giovedì 26 maggio 2016
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Ha fotografato mezzo secolo di storia del Giappone, i 50 anni che hanno trasformato il Paese del Sol Levante in modo ancora più radicale che in Occidente. Cambiamenti passati attraverso una guerra tragica conclusa nel modo peggiore, i “test nucleari” americani sulla popolazione civile di due città. Ma Domon Ken (1909-1990) ha raccontato anche le città e le persone, le tradizioni e l’arte dei templi buddisti. Al grande fotografo giapponese - un maestro assoluto della fotografia giapponese, iniziatore della corrente del realismo sociale – è dedicata la mostra al Museo dell’Ara Pacis di Roma, la prima fuori dai confini del Giappone. Circa 150 foto in bianco e nero e a colori scattate tra gli anni ’30 e gli anni ’70 raccontano l’evoluzione di questo artista che parte dal fotogiornalismo, passa per la propaganda, approda alla fotografia sociale e di denuncia delle condizioni di vita dei figli dei minatori del Sud del Paese fino alle foto drammatiche di Hiroshima, per approdare poi a una dimensione più spirituale e meditativa ricercata prima nei ritratti di artisti giapponesi e poi direttamente nell’arte degli antichi templi buddisti. 1.-DOMON KEN.JPGPesca all'Ayu, 1936 Artista moderno e aperto alle influenze dei movimenti del ‘900, verrà soprannominato “Il Cartier-Bresson giapponese” per la sua capacità di raccontare il suo popolo. Il suo realismo sociale è ispirato anche dalla mostra a Tokyo nel 1951 di giganti della fotografia come appunto Henry Cartier-Bresson, Robert Doisneau e Brassai. Quando negli ultimi anni un’emorragia cerebrale lo costringerà sulla sedia a rotelle e si dedicherà con passione alla pittura, sceglierà come psedudonimo “Domodigliani”, in omaggio all’artista italiano che più di altri lo aveva ispirato.

Bagno presso il fiume davanti allo Hiroshima Dome, 1957I reportage su Hiroshima sono probabilmente il punto più alto e sicuramente il più drammatico della sua opera. Domon Ken arriva nella martoriata città nel 1957 e racconta con la sua macchina a telemetro le devastanti conseguenze delle radiazioni, ancora dodici anni dopo dalla bomba: le distruzioni, i tumori, la chirurgia plastica.

Allenamenti degli allievi del corpo della Marina, 1936Foto che scuoteranno il Giappone, mostrando il dolore e la sofferenza di una tragedia che il Paese cercava di dimenticare e nascondere come una colpa vergognosa. Perché a dispetto del soprannome affibiatogli dai suoi collaboratori e discepoli – “il diavolo” - per il suo carattere burbero e spigoloso, Domon Ken rivela nelle foto di Hiroshima come nelle serie sui figli dei minatori di Koto e Chikuho, poveri o orfani , una grande umanità e compassione.

Donne a passeggio, 1950La mostra ha anche il pregio di far varcare i confini del Giappone all’opera di un artista adorato in patria – a Sakata, città Natale, nel 2003 è nato il primo museo giapponese dedicato a un fotografo – ma poco noto all’estero: il catalogo della mostra, edito da Skira, è il primo libro su Domon Ken non in giapponese.11.-DOMON-KEN.jpg

Rumie, 1959 Domon Ken. Il Maestro del realismo giapponese. Roma, Museo dell’Ara Pacis, dal 27 maggio al 18 settembre 2016

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