venerdì 28 aprile 2017
L’educatrice riflette sul valore del linguaggio, «un insieme di suoni con il quale l’essere umano esprime un’idea. E si associa»
Maria Montessori (1870-1952)

Maria Montessori (1870-1952)

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Che cosa è il linguaggio umano? In sé è un soffio che suona attraverso degli strumenti musicali, le corde vocali. Queste vibrano e rendono la voce sonora; la voce passa attraverso la bocca come in un tubo risonante. Qualche volta però la bocca prende quella musica e la imprigiona ora tra i denti e la lingua, ora tra le labbra e ne fa uscire fuori suoni spezzettati che articola. Quella musica della voce (vocali) si combina con i suoni determinati tra le varie parti della bocca che perciò consuonano (consonanti): è con tali mezzi che si forma il linguaggio articolato. L’essere umano ha avuto dalla natura il dono di aggiustare questi strumenti in modo da fissare suoni che si possono distinguere l’uno dall’altro.

I suoni non sono molti: sono forse venti o trenta. La lingua italiana per esempio si forma effettivamente con ventuno suoni: cinque vocali – a, e, i, o, u– e quindici consonanti: b, c, d, f, g, l, m, n, p, q, r, s, t, v, z (oltre h che non ha suono). Venti suoni distinti, combinati tra loro in tutti i modi possibili, possono fare un numero infinito di gruppi, cioè di unione di suoni che tra loro formano una parola. Se si potessero fissare in uno strumento meccanico venti suoni per combinarli secondo quanto insegna la matematica, col procedimento detto delle “combinazioni e permutazioni”, ne verrebbero fuori milioni e milioni di parole. Secondo Max Müller, il numero di parole che si potrebbero ottenere con ventiquattro lettere sarebbero circa seicentomila quadrilioni (600.000.000.000.000.000.000.000). Ma queste combinazioni di suoni non sarebbero veramente parole. Parola è un insieme di suoni con il quale l’essere umano esprime un’idea. È dunque l’idea, e non la combinazione di suoni, che origina veramente la parola. Perché una parola indichi un’idea, bisogna che un gruppo di umani ne stabilisca il significato: “Adesso siamo d’accordo: quando manderemo fuori questa parola ci intenderemo”.

Dunque, per stabilire una parola ci vuole un accordo tra persone che vogliono scambiarsi tra loro idee. Il pensiero umano sarebbe inutile se non si potesse comunicare con gli altri: è la parola che permette agli uomini di associarsi. Essi non potrebbero lavorare d’accordo né spostarsi da un luogo all’altro se non si comprendessero. L’episodio biblico della Torre di Babele racconta del grande edificio che doveva arrivare fino al cielo, tanti erano i materiali e gli operai per costruirla, ma quando mancò il linguaggio comune e gli uomini non poterono più comprendersi tra loro, dovettero lasciare a metà la costruzione benché non mancassero operai, né materiali, né buona volontà. C’è stato un tempo in cui gli esseri umani non avevano ancora una terra da coltivare, né una casa da abitare, ma avevano già un linguaggio. Con l’aiuto del linguaggio poterono riunirsi per lavorare insieme, per coltivare la terra, per costruire case e per spostarsi attraverso i continenti. Mettere insieme parole che hanno questo grande ufficio non significa soltanto esprimere idee.

Non è soltanto un lavoro dell’intelligenza; ma è anche un tesoro, una proprietà importantissima. E gli uomini la trasmettono di generazione in generazione. Si formano sempre nuove parole, si modificano quelle che già esistono, si fanno suoni in se stessi più alti, più bassi, più chiusi, più aperti; così avviene l’evoluzione del linguaggio. Ma occorre sempre che gli individui fissino tutte le modificazioni e che siano tutti d’accordo nell’accettarle, perché si tratta appunto di capirsi. La lingua è ben più che una bandiera per un popolo, il suo significato è l’unione nella concezione più alta. Ed è anche simbolo di vita realmente passata nel mondo tra esperienze e lavori, tra lotte e vittorie sulla natura, come la bandiera passata sui campi di battaglia.

Ogni parola è una convenzione fra uomini che ne mantengono il segreto. Non lo fanno apposta: è il linguaggio stesso che ha questo carattere e tiene nascosto ad altri popoli quel- lo che un popolo costruisce per sé. Infatti, se non si sa come siano state combinate e stabilite le parole, non si può capire un linguaggio; quindi ogni gruppo umano ha una proprietà condivisa: è la sua lingua. Se un gruppo si è diviso in altri gruppi, ciascuno di questi ha operato modificazioni, inventato nuove parole, a poco a poco i linguaggi si sono differenziati fino al punto di non potersi più comprendere l’un l’altro. Dunque il linguaggio è parte della storia dell’umanità. È per mezzo del linguaggio che uomini e donne si sono trasmessi la loro storia passata ed è così che le successive generazioni hanno trovato nel linguaggio la propria continuità e insieme la conoscenza dei loro avvenimenti. Mentre gli individui morivano e sparivano, il linguaggio rimaneva, facendo di essi una civiltà e una storia. Sappiamo quanto una lingua sia complicata: perché sia comprensibile bisogna prima riconoscere i suoni che hanno differenze quasi impercettibili e poterli poi riprodurre esattamente con gli organi della fonazione. Si sa quanto sia difficile farlo: non si riesce se si vuole parlare una lingua straniera, infatti in questo caso rimane sempre un accento che denuncia una diversa origine.


Una lingua invece deve essere trasmessa esattissimamente perché si conservi. Chi presiede a conservare questa esattezza assoluta? Com’è che, anche attraverso i secoli, rimangono inalterati quei suoni? Qual è lo strumento che controlla e conserva tale integrità? Uno strumento ci deve essere: certo non sarà una macchina, perché tra i dialetti e le lingue di popoli [cosiddetti] poco civilizzati avviene lo stesso fenomeno. D’altra parte si conosce presso qualche civiltà un deposito speciale per conservare inalterata la purezza dei suoni? No, non si conosce, non esiste. È la natura che vi ha provveduto. Chi può udire perfettamente ed esattamente riprodurre i suoni del linguaggio articolato è il bambino, nessun altri che lui. Il bambino molto piccolo ha una speciale sensibilità al linguaggio che lo rende appassionatamente attento ai suoni della parola che sente pronunciare intorno a sé. I suoi organi del linguaggio sono ancora inerti, ma egli li anima perché riproducano i suoni ripetutamente ascoltati.

Dopo lunga fatica e con molti sforzi graduali, il bambino riesce a riprodurre esattamente i suoni, ascoltando, ripetendo, inventandone: nella tenera età in cui esiste il meraviglioso periodo sensitivo del linguaggio egli vive a contatto con la mamma e da lei assimila in modo perfetto una lingua chiamata materna. È l’unica lingua che ogni essere umano può pronunciare perfettamente: è la sua lingua e nella massima parte dei casi è il linguaggio della sua razza. Non è però perché si appartiene ad una razza che se ne parla bene la lingua, ma perché è la lingua che si è sentita parlare durante il periodo sensitivo [nell’infanzia]. Spesso i figli di italiani emigrati, nati tra popoli che parlano altre lingue, finiscono per parlare perfettamente il linguaggio straniero e conservano l’accento straniero quando parlano italiano. Dunque il linguaggio, benché creato dall’adulto, è mantenuto dal bambino. In questo gioco tra le due età si attua la formazione e la conservazione naturale del linguaggio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il linguaggio è parte della storia dell’umanità. Ma chi ne può conservare l’esattezza assoluta? «Certo non sarà una macchina. È il bambino che vive a contatto con la mamma e da lei assimila in modo perfetto la lingua materna»

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