venerdì 11 aprile 2014
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"Si alza il vento". Il 'vento caldo dell’ani­mazio­ne', il vento che Hayao Miyazaki ha por­tato nella storia del cinema, rega­lando allo spettatore la gioia del sogno, la gioia dell’amore e la gioia di avere una passione e coltivarla come un dono. Si alza il vento è l’ultimo film del maestro giappo­nese (nelle sale italiane dal pros­simo 14 settembre per Lucky Red) che racchiude in due ore indi­menticabili il suo testamento ci­nematografico. E per non smette­re di sognare con il cinema di Miyazaki, Lucky Red ha deciso di riportare, con un nuovo doppiag­gio e un nuovo restauro digitale, due capolavori del passato: La Principessa Mononoke, distribui­ta dall’8 al 15 maggio, mentre dal 25 al 27 giugno La Città incanta­ta, Orso d’oro al festival di Berlino nel 2002 e Oscar nel 2003.  Tre uscite importanti e coraggio­se, distribuite durante tutto l’an­no, che rimettono al centro la ca­pacità che ha avuto Hayao Miya­zaki di ribaltare un’arte troppe vol­te relegata al mondo spettacolare e divertente per l’infanzia. E men­tre il mondo della letteratura giap­ponese sembra farsi sempre più confinato nel nichilismo, il mon­do dell’arte cinematografica nip­ponica, grazie alle opere di Miya­zaki e dei suoi collaboratori, è di­ventato un universo dove trovano spazio gli adulti con le loro soffe­renze, le loro impotenze, ma an­che i loro sogni e la loro fantasia. Basta pensare alla doppia citazio­ne del suo film testamento, Si al­za il vento. La prima, ispirata dal­la poesia Il cimitero marino di Paul Valery («Il vento si alza. E bisogna provare a vivere»), e la seconda che trae spunto dal ghibli, ovvero il vento caldo del Sahara, che dà il nome allo Studio Ghibli, la casa di produzione fondata nel 1985 da Miyazaki insieme a Isao Takaha­ta. Creatore di cartoni animati entrati nell’immaginario collettivo come Heidi, Lupin, Conan il ra­gazzo del futuro, Miyazaki, ispira­to dai manga e dalla letteratura per l’infanzia, dà vita a mondi e creature fantasiose, ma sempre piene di significato. E ogni pelli­cola diventa un viaggio dove il pro­tagonista impara ad avere fiducia in sé e nel bene che c’è negli altri.  Come Chihiro, la ragazza protago­nista de La città incantata, chia­mata a liberare i genitori da un in­cantesimo che li ha trasformati in suini. O come A­shitaka, coprota­gonista de La principessa Mono­noke, che, pur essendo vittima di una maledizione, si trova a dover far comprendere alle creature del bosco e agli uomini che il male è il risultato del rancore, della pau­ra e di un cuore ingordo. E se si de­ve parlare di un antagonista, Miyazaki non ha mai avuto dub­bi: l’origine del male è sempre l’e­goismo e l’incapacità di rispetta­re i desideri e le necessità degli al­tri. Capacità che hanno invece le protagoniste femminili, nel loro delicato apporto per sostenere e redimere l’uomo. Occupa un po­sto importante anche la vecchiaia, mai raccontata, a differenza di alcu­ni canoni estetici contemporanei, come un limite o un peso. Emble­ma di questo to­pos è il personag­gio di Sophie de Il castello errante di Howl, trasformata in un’anziana per un incantesimo a opera della strega delle Lande. Le debolezze della condizione fisica, perciò, non di­minuiscono la grandezza d’ani­mo di Sophie e il passaggio da un’età all’altra migliora la sua per­sonalità. La fantasia, cifra stilistica di tutte le storie di Miyazaki, raggiunge il culmine con gli aerei, che hanno un posto privilegiato anche in Si alza il vento. Miyazaki, che cono­sceva il peso delle contraddizioni dell’uomo, non ha avuto paura di fare vedere le conseguenze deva­stanti della tecnologia: gli aerei di avanguardia, gli Zero, modello Mitsubishi A6M (inventati dal protagonista Jiro Horikoshi e rea­lizzati, in parte, dall’industria fon­data dal padre e dallo zio dello stesso regista) furono utilizzati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale. Ma allo stesso tempo quelle macchine da guer­ra sono, prima di tutto, per Miya­zaki lo strumento ideale che l’uo­mo ha per volare alto, per conqui­stare indipendenza e libertà, e per non smettere di vivere e di sogna­re.  Con Si alza il vento il settanta­treenne maestro giapponese ha scelto di dare il suo addio all’ani­mazione, lasciando la certezza che l’arte cinematografica è un’avven­tura poetica e appassionata dove la vita ha sempre significato.
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