 2016
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«Il mio esordio in poesia avviene nel 2009 con la raccolta Un biancore lontano. È un ingresso tardivo, come fossi venuta da ere psichiche - di ghiaccio e fuoco - in cui materiale di pensiero immaginale avesse avuto necessità di stratificarsi e organizzarsi in una ricerca semantica in cui la parola incarnasse e comunicasse il senso originario e alto che conferisce dignità al pensiero e alle azioni che discendono dalle scelte umane», ci racconta Adriana Gloria Marigo. «Il primo libro – prosegue – è la dichiarazione del mio radicarmi entro territori del pensiero classico: la necessità di accogliermi in un logos che consenta la relazione autentica, il riconoscimento dell’Altro, il valore del retto pensare e l’azione che non vanifichi l’etica. È dunque poesia che ha un forte substrato di pensiero, principalmente quello dei presocratici. Il contatto con la materia viva, pulsante della psiche si perfeziona nelle sillogi seguenti - L’essenziale curvatura del cielo, 2012; Senza il mio nome, 2015». La Bellezza e l’Essere che Adriana Gloria ricerca si raggiunge quando il geroglifico psichico individuale si stempera nella bellezza del verso semplice. «Se le movenze del verso nascono dal vissuto, dalla finezza del sentire, dal turbamento che il reale suscita, implicando il sentimento, la scrittura di una poesia riguarda anche la ragione. Ossia tutti gli elementi che costituiscono la psiche». In questa terza raccolta, la natura è molto presente: «Il paesaggio, ad esempio – dice Adriana Gloria – è un elemento che vive in quanto paesaggio, con i connotati delle stagioni, ma al tempo stesso è il corrispettivo del paesaggio archetipico in cui avvengono le trasformazioni alchemiche e la rifondazione dell’essere. Senza il mio nome dovrebbe rappresentare la conferma di questo canone in cui il tema dell’essere incontra il tempo come dimensione in cui è possibile declinare l’identità senza l’imposizione di essa su nessun altro vivente». Con la prefazione di Geo Vasile e una bella nota di Flaminia Cruciani, altra poetessa, Marigo sceglie questi versi eponimi per presentare la raccolta in quarta di copertina: «Perdimi, lasciami / ove più non s’intessono / fronda e nido -/ indietro, alla morgana // mangia i semi di Persefone / dimentica la specie che sono / la cucitura eccellente / sulla veste di festa - / vivere ti è consentito / senza il mio nome». La Marigo non ha mai un verso spettinato, è una ricerca finissima al limite dell’astrazione, filosoficopsicoanalitica. Di qui l’andatura oracolare, i richiami alla Pizia e a Cassandra. In una natura e un cielo algidi ma: «ogni cosa in luce congiunta / sull’ombreggiato cartiglio». Vive tra Padova e Luino, è anche critico, partecipa volentieri a eventi multidisciplinari. © RIPRODUZIONE RISERVATA Adriana Gloria Marigo SENZA IL MIO NOME Campanotto ed. Pagine 80. Euro 10
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