mercoledì 14 ottobre 2020
In occasione della Buchmesse di Francoforte, il punto su uno dei settori più colpiti dall'emergenza dei mesi scorsi
Una libreria a Roma

Una libreria a Roma - Ansa

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Gli incontri online tra editori e agenti letterari vanno avanti già da un po’, ma ufficialmente la Buchmesse di Francoforte è iniziata martedì, con un’inaugurazione in streaming durante la quale sono intervenuti, tra gli altri, il premier canadese Justin Trudeau (il suo Paese sarebbe l’ospite d’onore di quest’anno) e lo scrittore israeliano David Grossman, al quale è stato chiesto di dare sostanza al motto scelto per i dibattiti di questa special edition a misura di pandemia. “Segnali di speranza”, di questo si parla alla Buchmesse mentre in tutta Europa i contagi tornano a moltiplicarsi e il pessimismo della ragione deve vedersela, come al solito, con l’ottimismo della volontà.

Di sicuro, però, un qualche conforto viene dai numeri, almeno per quanto riguarda il mercato editoriale italiano, che negli ultimi mesi sta conoscendo un’apprezzabile ripresa dopo le perdite drammatiche subite durante il lockdown. È questo, in estrema sintesi il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2020 realizzato dall’Ufficio studi dell’Aie (Associazione italiana editori) e presentato oggi, ancora una volta online, in concomitanza con i lavori della Buchmesse, che si concluderanno formalmente domenica. Anche per il Rapporto dell’Aie questa è un’edizione speciale, che rende disponibili i dati di un anno dall’andamento particolarmente positivo al quale ha fatto seguito la gelata del coronavirus.

Torniamo indietro di qualche mese, dunque, ossia all’incremento del 3,0% conseguito dal mercato del libro italiano nel 2019, a conferma dell’identico risultato del 2018. Con 3 miliardi e 37 milioni di euro di fatturato, il settore era sostanzialmente tornato ai valori del periodo precedente la grande crisi dei primi anni Dieci, sia pure in una situazione profondamente cambiata, come fa notare il direttore dell’Ufficio studi dell’Aie, Giovanni Peresson: «Basti pensare – dice – che nel 2011 l’e-commerce rappresentava una quota del 9% sulle vendite complessive, contro il 27% registrato lo scorso anno». Una percentuale ulteriormente accresciuta nella fase più drammatica dell’emergenza, quando le vendite di libri in rete (attenzione: per quanto riguarda Amazon è disponibile solo una stima non verificata) sono state quasi la metà del totale, per l’esattezza il 48%. Per le librerie il picco negativo è stato nell’ultima settimana di marzo, con un crollo di oltre il 70% rispetto all’anno precedente. I negozi erano chiusi, come sappiamo, e gli operatori più intraprendenti cercavano di mantenersi in equilibrio consegnando i libri a domicilio oppure inviandoli per posta. Da allora la ripresa è stata dapprima lenta e poi sempre più rapida, fino al rialzo del 3,0% di metà settembre, senz’altro favorito dalle richieste della scolastica. Molto forte rimane comunque il ruolo dell’ecommerce, che dall’inizio dell’anno a oggi ha conquistato una quota del 43%. Da giugno, in ogni caso, le librerie tradizionali sono tornate ai livelli del 2019 e la rilevazione più recente mostra addirittura un incremento, sia pure lieve, nell’ordine dello 0,6%. «Per i negozi aderenti al sistema integrato Arianna+ – osserva Peresson – il mese di settembre è stato il primo interamente positivo, nell’ordine dello 0,3%».

Un discorso analogo vale per l’ambito editoriale propriamente inteso, quello della produzione di libri e ebook (senza contare gli audiolibri, che già lo scorso anno esprimevano un valore stimato tra i 10 e i 15 milioni di euro). Anche sul fronte dei volumi cartacei, i grafici indicano una sorta di crepaccio tra marzo e aprile, le uscite ridotte al 23% rispetto all’anno precedente. Con la riapertura delle attività, la curva del 2020 torna a ricalcare quella del 2019, ma questo non impedisce che, allo stato attuale, la contrazione sia del 13%. Curiosamente, si tratta della stessa quota, ma questa volta in positivo, espressa dalla produzione di ebook, che dopo la flessione del 5,4% nel 2019 (terzo anno consecutivo in cui erano diminuiti i nuovi titoli digitali, scesi a 38.763 dopo l’impennata di circa 81mila avvenuta nel 2016), si sono dimostrati particolarmente adatti a fronteggiare le ristrettezze imposte dalla pandemia. In estate, nello specifico, la crescita degli ebook è stata addirittura del 25%.

In termini di fatturato le perdite ci sono state, è innegabile, ma dal -20% di aprile si è passati al -11% di luglio e ora, in autunno, siamo al -7%. «L’editoria ha mostrato una sorprendente capacità di reazione e di adattamento in un contesto del tutto imprevisto», rivendica il presidente dell’Aie, Ricardo Franco Levi, che pure non nasconde la preoccupazione per le incognite legate a una recrudescenza della Covid-19. Proprio per questo, oltre a seguire le oscillazioni di giornata, c’è bisogno di investire su politiche lungimiranti, specialmente per quanto riguarda le abitudini di lettura degli italiani. Su quello che è accaduto durante la quarantena circolano informazioni contrastanti, ma dal Rapporto Aie emergono elementi non del tutto rassicuranti. Se nel 2019, infatti, il 65% degli italiani afferma di aver letto almeno un libro (sono compresi ebook e audiolibri), solo l’11% arriva a leggerne uno al mese. Scarsi e frammentati sono inoltre i tempi di lettura: tra i giovani, soltanto il 5% si dichiara capace di soffermarsi per un’ora di seguito sulle pagine. E la capacità di comprensione di un testo complesso rimane appannaggio di appena il 24,8% della popolazione. Non sono buone notizie, se si pensa che la speranza è una virtù che ha bisogno di lentezza, di concentrazione e di molta, molta pazienza.

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