giovedì 1 dicembre 2011
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Mussolini, a Salò, si sentiva prigioniero dei tedeschi, che lo avevano confinato in quello che lui stesso definì un "budello", in una delle sue lettere a Claretta Petacci. «Dove me ne andrò – scriveva – non lo so, ma che io me ne andrò da questo paesello è sicurissimo. Io voglio riprendere contatto col mondo: in un luogo servito da una ferrovia altrimenti io sono defunto perché irraggiungibile». Ora che l’epistolario intimo tra i due amanti, relativo al periodo della Rsi, è stato pubblicato da Mondadori, balzano in primo piano alcuni sorprendenti contenuti. Nel corso del 1944, per esempio, Mussolini accarezza diversi progetti di trasferimento del suo quartier generale: dapprima al castello di Montichiari, poi in una villa di Valeggio sul Mincio; e, ancora, a San Martino Buonalbergo. Ma, per una ragione o per l’altra, nessuna di queste soluzioni decolla. Da ultimo, il dittatore respinge l’offerta di traslocare, sul Lario, a Villa Gertrude di Cernobbio, sede di uno fra i più importanti comandi territoriali di frontiera delle Ss. In un messaggio a Claretta del 4 settembre ’44, così si sfoga: «La prima volta mi hanno portato qui, come un pacco, ma la seconda sbagliano. Basta, coi laghi! Se dopo il Garda, debbo andare sul Lario, preferisco rimanere dove sono. È inutile che mi appoggino alla Svizzera, dove non mi accetteranno mai, anche se lo volessi, perché sono il numero 2 dei cosiddetti criminali di guerra».L’indicazione di Villa Gertrude è clamorosa, perché apre inediti scenari per la ricostruzione della strategia dei tedeschi nella gestione della persona del Duce. Scegliendo la residenza cernobbiese, i germanici si predisponevano a inserire Mussolini dentro il vasto progetto negoziale della capitolazione. Villa Gertrude era un presidio in prima linea nella collaborazione con gli Alleati. Alla sua testa vi era il capitano Joseph Vötterl, un salisburghese che pare avesse sangue ebraico nelle vene. Dopo essere emigrato in America, era rimpatriato e, fin dal 1935, era entrato nelle Ss facendo rapidamente carriera. Lui e la madre riuscirono in questo modo a sfuggire alle maglie dell’antisemitismo. Inviato in Polonia e poi sul fronte russo, dov’era rimasto ferito, Vötterl era stato quindi mandato a Tolone: lì aveva iniziato a collaborare con gli americani nell’azione di contrasto della milizia collaborazionista di Vichy. Come agente segreto dell’Oss infiltrato tra i nazisti, il capitano delle Ss aveva reso preziosi servigi: era infatti l’uomo che, partecipando a incontri segreti nel campo avversario, preparò e giocò a favore degli Alleati la trattativa svoltasi in Svizzera per la capitolazione delle forze tedesche in Italia. Vötterl, su ordine degli Alleati, era inoltre intervenuto per salvare personalità di rilievo della Resistenza, come Ferruccio Parri "Maurizio" e Antonio Usmiani, un ufficiale appartenente al Servizio informazioni militari (Sim) che operava in stretto contatto con l’Oss. Usmiani organizzò la rete U 16, un’organizzazione clandestina che passò all’Oss, attraverso l’invio di corrieri in Svizzera, informazioni top secret sugli studi che i tedeschi stavano conducendo sulla bomba atomica, sulle nuove armi segrete, sui sottomarini tascabili e su modelli molto avanzati di aerei a reazione. L’8 marzo 1945 Parri e Usmiani vennero prelevati dal carcere milanese di San Vittore e portati proprio a Villa Gertrude, da dove proseguirono per Lugano. A Cernobbio giunsero, nell’occasione, anche il generale Karl Wolff, plenipotenziario tedesco per la sicurezza interna dell’Italia, e il colonnello Eugen Dollmann. Wolff avrebbe poi incontrato, nel "campo neutro" di Zurigo e in condizioni di massima segretezza, il capo dell’Oss in Europa, Allen W. Dulles. La liberazione dei due grossi calibri della Resistenza fu una prova di buona volontà offerta dai tedeschi preliminarmente all’avvio delle trattative per la resa delle forze naziste in Italia. Tra i protagonisti di quest’operazione vi fu proprio il capitano Vötterl. Ma non è tutto.A ulteriore dimostrazione del fatto che questo asso del doppiogiochismo ebbe un ruolo operativo non secondario nel "voltafaccia" tedesco verso gli alleati italiani (non dimentichiamo che Mussolini seppe della resa germanica solo nell’arcivescovado di Milano, il 25 aprile 1945), vi è un’ulteriore circostanza. Il 24 aprile, Mussolini convocò, nella Prefettura di Milano, il tenente altoatesino Franz Spögler, l’angelo custode di Claretta a Salò. Questi, dipendente dal Sicherheitdienst, gli apparati di sicurezza della polizia segreta nazista, era certamente un uomo doppio, collegato con gli Alleati. Durante il colloquio, il Duce affidò Spögler una missione delicatissima: recapitare a Churchill una sua lettera. Nella missiva, Mussolini si rivolgeva allo statista inglese, proponendogli questo accordo: la sua salvezza, in cambio del famoso carteggio che si offriva di restituirgli. La lettera giunta fino a noi si è dimostrata essere falsa. Nondimeno, interessante è l’accenno fatto da Spögler all’emissario che avrebbe dovuto consegnare il plico al consolato inglese a Lugano. Si tratta proprio di Vötterl! Alla luce di tutto ciò, si può comprendere quali fossero i progetti dei tedeschi: inserire le trattative per la consegna del Duce dentro il vasto negoziato della resa, in corso in Svizzera. A tale scopo era funzionale l’avvicinamento del Duce al confine elvetico, con il suo trasferimento a Villa Gertrude. Tenendo conto che Mussolini, il 27 aprile ’45, fu indotto a salire sul camion tedesco con indosso un pastrano germanico, per essere poi segnalato ai partigiani, la teoria che abbiamo esposto risulterà ancora più fondata.
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