martedì 19 novembre 2013
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Il collezionista, scrive Martina Mazzotta nel catalogo della mostra Wunderkammer bipartita fra Museo Poldi Pezzoli e Gallerie d’Italia in Piazza della Scala, è un melanconico. È uno che soffre, possiamo dire, di bulimia possessiva a sfondo intellettuale. Il collezionista non è affatto un essere disinteressato: vive una passione, amorosa o di altro tipo, per qualcosa che desidera nella sua totalità, perché il possederlo gli comunica un senso di pace e sicurezza. Il collezionista - nei secoli d’oro in cui nascono studioli e Wunderkammer, vale a dire fra XV e XVII secolo, era spesso proprio un sovrano, papi e cardinali, qualche notabile con inclinazioni intellettuali – argina la sua ansia da perturbante componendo un teatro del mondo dove cose naturali, cose scientifiche, cose d’arte (anche musicali) si sposano per ricomporre l’unità dei saperi, quindi un’immagine di cosmo. Fragile baluardo contro la percezione di un’assenza: l’uomo «misura di tutte le cose» secondo Pico ha generato l’uomo eccentrico, un essere che col progredire del sapere scopre un universo smisurato sentendosi disperso e in balìa delle forze della natura. È sicuramente un atto di superiorità quello che spinge l’uomo rinascimentale a creare oggetti d’arte che utilizzano pietre di vario genere, coralli, conchiglie, avori, teschi, di volta in volta decorati con pittura, opere d’oreficeria, smalti. Un’affermazione di dominio del mondo attraverso la bellezza. La bellezza non salverà il mondo, forse, ma può servire per renderlo meno inquietante. Le due sedi dalla mostra si dividono gli ambiti secondo vocazione: gli oggetti più antichi al Poldi Pezzoli, con alcune inserzioni contemporanee che dialogano col passato; mentre alle Gallerie d’Italia troviamo opere per lo più contemporanee. Al Poldi Pezzoli si comincia presentando i tre collezionisti di cose naturali pionieri delle Wunderkammer (Ulisse Aldovrandi, Ferdinando Cospi e Manfredo Settala), mentori più o meno eletti del padrone di casa, Gian Giacomo Poldi Pezzoli, che aveva raccolto alcune deliziose testimonianze di mirabilia oggi riproposte nella mostra, per esempio l’Orologio da tavolo a campanile, il Carro trionfale di Diana, lo strepitoso orologio solare dittico rettangolare: il percorso culmina, evidentemente, nello Studiolo Dantesco al piano superiore, dopo aver passato in rassegna altre preziosità come lo Stipo d’ambra della Galleria Estense di Modena, la Brocca con intagli in avorio del Museo medievale di Bologna, gli oli su alberese e lapislazzuli di Antonio Tempesta, la Maschera Inca del Museo Pigorini di Roma, la Coppa con Nautilus pompilius del Castello Sforzesco, l’orologio notturno della collezione Koelliker. Jean-Jacques Rousseau, citato in apertura da Martina Mazzotta, definì l’uomo un "animale degenerato", per dire che niente è meno naturale di noi: e non solo perché dotati di anima razionale, di coscienza, di senso religioso. L’accumulo delle conoscenze, a differenza dell’animale che impara presto tutto ciò che gli serve per occupare il suo spazio nel sistema naturale, rende chiaro all’uomo che il mondo cresce e gli sfugge man mano che il suo sapere aumenta. Più impara più scopre la propria ignoranza. Nasce da questa incompletezza, la melanconia del collezionista. Il quadro emblematico di questa condizione è quello degli Asini iconoclasti di Frans Francken il Giovane. Dipinto nel 1625, pone il contrasto tra chi colleziona il sapere e la bellezza e chi li distrugge a bastonate. Il quadro è già di per sé una Wunderkammer, perché ogni cosa raffigurata custodisce un segreto, un significato simbolico. È questa forse la maggior differenza fra la Wunderkammer di ieri e quella che si può comporre con opere di arte contemporanea. La prima nasce come immagine del cosmo, con le sue cose evidenti e quelle nascoste. La seconda apre le stanze dello studiolo e trasforma il mondo stesso in una gigantesca Wunderkammer. La Boîte-en-valise di Duchamp è il simbolo di questa trasmigrazione globale dell’immaginario e delle sue esoteriche verità irraggiungibili. Di passaggio segnalo per la bellezza le opere di Dario Ghibaudo, Joseph Cornell, Chiara Lecca, Roberto Kusterle, Damien Hirst, Pino Pascali, Silver Mark. Manca, per scelta dei curatori, il versante della manipolazione dei corpi, tema decisivo oggi dove l’uomo diventa materia per creare ibridi e chimere che testimoniano le infinite e tormentose domande che la nostra società si pone sul proprio futuro e ancora una volta le esorcizza creando "oggetti" estetici. La differenza, però, rispetto ai giochi di conchiglie e coralli di un tempo è che qui la "meraviglia" non è più nella realtà inerte o fossilizzata, ma nel vivente che interroga se stesso: quale posto ho nel mondo dove l’artificiale insidia sempre più il naturale? La Wunderkammer di questo mondo è la sua rappresentazione stessa nel sistema delle immagini che riveste, come una pelle trasparente, tutto il globo.Milano, Museo Poldi Pezzoli e Gallerie d’Italia - Wunderkammer - Fino al 2 marzo
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