sabato 15 novembre 2008
Ascoli e Avellino senza stipendi. E in Lega Pro è ancora peggio: colletta dei tifosi per i giocatori a Pescara, il Gela senza campo si allena in piazza. L'allarme di Spinelli: «Ci sono società che non arriveranno a dicembre...».
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A questo tempo triste di vacche magre non sfugge nemmeno quel giocattolo esoso e "sprecamilioni" del pallone italiano (anche se a Liverpool piangono debiti per 425 milioni di sterline). Il piatto adesso piange, e di brutto. Se la serie A può rifarsi il trucco ogni domenica e mostrare lo specchietto delle allodole delle 4-5 grandi sorelle milionarie, in serie B siamo alla canna del gas. L'Avellino che langue in fondo alla classifica dei cadetti è anche l'ultima squadra nella speciale graduatoria dei club "salta-stipendi". I giocatori irpini non vedono un euro dall'aprile scorso e la situazione si fa ogni giorno sempre più preoccupante. Situazione analoga a quella irpina, per un'altra ex regina delle provinciali come l'Ascoli in cui la scena comincia a farsi comica, del resto il presidente si chiama Roberto Benigni (omonimo del toscanaccio premio Oscar). Ma la vita per i giocatori bianconeri non è affatto bella, visto che l'ultimo salario risale a maggio e il patron Benigni non ha alcuna intenzione di passare la mano. Il registro-cassa non cambia, ma l'allenatore invece sì: via Di Costanzo è arrivato Chiarenza, il quale chissà per quale data avrà fissato la riscossione dell'ingaggio? Mistero. Come misteriosi sono i bilanci di altri 6 club della B che non riescono più a tenere a galla la baracca e secondo le più rosee previsioni del patron del Livorno Aldo Spinelli (che da genovese doc si intende di risparmio) «ci sono società che non ce la faranno ad arrivare a fine dicembre». Per quella data è fissato l'ultimo controllo annuale della Covisoc per le inadempienze finanziare e chi, a quel punto, sarà in rosso verrà sanzionato con punti di penalizzazione in classifica (Ascoli e Avellino forse già a fine mese). Le speranze di riparare per molte società sono quasi nulle anche perché gli stadi si spopolano (la media spettatori è di appena 5.644 presenze, la metà rispetto al 2003, roba da C2 di qualche anno fa) e la mutualità che ha appena portato una "manna" da 82,5 milioni, 3,7 milioni a testa (meno dei 4,2 dello scorso anno, contro i 5 milioni precedenti) è servita a pochi: appena 5 squadre con quella cifra riescono a coprire gli ingaggi. Tutte le altre sono alle prese con i loro commercialisti e direttori del marketing per inventarsi quelle magie sponsoriali che gli consentano di sopravvivere ancora un po'. La prossima stagione poi la mutualità verrà ripartita in 50% uguale per tutti, 25% in base alla storia del club degli ultimi tre anni, 12,5% per la classifica dell'anno prima e 12,5% sul minutaggio dei giovani valorizzati della rosa. Parametri che restringono ulteriormente il campo d'azione delle società che dopo questo autunno caldo stanno andando incontro a un'estate d'inferno, in cui il campionato potrebbe vedere promozioni e retrocessioni decise più che dalla classifica dal tabellario della graduatoria delle vittime del "doping amministrativo". E pensare che appena due anni fa la B sembrava essere resuscitata grazie alla special guest Juventus ripartita dalle ceneri di Calciopoli, da un San Paolo di Napoli che medieggiava intorno ai 60mila spettatori e il Marassi genoano che poteva vantare ben 18mila abbonati. Un bengodi virtuale, sfumato nell'arco di un anno. Da lì in poi le 22 cadette (si va verso le 20 per fortuna) si sono dovute inginocchiare alla legge tassativa del non superare il 60% dei ricavi della passata stagione. Un tetto che almeno 8 società attualmente hanno ampiamente superato e per ripianare dovranno ricorrere alle solite labirintiche fidejussioni e alle necessarie svendite di gennaio dei pezzi più pregiati. Forse non basterà neppure questo al Rimini che si appella disperatamente al Comune e all'imprenditoria locale per non vedere saltare il banco, mentre il Treviso di patron Setten tratta con un gruppo argentino la cessione del 50% delle quote societarie. Trattative troppo spesso poco concrete, ne sa qualcosa il Modena del presidente Amadei che ha chiuso il bilancio del 2007 con una perdita di circa 2,7 milioni di euro e la cordata misteriosa che era interessata a rilevale il club emiliano (ora in piena discesa libera) si è dissolta nel nulla. Lo scenario da drammatico si fa apocalittico appena si scende in C1 dove la Pro Patria (girone A) e il Crotone (girone B) in campo ottengono risultati eccellenti che le hanno portate a conquistare la vetta, ma tecnici e giocatori non hanno visto ancora un soldo. Una brutta sensazione quella di vincere e di non vedere neppure il minimo premio-partita e così al povero Pescara sono venuti in soccorso addirittura i propri tifosi che domenica scorsa a Vasto al termine della partita hanno consegnato una colletta, dentro a una busta della spesa, ai giocatori allenati da Giuseppe Galderisi. Storie da libro cuore, per un pallone che è sempre più in braghe di tela e che mano a mano che si scende verso Sud oltre a vedere sparire le società da un anno all'altro (vedi il Messina del giovane e rampante Franza) non ha neppure gli impianti dove fare allenare le proprie squadre. È successo al Gela, 2° in classifica nella Lega Pro (la vecchia C2), ma nel centro siciliano oltre allo spelacchiato e vetusto stadio Presti non c'è un campo per le rifiniture settimanali della squadra che così per protesta verso il Comune è finita ad allenarsi in piazza. Ritorno alle origini per calciatori professionisti costretti a giocare come i ragazzini di strada di una volta, quando anche il calcio in questo Paese era ancora una cosa seria e con in conti in regola.
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