lunedì 27 maggio 2013
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Uno spettacolo-catechesi itinerante: due ore tra letture, testimonianze, video e canzoni eseguite dal vivo con un’orchestra di 10 elementi. È l’opera I cercatori di Dio, nella quale Amedeo Minghi canta la fede attraverso i suoi grandi successi e i ritratti di giganti che con la loro vita e le opere hanno fatto la storia della Chiesa e dell’umanità. È partito da aprile, finira a novembre, il «concerto-evento» in teatri, piazze e sagrati delle parrocchie per annunciare Cristo e il Vangelo, in occasione dell’Anno della Fede. Il progetto è del francescano padre Paolo Fiasconaro e ha ottenuto il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, della Cei, e delle Famiglie Francescane d’Italia. A un cantautore è stato affidato il compito di aiutare il pubblico, e soprattutto i giovani, a riscoprire, valorizzare e vivere il dono della religiosità. «È una sfida, un impegno con me stesso preso in assoluta libertà» spiega l’artista romano che, oltre a curare la parte musicale dell’opera, presenterà i brani che hanno caratterizzato il suo personale percorso di fede, come Jerusalem, un inno alla città santa, e le canzoni Un uomo venuto da lontano e Non abbiate paura, dedicate a Giovanni Paolo II. «Sono stato preso dal fascino del Padre Nostro e del Cantico delle creature che sono stato chiamato a musicare» commenta Minghi.Come incide la fede nel suo mestiere? Sono un credente e mi sento attratto soprattutto dalle opere concrete. Da sempre ho un rapporto con il sentimento religioso, per me Gesù è un ispiratore, un referente, un amico a cui mi rivolgo quando ne sento il bisogno.Quale, tra i protagonisti dell’opera, l’ha colpita di più?San Paolo, un poeta meraviglioso, un ebreo che si converte e diffonde con una forza incredibile il messaggio di Cristo a tutti quelli che incontra. Ma tutti questi giganti si distinguono in quanto uomini normali – pensiamo a Francesco d’Assisi – che grazie al loro incontro con Cristo diventano straordinari. Con il loro esempio dimostrano che a tutti è data la possibilità di diventare santi.Come ha cominciato la sua carriera di musicista? Fu il maestro Stelvio Cipriani, allora giovanissimo, a farmi un provino e a propormi alla Dischi Ricordi per un contratto. Era il 1966. Incisi un 45 giri con due canzoni scritte da Mogol (Alla fine e Ma per fortuna).Quali brani, tra i tanti che ha scritto, ha un posto di riguardo nel suo cuore?L’immenso, un pezzo del 1976, intenso ma complicato dal punto di vista musicale, con molta armonia. Eppure lo composi con la chitarra partendo da due accordi. Tradotto in 15 versioni, ebbe successo in tutta Europa. Nell’ultima frase del testo si parla di una donna straordinaria capace di entrare nella mia intimità e vedermi piangere come solo Dio sa fare.Che cosa le è rimasto dell’esperienza del Giubileo 2000 dove ha incontrato Giovanni Paolo II?Quell’esperienza è stata innanzitutto un richiamo alla mia distrazione. Prima di fare il concerto davanti a papa Wojtyla ero distante dalla religione perché deluso, come molti della mia generazione, criticavo e basta. Il messaggio di Giovanni Paolo II e il suo sguardo sulla realtà mi hanno invece riavvicinato perché lui era uno che amava la vita. “Un uomo venuto da lontano” che ha vissuto da persona semplice, come noi. Ho capito anche che ce n’erano tanti così nella Chiesa e non era come pensavo. L’attuale papa Francesco rafforza questa mia convinzione.Progetti, dopo questo tour con “I cercatori di Dio”?Un nuovo album, al quale sto lavorando insieme con Mogol: uscirà nella primavera del 2014 e sarà pieno di canzoni d’amore.
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