lunedì 15 settembre 2014
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La sua versione in musica del Padre Nostro ha commosso e convinto la giuria presieduta da Ennio Morricone e così il compositore Andrea Venturini si è portato a casa la vittoria del Concorso di composizione sacra “F. Siciliani” sostenuto dal Vaticano.A consegnare il prestigioso riconoscimento, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, al termine di una serata davvero speciale nella Basilica Superiore di San Francesco di Assisi, al termine della Sagra Musicale Umbra (la chiusura ufficiale sarà oggi con una Messa solenne nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia la mattina ed un concerto di musica sacra nella chiesa di San Bartolomeo a Solomeo). Il concerto è stato speciale per quattro motivi: il luogo, gli esecutori (il St. Jacob Chamber Choir di Stoccolma diretto da Gary Graden con Markus Wargh all’organo), il programma (grande musica dedicata al Pater Noster oltre a brani di Verdi e Stravinskji.) e l’attribuzione del “Premio Siciliani” 2014. Il Premio nasce da una sollecitazione del cardinal Ravasi; nel 2011, nell’ambito di un convegno su «Musica e fede» organizzato dalla Sagra Musicale, aveva sottolineato: «Il lavoro principale che dobbiamo fare è che l’alta musica, la musica colta contemporanea, ritorni ancora a toccare i temi spirituali, religiosi». Ed aveva lanciato quindi l’idea di bandire un concorso biennale per favorire questo rapporto. La prima edizione è stata dedicata al Credo e vinta da Giovanni Bonato, un compositore vicentino, nel 2012. A darsi battaglia, ieri sera, i tre finalisti della seconda edizione, il friulano Andrea Venturini, appunto, e i veneti Leonardo Schiavo, e Federico Zattera, tre compositori che confermano come nel Triveneto la musica contemporanea corale (il concorso richiedeva una composizione corale) sia maggiormente radicata. Ha prevalso il veterano Venturini (nato a Udine nel 1959) che si è aggiudicato premi in vari concorsi e guida organizzazioni corali specialmente in Friuli-Venezia Giulia. Schiavo (nato nel 1983) è compositore e flautista; negli ultimi tre anni ha vinto numerosi concorsi di musica sacra con lavori eseguiti anche all’estero. Federico Zattera del 1967 è docente di pianoforte e anche lui ha un curriculum con numerosi premi e riconoscimenti. La giuria composta da Ennio Morricone, Filippo Maria Bressan, Vincenzo de Gregorio, Gary Graden e il direttore artistico della Sagra, Alberto Batisti, ha dovuto decidere tra ben 146 partiture arrivate da tutto il mondo. La maggior parte arriva dall’Europa, 115 opere, di cui ben 93 dall’Italia, 8 arrivano dagli Stati Uniti e 5 dal Sudamerica, 2 dall’Asia e 1 dall’Africa e dall’Australia. «È evidente che il livello di diffusione dell’informazione del concorso, che genera poi l’arrivo delle partiture alla Fondazione, è direttamente proporzionale al livello di diffusione della tecnologia con cui le informazioni sono veicolate; inoltre, per alcuni paesi e continenti, dipende ovviamente dalla diffusione e presenza del cattolicesimo. Il tentativo, per l’edizione 2016, sarà proprio quello di trovare strumenti e modi per superare questi limiti geografici» spiega il segretario artistico del Premio, Marcello Filotei che, dopo aver selezionato centinaia di partiture, è in grado di tracciare un ritratto della nuova composizione sacra internazionale.  «Il ricchissimo fondo di partiture, oltre 350 pervenute dai cinque continenti in due edizioni del Premio – ci dice – da una parte dimostra la necessità di questa iniziativa, accolta con grandissima attenzione, dall’altra rappresenta un punto di vista privilegiato sullo “stato dell’arte”. Una volta abbattute tutte le pregiudiziali ideologiche che hanno rappresentato al tempo stesso uno stimolo e un limite per i compositori dei decenni passati, ora i musicisti vivono un momento di invidiabile libertà stilistica». Interessante capire quale sia lo stile musicale che accompagna la preghiera del terzo millennio. «C’è una grande varietà di approcci: dal linguaggio tonale, al serialismo tutti gli stili sono rappresentati nelle partiture arrivate – aggiunge Filotei –. Le più interessanti sono quelle che abbandonano ogni rigidità per far confluire in una lingua musicale nuova tutte quelle tendenze che hanno animato il passato recente. È un processo molto complesso, l’ideologia è sempre la strada più facile, ma sembra che lentamente ci stiamo spostando verso approcci più meditati. Unicamente tenendo conto della complessità si può trovare una strada che rappresenti la società odierna. Allora anche i compositori, devono misurarsi con la molteplicità dei linguaggi e trarne una sintesi personale, anche e soprattutto quando affrontano il tema del sacro».Ogni tanto nella storia della musica - aggiunge - succede che qualcuno decide di essere il portatore dell’unica istanza creativa legittima. «Questo atteggiamento non ha quasi mai portato a nulla di buono. Di solito il mosaico di questi periodi vede fazioni contrapposte: da una parte i nostalgici dei bei tempi andati, dall’altra i fautori del moderno a oltranza. In effetti le due posizioni sono i due lati della stessa medaglia perché in entrambi i casi ci si rifiuta di analizzare la realtà e trarre dalla fusione tra un passato da interpretare e un futuro da costruire un linguaggio che rappresenti realmente lo spirito del tempo presente. Bisogna fare - conclude - come Palestrina, che adattò il linguaggio contemporaneo (a lui) alle esigenze del sacro. È inutile invece scrivere oggi come scriveva Palestrina. Lui non lo farebbe».
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