martedì 2 febbraio 2016
Misericordia, film da Giubileo
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Qualche associazione risulta immediata, mentre in altri casi il percorso è più sottile, ma non per questo meno convincente. Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani, per esempio, è il film più adatto per affrontare i problemi del carcere: interpretato dai detenuti di Rebibbia, è la cronaca appassionata e poetica di una messa in scena del Giulio Cesare di Shakespeare tra le mura del penitenziario. Il collegamento tra il raffinato Woman in Gold di Simon Curtis e l’opera di misericordia corporale che raccomanda di “seppellire i morti” richiede invece un supplemento di attenzione. In apparenza il film ricostruisce il recupero di un celebre dipinto di Gustav Klimt dopo la Seconda guerra mondiale, ma quella “donna in oro” ha un’altra storia da raccontare, legata al lutto e alla memoria, nel segno della Shoah. Cinema e misericordia, dunque. O il cineforum del Giubileo, se si preferisce. A proporlo, con cadenza settimanale, è un’iniziativa on line realizzata dalla Commissione nazionale valutazione film della Conferenza Episcopale Italiana e dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in accordo con l’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei. Un titolo alla settimana, da qui alla fine dell’Anno Santo straordinario, per un percorso di riflessione e approfondimento che restituisce al cinema la sua capacità di rappresentare la realtà e, insieme, di suscitare dibattito. Le modalità sono semplicissime: ogni giovedì nel sito della Commissione (www.cnvf.it, nella sezione “Sguardi di fede”) e nel portale dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali (www.chiesacattolica.it/ GMCS2016) viene pubblicata una scheda che presenta il film scelto a rappresentare una delle opere di misericordia corporali e spirituali su cui si basa la parte iniziale del cammino. La prima proposta, in rete dal 28 gennaio, riguarda In grazia di Dio di Edoardo Winspeare, film italiano del 2014 che si lega alla pratica di “dar da mangiare agli affamati”. Nella fattispecie, si legge nella scheda, risulta decisivo il ruolo «giocato dalla terra, dalla natura, speranza di sopravvivenza e di riscatto». Tra pochi giorni sarà disponibile un nuovo suggerimento, relativo a “dar da bere agli assetati”: la scelta è caduta su Tracks di John Curran, ispirato alla traversata del deserto australiano compita nel 1977 dalla fotografa Robyn Davidson. A seguire dall’11 febbraio The Judge di David Dobkin (il “vestire gli ignudi” è evocato attraverso un serrato contrasto fra padre e figlio) e poi La prima neve di Andrea Segre (dal 18 febbraio: i pellegrini da alloggiare sono i profughi in fuga dall’Africa), Mia madre di Nanni Moretti (dal 25 febbraio, è l’acclamato diario di una famiglia al capezzale della madre malata) e i già ricordati Cesare deve morire (dal 3 marzo) e Woman in Gold (dal 10 marzo). Esaurite le opere di misericordia corporale, dal 17 marzo si affrontano quelle spirituali con Ida del polacco Pawel Pawlikowski, cronistoria di una contrastata vocazione religiosa che permette di soffermarsi sul “consigliare i dubbiosi”. Le indicazioni successive sono Francofonia di Aleksandr Sokurov per “insegnare agli ignoranti” (dal 31 marzo), La legge del mercato di Stéphane Brizé (dal 7 aprile: come “ammonire i peccatori” nel marasma della crisi economica?), il biografico Chiamatemi Francesco di Daniele Luchetti (dal 14 aprile la vita di Jorge Mario Bergoglio diventa l’emblema del “consolare gli afflitti”), il toccante Philomena di Stephen Frears (dal 21 aprile: l’offesa da perdonare investe la sfera più intima, quella della maternità negata), Leviathan del russo Andrey Zvyagintsev (parabola su corruzione e sopportazione, dal 28 aprile) e infine un titolo italiano da riscoprire, L’attesa di Piero Messina (dal 5 maggio), nel quale l’urgenza di “pregare per i vivi e per i morti” recupera tutta la sua drammatica, umanissima urgenza.
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