sabato 22 marzo 2014
​Una gara di 300 chilometri mai uguale a se stessa carica di storia e di emozioni che non passa di moda. Anche se non ci sono più le stagioni di una volta. (Giuliano Traini)
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Non ci sono più le stagioni di una volta. E la “classicissima di primavera” si adegua. Una volta la Milano Sanremo portava i corridori dalla nebbiosa pianura padana al tepore della riviera ligure. Il valico del Turchino marcava anche il passaggio da una stagione all’altra e con i tornanti ci si lasciava alle spalle anche l’inverno. Negli ultimi tempi lo scenario sembra cambiato. Al massimo alle spalle ci si lascia la neve, come lo scorso anno, non certo la temperatura polare. Anche quest’anno le previsioni lasciano poco ottimisti: diluvio alla partenza e pioggia all’arrivo. Felici i ciclisti nordici, afflitti quelli italiani. Non ci sono più i corridori di una volta. Nelle corse di avvicinamento alla classicissima i possibili protagonisti hanno giocato a nascondersi. A meno che non vadano piano per davvero. Si è visto poco lo svizzero Fabian Cancellara che sul lungomare di Sanremo una volta ha vinto e altre tre è salito sul podio, ma è comunque sempre stato il grande protagonista. Forse avendo meno energie a disposizione sarà più propenso a calibrarle, evitando inutili sprechi facendo il padrone della corsa. E, magari, sarà la volta buona che tornerà ad alzare le braccia sul traguardo. Si è visto poco e non ha fatto una grande impressione nemmeno il belga Philippe Gilbert che questa corsa la insegue fin dalle prime pedalate fra i professionisti quando, da sbarbato e illustre sconosciuto, sul Poggio si permise di scattare in faccia ai “padroni” del gruppo. L’unico che non ha giocato a nascondino è lo slovacco Peter Sagan, forte come sempre ma meno arrogante dopo aver preso qualche “schiaffo” in corsa, sicuramente terapeutico per chi sta ancora imparando a gestirsi. Il grande favorito anche quest’anno è proprio lui ma deve fare attenzione a non inciampare in un altro Ciolek, il carneade tedesco che 12 mesi fa lo infilzò con un colpo di reni. E quest’anno senza l’annunciata salita della Pompeiana nel finale, esclusa per il rischio frane, rialzano la cresta anche i velocisti che sperano di restare agganciati sul Poggio per sgomitarsi la vittoria allo sprint. I tedeschi Greipel e Degenkolb potrebbero “bruciare” l’inglese Mark Cavendish e il giovane francese Demare. Fra le ruote veloci dovrebbe affiorare anche il palmer dell’azzurro Sacha Modolo, chiamato all’esame di maturità. Non ci sono più le certezze di una volta, quando chi vinceva la Tirreno Adriatico partiva come principale favorito, ora non si schiera nemmeno al via, vedi lo spagnolo Alberto Contador che nella corsa dei “Due Mari” ha ritrovato la stoffa del fuoriclasse, che sembrava definitivamente logorata, ma ha cortesemente dribblato la prima grande classica della stagione. Così come ha fatto il connazionale Alejandro Valverde, uno dei corridori più in forma e vincenti di questo inizio stagione. Una diserzione difficile da capire. Non ci sono più gli strateghi di una volta, quelli che studiavano la tattica a tavolino per cercare di far saltare il banco. Oggi ci si appiattisce sul lavoro degli squadroni che macinano l’asfalto a forti velocità. In troppi si arrendono all’inevitabilità di un arrivo in volata ed evitano di abbandonarsi a quella sana “follia” di tentare una vera fuga da lontano, a lanciarsi all’attacco dovrebbe essere qualche corridore importante, con le gambe buone per arrivare al traguardo. La Sanremo l’avevano vinta così perfino Bugno e Chiappucci. Oppure provare a scalare Turchino e Cipressa come se il traguardo fosse in vetta, per far “esplodere” il gruppo e “intossicare” le gambe degli sprinter, in modo da rendere più difficoltoso il recupero. Poi, eventualmente, per il colpo di grazia c’è sempre il Poggio. Alla Sanremo l’unica cosa rimasta identica è il fascino di una corsa difficile da vincere perché troppo facile. Nonostante i 300 chilometri - è la corsa più lunga al mondo – tutti possono sognare di vincerla. Non ci sono ostacoli insormontabili da superare, per vedere uscire il proprio numero sulla roulette di Sanremo, a volte, potrebbe bastare un po’ di fortuna.
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