venerdì 7 ottobre 2016
Nancy e il carattere della grazia
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«Dolore e separazione… colei che soffre, lacrimosa, è una fontana, è una sorgente»: così il filosofo Jean-Luc Nancy rilegge la scena dello Stabat Mater in un’edizione in cui « doleur et déréliction » sono rappresentati dall’angoscia fiduciosa dei segni d’artista di Claudio Parmiggiani e dalla pesantezza dei caratteri di piombo investiti dalla grazia lieve dell’arte tipografica dei Tallone. L’ossimoro è il segreto di questo originale libro d’artista, allestito in sessanta esemplari in grande formato, tenuto a battesimo ieri dall’Ambrosiana nel segno della compresenza necessaria di antico e moderno, disperazione e attesa, spirito e materia, dentro una «storia semplice e complessa», afferma Nancy, quella rappresentata da Stabat Mater e Dies Iræ: due momenti ineludibili dell’esperienza umana e religiosa, come «due contrappunti ».

Così il filosofo di Bordeaux definisce i testi ispirati ai due testi medievali nel titolo dell’opera in cui, sulle orme della tradizione, ne propone una riscrittura attuale in forma poetica e riflessiva. Non dimenticando i suoi studi sulla decostruzione del cristianesimo, sembra metterli in stretta unione con quelli sull’arte e sull’estetica.

Soprattutto nella nota sequenza attribuita a Jacopone da Todi del dolore di Maria, all’inizio riprodotta in latina accanto all’altra del Dies Iræ, si coglie la forza di questa proposta editoriale sui generis perché la sapienza spirituale si sorregge su una medesima sapienza tipografica, fin dai dettagli minimi come la solennità dell’inchiostro nero. Ma la vera novità sta forse nella capacità di rappresentare le radici antiche della fede nelle pagine composte a mano e stampate al torchio a braccia Stanhope raffiguranti i celebri canti gregoriani in caratteri mobili originali incisi a mano da Beaudoire nell’Ottocento e fusi dalla Deberny a Parigi: secondo Enrico Tallone «comporre a mano il canto gregoriano è il cimento più impegnativo dell’arte tipografica, per il complesso gioco a incastri tra note e tetragramma e il testo sottostante». 

La materialità artigianale, anche grazie alla carta a mano di puro cotone Magna- ni di Pescia, serve di supporto all’immaterialità della parola, prima quella della tradizione latina e poi quella attuale di Nancy: « Toute stance emportée / en séquence noyée / en séquence chantée ». I suoi testi ricalcati sullo Stabat Mater, composti con i monumentali caratteri in corpo 24 incisi da William Caslon e fusi nelle matrici originali settecentesche, osservano la scena della “madre piangente” ma un altro punto di vista è dato dal-l’artista di Luzzara, da sempre alla ricerca del passare del tempo e dell’essere nelle sue tracce visibili. Infatti Parmiggiani crea esplosioni di colore nere e rosse che interpretano la tensione delle parole di dolore, urlo o attesa, sempre collocate dopo una pagina bianca, necessaria parentesi di silenzio rispetto alle voci dei testi, a eccezione di quando l’artista lambisce volutamente la parola « secret » a conclusione del secondo poema di Jean-Luc Nancy dedicato al giorno del giudizio, celando simbolicamente quella stessa parola dentro la sua incisione e interpretando così il verso «sull’abisso rivela il segreto».

Già in altra opera, L’isola del silenzio, l’artista aveva esposto una campana muta tra le carte altrettanto silenziose del sapere, come grido metaforico di dolore e di allarme. Qui il segno diventa deflagrazione del polline di suono della parola, con l’idea filosofica cara a Nancy « cogito ergo sum res extensa », “penso dunque sono una cosa estesa”. Maria piange sul figlio e l’estensione del meditare sulla morte diventa espansione e trascendenza del pensiero e di quel pianto. «Che le cose ci appaiono come materiali, nello spazio e nel tempo, non è che un aspetto del loro modo di essere », ha scritto una volta il filosofo francese e questo rappresenta la “forma dello spirito” dell’edizione talloniana, il suo essere un materiale necessario a rappresentare l’essere trascendente.

Allora i caratteri a piombo composti a mano diventano le lacrime del vecchio pianto come «una fontana» che al tempo stesso si fa, nell’ispirazione di Nancy, nuova «fonte» e sorgente per i lettori di oggi che ascoltano l’appello di questo libro, «il basso continuo del suo invito, della sua domanda, della sua ingiunzione o della sua preghiera». Non è soltanto l’appello di farsi leggere ma di piangere e trovare in quelle lacrime «rivi infiniti di grazia materna».

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