sabato 21 marzo 2020
Si è spento questa mattina all'ospedale di Senigallia (Ancona) per un attacco cardiaco. Aveva 74 anni
Il giornalista e scrittore Gianni Mura

Il giornalista e scrittore Gianni Mura - Ansa

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È morto questa mattina per un attacco cardiaco improvviso il giornalista e scrittore Gianni Mura, dal 1976 storica firma di Repubblica. Mura, 74 anni, si è spento all’ospedale di Senigallia (Ancona). Era nato a Milano nel 1945, e ha scritto pagine memorabili sullo sport e l’Italia degli ultimi decenni, dal calcio al ciclismo. Nel 2007 scrisse il suo primo romanzo, "Giallo su giallo", che vinse il Premio Grinzane: è stato tra i più grandi raccontatori del Tour de France.

Era un "maestro" per tutti coloro che fanno il suo stesso mestiere. Aveva raccolto il testimone di sommo narratore di sport da un altro che, come lui aveva scritto pagine indelebili e aveva il suo stesso nome: Gianni Brera. Con il quale Mura condivideva anche la passione per la buona tavola, e per il vino inteso innanzitutto come cultura da studiare, e poi spiegare. Non a caso, firmava anche rubriche enogastronomiche. Imperdibile, per gli amanti del genere il suo libro Non c’ègusto, un tour nella società italiana «delle trattorie, spina dorsale di questo Paese», ovviamente riferito all’Italia. Nessuno come lui ha raccontato il ciclismo, in particolare il Tour de France (la prima volta lo seguì che aveva appena 21 anni), e chi amava questo sport non poteva proprio fare a meno di leggerlo. Conversatore e piacevole, mai banale, sapeva molto di calcio ma non faceva mai trasparire la propria passione. Ma anche lui aveva una sua squadre del cuore, che era l’Inter. Un giorno però volle puntualizzare che «tifavo Inter fino alla cessione di Angelillo. Ora non sono più interessato, anche se mi riservo la possibilità di appassionarmi alle squadre minori. Mi piace l’Atalanta». Una volta si lasciò andare rivelando quali fossero stati i suoi campioni preferiti: «Mennea, Sara Simeoni, Riva e Scirea». Uno che invece detestava «è stato Mourinho». Celebri anche certe sue frasi come «lo sport avrà tanti difetti, ma a differenza della vita nello sport non basta sembrare, bisogna essere». O anche «diceva un allenatore argentino: metto in campo benissimo i giocatori, il guaio è che poi si muovono». E ancora: «Prima che in bravi o cattivi, i giornalisti si distinguono in: con la gastrite o senza». Le ritirava fuori nei momenti di pausa dal lavoro, con quel sorriso da persona mite qual era. Il calcio di oggi non gli piaceva più, "perché i giocatori di oggi sono inavvicinabili, e se li avvicini ti dicono tre banalità». Ma continuava a scriverne con passione e competenza e con quel tocco da fuoriclasse della tastiera. Però non gli passava il magone per il fatto che il gioco fosse diventato troppo calcolatore e attendista «per cui fare un dribbling è quasi una colpa».

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