martedì 24 aprile 2018
Presentati i nuovi spazi, con 250 pezzi: l’azienda di Pontedera si racconta dal mito della Vespa ai marchi Aprilia, Gilera e Moto Guzzi. Colaninno: «Il luogo del genio italiano»
L’evoluzione nel tempo della Vespa Primavera, lanciata nel 1968 e di cui ricorre il 50° anniversario

L’evoluzione nel tempo della Vespa Primavera, lanciata nel 1968 e di cui ricorre il 50° anniversario

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Siamo in casa Piaggio. Un P148, aereo biposto da addestramento acrobatico del 1951, domina il piazzale d’ingresso come se ci trovassimo su una pista di atterraggio. Un gioiello dei cieli (d’altri tempi) ricorda le origini. Come ricorda le origini un esemplare di motrice ferroviaria M2 DE 54 (del 1936) utilizzato dalle ferrovie Calabro-Lucane che “sfonda” una vetrata. Nelle origini più lontane ci sono anche motoscafi antisommergibili. Poi arrivò l’intuizione dell’ingegnere Corradino d’Ascanio di mettere le «eliche su due ruote». In strada. Due ruote speciali, che andassero oltre la tradizionale motocicletta e che «costasse poco»: la Vespa, che Enrico Piaggio lanciava nel 1946 come la moto della rinascita, quando l’Italia doveva risollevarsi dalle macerie del conflitto mondiale e rimettersi in moto. Pezzo iconico, mito senza tempo della storia industriale del gruppo nato a Sestri Levante nel 1884 e che poi, dopo l’acquisizione dello stabilimento di Pontedera, nel 1924, fece qui il cuore produttivo. A Pontedera, in provincia di Pisa, fra gli stabilimenti dove lavorano oltre 3mila lavoratori e ogni giorno si producono e si assemblano centinaia di scooter, la Piaggio si racconta.

Dal 2000, anno della sua fondazione, a oggi 600mila persone hanno visitato il museo d’impresa, di fatto un museo della Vespa, dove ripercorrere la storia dell’icona del design italiano. Oggi il museo raddoppia la sua esposizione permanente (passa da 3000 a 5000 mq grazie al recupero e al restauro di antichi siti industriali, mettendo in mostra 250 preziosi pezzi, oltre a 340 mq dedicati a mostre temporanee) diventando il più grande del settore motociclistico in Europa. Piaggio si presenta adesso come gruppo, con tutti i prodotti e i progetti che nel tempo hanno rivoluzionato la mobilità. Perché oltre la Vespa c’è di più. E se è vero, come racconta una famosa e rivoluzionaria campagna di comunicazione «Chi “Vespa” mangia le mele (chi non “Vespa” no)» – con una mela rossa morsicata quasi un prototipo del marchio di Apple – ci sono altri marchi, altri prodotti che hanno accompagnato la storia di Piaggio e del Paese: l’Ape, il Ciao, e poi tutte le moto Gilera, Aprilia e Moto Guzzi. «Questo è il posto della nostra storia – ha detto il presidente Roberto Colaninno, durante l’inaugurazione dei nuovi spazi –. Mi piace definire questo luogo non un museo, che guarda al passato, ma un’esposizione permanente dell’ingegno italiano, che guarda al futuro. In questi decenni abbiamo avuto anche momenti difficili che abbiamo superato con le nostre capacità di italiani. I musei di solito si fanno per qualcosa che non c’è più, noi invece continuiamo a esserci e ci saremo in futuro dando ancora tante soddisfazioni».

Un legame con Pontedera che quindi si rafforza. La parte dell’archivio storico all’interno del museo racconta anche con una carrellata fotografica questo rapporto antico fra fabbrica e territorio, con le scuole, le attività sportive, il senso di una fabbrica-comunità. Arrivando in paese, un cartello stradale indica i luoghi importanti: il municipio, la caserma dei Carabinieri, l’agenzia delle Entrate. E lo stabilimento Piaggio. Perché Pontedera è Piaggio. E Piaggio è Pontedera. Anche se il gruppo può contare adesso in vari stabilimenti nel mondo (per esempio in Vietnam, Cina e India), la casa è qui. «A Pontedera rappresentiamo la creatività del made in Italy che si manifesta in tutta la sua completezza – ha aggiunto Colaninno –: perché quello che è stato fatto e prodotto nel ’46 è qualcosa di unico, di leonardesco, questo non bisogna dimenticarlo perché vuol dire che l’intelligenza umana è la garanzia della prosperità».

Proprio per questo, entrando nella storia di Piaggio, il mondo Vespa resta centrale, con tutti i modelli prodotti e i rari e preziosi prototipi degli anni Quaranta, a cominciare dal MP5, conosciuto come “Paperino”, primo esercizio di Piaggio sul tema scooter, prodotto in pochissimi esemplari tra il 1944 e 1946, e l’MP6, il vero prototipo di Vespa uscito dalla matita di Corradino d’Ascanio nell’autunno del 1945. Ci sono pietre miliari, quali la Vespa 125 del 1951, la rara Vespa “U” del 1953, la GS 150 del 1955, secondo molti lo scooter più bello mai realizzato, le cui proporzioni perfette hanno segnato per sempre il design della Vespa. E poi la 125 Primavera del 1968 che quest’anno per i suoi cinquant’anni è stata presentata in una speciale versione “Anniversario”. Ma c’è anche la mitica Vespa P125X del 1977 fino ai modelli più recenti come quelli realizzati nel 2016 per il 70°, fra cui spicca il gioiello Vespa 946. Tra i pezzi più rari la Vespa Sei Giorni numero 94 guidata da Giuseppe Cau nel corso della gara del 1951 nella quale la squadra corse Piaggio si aggiudicò ben 9 medaglie. Il pilota, oggi novantenne, ha partecipato all’inaugurazione con emozione e orgoglio: «Qui c’è un pezzo di storia del Paese. E siamo sempre in pista». Un’area speciale è dedicata alle Vespa che hanno affrontato lunghi e avventurosi viaggi intorno al mondo. Tra di esse, la Vespa Dalí, una Vespa 150 S di produzione spagnola con la quale, nel 1962, due studenti universitari, Antonio Veciana e Santiago Guillem, partirono da Madrid per un “giro del mondo in Vespa in 79 giorni”. Prima di cominciare l’avventura Veciana e Guillem si recarono a Cadaques, dove il pittore surrealista Salvador Dalí volle decorare in modo bizzarro la carrozzeria della Vespa, apponendovi la sua firma e il nome della compagna e musa ispiratrice Gala.

Dopo il “monopolio” del marchio Vespa, l’esagono Piaggio si afferma con il successo dei ciclomotori: i cinquantini Ciao e poi Bravo, Boxer, Sì rappresentano la prima motorizzazione, e quindi libertà, per ragazze e ragazzi degli anni ’70. Una vera rarità è il primo prototipo di ciclomotore del 1955, ideato da d’Ascanio di cui è stato riprodotto uno studiolo con il suo tavolo da disegno e alcuni schizzi della prima Vespa. Innovazioni che si parlano con le innovazioni più recenti, come MP3, il primo scooter a tre ruote. La collezione Ape spazia dal primo modello, nato nell’immediato dopoguerra per rimettere in moto i piccoli traffici merci, all’Ape Calessino del 1956 pensato per il trasporto dei passeggeri o l’Ape carretto siciliano, modello unico interamente dipinto a mano dal pittore Roberto Caputo nel 2008. La prima motocicletta costruita da Giuseppe Gilera apre un percorso cronologico fra i numerosi esemplari che hanno segnato la storia della casa motociclistica di Arcore, acquisita da Piaggio nel 1969: dalla VT 317 del 1909, la capostipite, si passa alla Gilera Rondine (anche in versione carenata), la moto che nel 1937 frantumò i primati sui 50 e 100 chilometri e sulle 50 e 100 miglia e sull’ora sfrecciando a quasi 250 km/h. Da allora la carriera della Rondine è costellata di record di velocità e di affermazioni mitiche quali quelle di Monza e alla Milano-Taranto nel 1937.

Novità assoluta una piccola ma preziosa selezione di Moto Guzzi, tra cui si segnala un esemplare delle straordinaria Moto Guzzi V8 del 1957, un capolavoro di meccanica, una delle moto più famose di ogni epoca. In casa Aprilia ecco le moto campioni del mondo: la RS 125 che, nel 1997, vide Valentino Rossi trionfare per la prima volta, le RSV 250 con cui Loris Capirossi e Manuel Poggiali primeggiarono rispettivamente nel 1998 e nel 2003 e la RSV4 Factory che portò Max Biaggi alla vittoria nel mondiale SBK del 2010. Insomma, a Pontedera c’è tutta la storia e il futuro che si mettono in moto.

Quando si esce, ecco ancora il P148. L’aereo. E si pensa che è possibile volare anche restando a terra. Sulle ali dell’innovazione e delle rivoluzioni che hanno permesso al Paese, agli italiani e sempre più nuovi mercati, di muoversi, di viaggiare, di sognare. Anche con due sole ruote. Con quella “leggerezza” che Gregory Peck e Audrey Hepburn hanno reso magica e immortale, nel 1953, vagando con una Vespa 125 per le strade della Capitale nelle loro Vacanze romane. Quel sogno continua. Ed è il motore del futuro. Non solo di Piaggio.

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