lunedì 22 maggio 2017
L'errore all'ultimo giro da parte del campione italiano è un peccato di hybris, di tracotanza, proprio come l'eroe punito da Dante nell'Inferno
Gp Francia, se Valentino è come Ulisse
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C’è una suggestione vagamente letteraria nella caduta con cui Valentino Rossi, domenica nel Gran Premio di Francia, ha gettato al vento il primato nella classifica piloti della MotoGp. Valentino come Ulisse, non quello omerico, ma l’Ulisse punito nell’Inferno dantesco, l’eroe astuto e tracotante che ha nella propria natura un istinto a peccare di hybris per poi perdersi, fatalmente, nella ricerca del limite, in quel superamento che non arriva.

Per Ulisse da inseguire è la conoscenza, per il fuoriclasse di Tavullia, meno poeticamente, il decimo titolo in un Mondiale che, contro i pronostici della vigilia, lo vedrà tra i protagonisti. Così, a Le Mans è accaduto proprio ciò che non ci si sarebbe aspettati dalla nuova versione di Rossi: non tanto l’errore che, all’ultimo giro, gli è costato il controsorpasso operato da Viñales, quanto la successiva caduta causata dalla ferrea volontà di non accontentarsi di un secondo posto che, comunque, lo avrebbe mantenuto in vetta nella classifica generale. E invece eccolo a terra, una caduta da pivello lui che pivello non lo era nemmeno da ragazzino, la M1 che si spegne nella ghiaia come vendetta per la ricerca di quel decimo in più, Viñales che vince e va in testa al Mondiale, il francese Zarco che festeggia un insperato secondo posto e persino Pedrosa che, con i punti del terzo, lo scavalca tra i piloti.

"Nella vita ci sono giorni in cui bisogna essere intelligenti e lasciar perdere, altri in cui bisogna provarci per non rischiare di non essere in pace con sé stessi", avrebbe detto il Dottore a gara terminata: la gara di Le Mans va incastrata nella seconda categoria, dove però la hybris sotto forma di agonismo gli si è ritorta contro. Un peccato perché, sino a questo punto, la stagione di Rossi si era rivelata all’insegna dell’intelligenza strategica, a partire dalla prima sfida in Qatar: a fronte della consapevolezza di aver trovato nello spagnolo un compagno di squadra-rivale più veloce, Valentino non ha concesso nulla al rischio, massimizzando con grande saggezza, in termini di punti, prestazioni senza particolari sbavature. In questo modo si spiegano i piazzamenti che gli erano valsi il primato pur senza avere mai tagliato il traguardo davanti a tutti.

Questa volta è andata diversamente e ha riso Viñales, uno che vive di altissimi e bassissimi, mentre Rossi può solo rilanciare pensando al Mugello tra due settimane, e chissà se lo sviluppo della gara porterà a lasciar perdere, accontentandosi comunque di non poco, o di riprovarci ancora.Ma l’Ulisse dantesco, per dirla tutta, sconta la sua pena nell’VIII Bolgia dell’VIII Cerchio, vale a dire fra i consiglieri fraudolenti, ciò che proprio a Valentino non si addice, e la grande differenza è qui. Prova ne sia che, in Moto2, primo e secondo a Le Mans hanno chiuso due suoi "figliocci"prediletti, talenti cresciuti nel Ranch di Tavullia sotto la sua ala protettrice. Primo Franco Morbidelli, al quarto successo in cinque gare e sempre più leader del Mondiale, secondo Francesco Bagnaia, al secondo podio di fila sulla Kalex dello Sky Racing Team VR46.

È una generazione che cresce nel nome di Rossi e dei suoi consigli, sfruttando nel modo più fruttuoso la vicinanza. Non a caso nella gara di Bagnaia si è visto l’altro Rossi, quello calcolatore, quello dei giorni nei quali lasciar perdere vale doppio: avrebbe potuto forzare per conquistare tutto, ha preferito però mantenere ciò che nessuno gli avrebbe tolto. E l’ha portato a casa, con tanto di applausi.

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