giovedì 24 gennaio 2013
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​Se qualcuno mi avesse chiesto a 17 o 18 anni se avessi dei modelli, avrei risposto: «Ma certo che ho dei modelli». Ho quindi cercato di ricordare oggi, chi fosse allora il mio primo modello, dopo, ovviamente, i miei genitori che furono inizialmente i miei punti di riferimento. Ricordo un giardiniere nel cortile della casa in cui crebbi (mio padre era un pastore evangelico), un ospizio della chiesa per persone psichicamente disturbate gestito dalla diaconia. Anche i collaboratori del giardiniere erano persone con disturbi psichici. Naturalmente, potevano andare da lui anche altre persone, sia perché non avevano altro di meglio da fare sia perché avevano domande da porgli; tra queste c’ero io. Da bambina avevo molto tempo libero, allora non andavo ancora all’asilo.Questo giardiniere, una persona anziana piuttosto robusta, mi ha trasmesso una grande fiducia di fondo e una grande calma. Aveva sempre tempo, cosa che apprezzavo grandemente, poiché mia madre non aveva sempre tempo, per non parlare di mio padre; quest’uomo, però, che aveva molto lavoro da svolgere, trovava sempre il tempo per me. Da lui si potevano imparare molte cose sulla vita pratica. Per esempio, ho imparato come si ripicchettano le piante da fiore o a riconoscere i buoni ciclamini. Ho imparato da lui a parlare con persone psichicamente disabili. Era un ambiente incredibilmente caldo, pieno di fiducia, buono, nel quale potevo mangiare carote sporche di terra, in cui potevo poltrire, e in cui ricevetti persino una volta un sorso di tè nero. Era bello. Quest’uomo ha suscitato in me la sensazione di essere collegata alla terra, al suolo, alla natura. Anche oggi provo quanto sia importante avere tempo – oltre a tutte le cose che si possiedono –, purtroppo molte volte non ne ho. Per molti anni non mi sono ricordata di quest’uomo, ma negli ultimi tempi il suo ricordo riaffiora sempre più spesso.Quando poi andai a scuola, avevo dei modelli. Sapevo già in partenza che questi erano per lo più modelli che non sarei mai riuscita a eguagliare. Erano cantanti di successo, ginnasti, pattinatori, ballerini, viaggiatori attraverso il mondo e illusionisti. Più o meno tutti facevano cose che non ero assolutamente in grado di fare. Per molti anni ho desiderato diventare come queste persone. Ho sempre riflettuto su che cosa dovessi fare per raggiungere questi modelli. Per me bambina, questo non era sempre incoraggiante.Poi però incontrai una persona, nella quale c’erano le premesse per collegare ciò che ammiravo con ciò che forse potevo anche realizzare. Mi riferisco a Marie Curie. Come prima cosa mi interessò il fatto, che provenisse dalla Polonia: uno dei miei nonni è originario della Polonia. Questo Stato, ai suoi tempi, era diviso e occupato dalla Russia. Anche noi nella Ddr avevamo esperienza dell’occupazione russa, sebbene questa fosse ancora più terribile nella Polonia del XIX secolo.Marie Curie partì poi alla volta di Parigi, vivendo in condizioni di povertà estrema; lì intraprese i suoi studi – fatto eccezionale due secoli fa –, studiò fisica e scoprì infine il radio. Giunse a questa scoperta perché era convinta di avere un’idea valida. Per dimostrarlo fece arrivare tonnellate di pechblenda dalla Cechia, le raffinò e così scoperse, assieme a suo marito, tracce del nuovo elemento, il radio. Si trattò di un lavoro estremamente faticoso e anche pericoloso, perché il radio è fortemente radioattivo. Però Marie ci riuscì. Nel frattempo ebbe anche due bambini. Non fu tuttavia accolta nell’Accademia francese, cosa che forse allora non si poteva concedere a una donna. Nel 1911 ottenne però il premio Nobel per la chimica per la scoperta del radio e per la sua produzione in quantità significative.Ciò che mi ha impressionato in questa donna sono state la sua determinazione e la sua capacità di resistere. Se si crede in un’idea, anche se si è soli a farlo, se si persegue questa idea e si sopportano le difficoltà attraverso molti alti e bassi, si raggiungerà presto o tardi l’obiettivo, se l’idea era giusta. Marie Curie era convinta della correttezza della sua idea e alla fine si è imposta proprio grazie a questa convinzione.
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