martedì 22 marzo 2011
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«Lei verrà certamente da me». Le parole sicure, che non ammettevano replica, uscite dalla bocca di Alda Merini risuonano ancora nella mente di padre Gianluigi Pasquale, giovane frate cappuccino di Venezia, il religioso che si trovò a dare l’unzione degli infermi alla poetessa il primo novembre del 2009. Lui che non l’aveva mai conosciuta. Ma al quale molti mesi prima, addirittura in luglio, la Merini aveva fatto recapitare un messaggio: «Lei verrà da me». Anche la data e l’ora aveva in seguito precisato: «Domenica primo novembre. Prima delle dieci del mattino». Il pretesto era una prefazione che il frate avrebbe dovuto comporre per una raccolta di poesie su Padre Pio, cui era molto devota. In realtà nell’ordine impartito al religioso c’era ben altro, «ma io lo avrei scoperto in seguito».E così, dopo mesi, arriva il giorno convenuto e il frate – che studi e conferenze portano spesso negli Stati Uniti e non è avvezzo a improvvisate del genere – si trova sul treno per Milano: «Mi sentivo chiamato, non mi riconoscevo neanch’io». Arrivato a destinazione, pensa di doversi dirigere alla casa della Merini, ma un amico della poetessa lo porta all’ospedale San Paolo, spiegando che da qualche giorno non sta bene. Sulla porta del reparto una scritta: "Oncologia". «La Merini era nel letto con la maschera d’ossigeno, ma non sembrava sofferente, ero convinto che sarebbe vissuta a lungo, per intenderci», racconta oggi il frate. Al suo ingresso in stanza, la Merini chiede a un’infermiera di metterle subito lo smalto rosso alle unghie: ai frati si deve parlare con onore, spiega, poetessa anche in questo.Quando tutti escono dalla stanza, tra i due avviene un dialogo che nessuno conoscerà mai. «In seguito gli amici rientrarono e la morfina iniziò a darle un po’ di sonnolenza – ricorda il padre –, ma con l’indice della mano destra, guardandomi negli occhi, mi indicò il comodino. Vidi che c’erano una Madonnina in plastica piena a metà dell’acqua di Lourdes e un pacchetto di sigarette, ma capii che indicava altro. Allora mi avvicinai e vidi una reliquia di Padre Pio molto sgualcita, che chissà da quanti anni portava con sé: una bustina di plastica con dentro la foto del santo e un pezzetto del suo saio. Alda ha aperto il palmo della mano e io vi ho appoggiato la reliquia, lei ha controllato bene che fosse ciò che aveva indicato poi, chiuso il pugno, se l’è posto sul cuore. Solo allora ha spalancato gli occhi – ricordo ancora l’iride verdissimo – e mi ha fissato intensamente... Lì ho capito stava accadendo qualcosa, qualcosa di grande». Da scrivere non c’era solo una prefazione, ma il capitolo dell’incontro col Padreterno, al quale la poetessa voleva arrivare presa per mano da un figlio di Padre Pio. «Il suo sguardo mi entrò nell’anima, ma certo non immaginavo ciò che sarebbe successo».Alle 17 è sul treno per Venezia quando una telefonata lo lascia senza parole: Alda è morta. Nella mente del cappuccino ora tutto assume un senso chiaro: lei verrà certamente da me, la domenica dei Santi, ma prima delle dieci. Una serie incredibile di "coincidenze" che turba persino un frate, cui al momento «nemmeno la fede o il saio che porto bastavano a dare una spiegazione logica», tanto da dover subito chiedere consiglio all’amico non credente, il professor Umberto Galimberti, psicologo e filosofo: «Lo chiamai dal treno, mi spiegò che in questa società tecnologica in cui si è perso il senso del morire solo la "follia" dei poeti e delle anime pure è capace di preveggenza...». Ma la vera spiegazione gli arriva in questi due anni dalla sua scomparsa, quando il frate rilegge con cuore nuovo le rime della Merini: «Nella sintassi della sua poesia brilla un filo rosso soprannaturale quasi mistico, l’amore per Cristo è tale che a Lui offre ogni sua sofferenza. Colei che era nata il 21 a primavera, silenziosamente, dignitosamente e anche argutamente, da par suo, se ne andava proprio nel giorno dei Santi. E prima, come sapeva fare lei, aveva disposto ogni cosa secondo i suoi ordini». Per il grande appuntamento. (L.Bell.)
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