mercoledì 21 ottobre 2015
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Come sappiamo dai classici studi sociologici e di antropologia culturale  dei Malinowski, dei Mauss, dei Clifford, le società occidentali si sono costruite come «società dei movimenti ». Vale a dire l’emergere di grandi 'ondate' umane di mobilità sociale e territoriale che inoculavano, nelle declinanti popolazioni e culture del tardo impero romano, nuovi valori e stili di vita.  Basta pensare ai complessi fenomeni delle cosiddette invasioni barbariche, tra III e V secolo d.C., nei territori ormai poco difesi dell’Impero romano. Alle ibridazioni scaturite dalle nuove culture barbariche dei Goti, dei Franchi che, conflittualmente e non facilmente si mescolavano con i romani. Agli effetti vigorosi che accadevano per il cristianesimo in espansione. Movimenti sociali e collettivi che hanno aperto strade nuove nei valori socioculturali e negli stili di vita sempre mutevoli.  Quando si descrivono quei movimenti collettivi, che furono protagonisti in tutte le differenti epoche delle complicate storie dell’Occidente, fino ai fenomeni moderni dei processi di urbanizzazione e industrializzazione, si pensa a fenomeni sociali che si presentano, al loro interno, in modo omogeneo, con strutture organizzative rigide, con leadership carismatiche consolidate nel tempo, come furono i totalitarismi comunisti e fascisti. Movimenti che sono caratterizzati da profonda unità negli obiettivi da raggiungere. Noi crediamo che attraverso un’adeguata teoria dell’azione si siano potute cogliere, mediante l’uso e lo sviluppo delle scienze umane, le realtà profonde di quei movimenti collettivi che hanno caratterizzato tutto l’arco del secolo passato. Del resto è proprio l’attuale natura «post-materialistica » delle società avanzate che differenzia i precedenti movimenti sociali dagli attuali, all’inizio del terzo millennio.  Su queste differenze Francesco Alberoni ha operato interessanti riflessioni, ormai classiche, sulla genesi dei movimenti collettivi, distinguendo tra fenomeni di aggregato e di gruppo. Tra i primi troveremo aggregati che si comportano in modo omogeneo negli stili di vita, nei momenti di paura o di competizione, senza costituire, però, momenti carichi di carisma e di emotività, come invece avviene in altre dinamiche collettive che scaturiscono da un periodo concreto che suole denominarsi «stato nascente».  Questi fenomeni sociali hanno contribuito alla formazione della stessa modernità europea, dai tempi della Riforma agli esiti terminali delle società industriali mature che sono alle nostre spalle. Da questo punto di vista emerge l’importanza nell’elaborare scenari che connettano i movimenti storici alle loro specifiche ideologie, anche le più profonde nascoste, come quelle psicologiche e metastoriche. I nuovi movimenti, nell’inizio del terzo millennio, realizzano una sorta di «mutazione silenziosa » che ha inciso profondamente sulle dinamiche degli individui nelle società occidentali.  Queste dinamiche sono maggiormente legate a obiettivi concreti e parziali. Come sono gli innumerevoli movimenti ecosociali di lotta per la manutenzione dei territori nel Centro e Nord Europa, le stesse azioni dei gruppi militanti di Greenpeace, le proteste riguardanti la gestione del ciclo dei rifiuti nel meridione europeo. Ancora: con il prolungarsi dell’attuale crisi economica internazionale si formano movimenti di ripensamento dell’economia di mercato verso relazioni economiche di dono e comunione che sperimentano nuova imprenditoria oltre il profitto. Dalle Banche etiche agli investimenti di alcune organizzazioni multinazionali su acqua, prodotti agrobiologici ed energie alternative – come sta sperimentando persino Coca Cola formando manager operativi nei settori non profit. Si connotano per lo più come 'movimenti civici' e interclassisti, centrati sui diritti civili e umani, sulle tematiche ambientali e supportati dalla realtà informatizzata dei social network globali.Le strutture e le reti organizzative di questi nuovi movimenti sono estremamente flessibili e al raggiungimento del singolo scopo la rete, lo scheletro stesso dell’organizzazione, si dissolve. Possiamo dire che ci troviamo di fronte a due grandi mutamenti rispetto al passato: le nuove azioni collettive, cariche di supporti tecnologici molto sofisticati, producono il capovolgimento di domande e bisogni con le tecniche organizzative. La vita di questi movimenti è continuamente minacciata dal ritorno alla privacy e all’individualismo. D’altro canto le superspinte tecnologiche, immanenti alle stesse relazioni sociali diffuse di questi movimenti d’opinione, non passano necessariamente attraverso la rappresentazione nel «teatro politico». Ovvero non c’è più l’espressione di domande che esigano rappresentanza pubblica. Si autocostituiscono, invece, come soggetti collettivi che sperimentano iniziative costituenti delle formazioni sociali che non trovano la necessità di relazionarsi con le istituzioni.  Così los de abajo, cioè i movimenti popolari che scaturiscono dalla base di diverse società civili latinoamericane, specialmente in Brasile con i movimenti di redistribuzione dei latifondi Sem Terra, in Paraguay e Argentina con i movimenti delle fabbriche autogestite e dei cartoneros. Quanto alle cosiddette filiere corte, un vero e proprio boom sono quelli dei Gruppi di Acquisto Solidale, specialmente i Francia e Italia. Secondo un ’indagine del WWF sono oltre 4 milioni i posti di lavoro in Europa direttamente legati ai settori della mobilità sostenibile e delle energie rinnovabili. Il potere di questi inediti movimenti collettivi non solo non coincide con la volontà di rappresentazione, neanche coincide con l’uso della forza, secondo la nota definizione di Carl Schmitt.  Michele Mezza, studioso di megatrend informatici e docente all’Università di Napoli, in un suo recente libro Avevamo la luna (Donzelli) sostiene, insieme al sociologo Manuel Castells, che la costruzione di significati, attraverso la potenza dell’algoritmo applicato alle dinamiche della Rete, fa emergere la potenza del flusso informativo in una sproporzione che trasforma continuamente i produttori in consumatori e in nuovi produttori. Nei precedenti cicli storico-industriali la stampa, il telegrafo, la radio, la Tv avevano iniziato grandi mutamenti comunicativi. Troppo rigidi erano ancora i canali espressivi, le cerchie sociali non si dissolvevano come invece è successo dagli inizi del terzo millennio a motivo della pervasività delle alte tecnologie. Basta pensare alle nuove, immense platee di fruitori ed elaboratori di messaggi e flussi informativi supportati dai social network. Si comprende così lo scasso profondo che è avvenuto nelle stesse relazioni sociali e umane, nella composizione stessa dei movimenti collettivi.(1, continua)
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