venerdì 17 luglio 2015
Uruguayani e brasiliani, per motivi opposti, non lo dimenticheranno mai. Fu protagonista con la "Celeste" del "Maracanaço" di Rio nel 1950. (Massimilano Castellani)
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Uruguayani e brasiliani, per motivi opposti, non dimenticheranno mai Alcides Ghiggia che si è spento all'età di 88 anni. Se ne va un mito del calcio, protagonista con la "Celeste" del "Maracanaço" di Rio: la finale Mondiale del 1950 vinta dall'Uruguay (2-1) davanti a 200mila spettatori sotto choc. Ghiggia servì l'assist del pari a Schiaffino, poi (al 79') segnò il gol del sorpasso. Era il 16 luglio quel giorno che ha segnato la storia del calcio brasiliano, e il 16 luglio di 65 anni dopo Ghiggia è volato via, per sempre. Una fine ingloriosa: da tempo viveva dimenticato alla periferia di Montevideo. Per "campare" concedeva interviste solo a pagamento, in cui Ghiggia amava sottolineare: «Tre uomini hanno potuto zittire il Maracanà con un gesto: il Papa (Giovanni Paolo II), Frank Sinatra e io». Un "hombre vertical" Ghiggia, al quale l’Uruguay si prepara a dare l’ultimo addio. Il saluto finale all’ultimo campione del mondo di quella straordinaria “Celeste”. Un eroe nazionale al quale verrà concessa la sepoltura nel “panteon de los Olimpicos” del cimitero del Buceo di Montevideo. Qualche ora dopo aver appreso la notizia della morte, la federcalcio uruguaiana ha proclamato tre giorni di lutto. Lo ricordano con cordoglio anche le due società italiane in cui Ghiggia ha militato nel decennio 1953-’62, Roma e Milan, prima di tornare a chiudere la sua carriera con il Danubio. Con la nazionale disputò solo 12 partite, realizzando 4 gol e quello alla Seleçao nella finale di Rio rimarrà per sempre. Tant’è che la federazione brasiliana in una nota ha sottolineato la propria «solidarietà nei confronti dei fratelli uruguaiani - ricordando - l’autore del gol che ha dato all’Uruguay il campionato mondiale. Ghiggia, si è contraddistinto non solo sul campo di gioco ma anche per l’estremo rispetto nei confronti della tristezza del popolo brasiliano dopo tale sconfitta». Un riconoscimento che fa il paio con quello che il Brasile gli aveva già tributato qualche anno fa inserendolo nella speciale “hall fame”. A commentare in Uruguay la morte di Ghiggia sono stati tra gli altri il presidente Tabarè Vazquez e il suo predecessore, Josè “Pepe” Mujica. «È un dolore profondo», ha detto Vazquez, sottolineando «l’ironia della vita» per il fatto che Ghiggia è morto in coincidenza con il 65° anniversario del Maracanaçò. Ieri, 16 luglio, è stata una giornata in cui dovevamo festeggiare e invece ci siamo trovati a dover scambiare la felicità per la tristezza». A scacciare la tristezza ci pensa l’ex presidente “Pepe” Mujica che ricordando quella vittoria del ’50 e il gol vincente di Ghiggia ha detto: «L’unica volta che ho visto un’esplosione di gioia così nel popolo uruguaiano, è stata solo quando è finita la dittatura». Potere del calcio e di uno dei suoi eroi esemplari che se ne va, ma lascia dietro di sé una Coppa Rimet piena zeppa di emozioni mondiali.
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