giovedì 23 dicembre 2010
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È arrivato al 110. Vi è arrivato con una lode. Di Gesù. Alla vigilia del Natale 2010, in Francia capitano cose che pochi in realtà avevano previsto. Come questa: che uno storico e scrittore, un intellettuale fra i più celebrati della République, già incluso fra gli 'immortali' dell’Académie Française, si spogli d’improvviso di tutti i propri vecchi abiti intellettuali e di uomo pubblico. Quello di ex comunista. Di ex ministro mitterrandiano. Di ex presunto candidato a un ministero pure nell’era sarkozysta. Di biografo, talora molto nazionalpopolare, dei grandi potenti della Storia, transalpina e non. Di fervente difensore della laicità repubblicana, intesa come netta separazione fra Chiesa e Stato. E tanti altri ancora. Come ammette lo stesso Max Gallo, è proprio qualcosa di simile a una svestizione intellettuale ad averlo spinto a lanciarsi in un esercizio dell’anima coperto appena dal velo dell’esercizio di stile. Sì, scrivere di Gesù. Della sua vita di uomo e del suo Mistero di uomo e Dio, come recita fin dal titolo la centodecima fatica letteraria dell’intellettuale nato a Nizza, in una famiglia di origine italiana: Jésus, l’homme qui était Dieu (Gesù, l’uomo che era Dio, Edizioni XO).In questi tempi d’imminenti commemorazioni nazionali italiane (con i loro anniversari storicamente 'complementari' in Francia: in particolare, i 150 anni appena celebrati dell’annessione transalpina di Nizza), l’impresa letteraria del nizzardo Gallo deve apparire a certi osservatori francesi come venata da un certo ardore garibaldino. Tanto nell’idea, quanto nella realizzazione del 'racconto' (récit), molto ispirato ai Vangeli sinottici.In effetti, pochi si aspettavano dal quasi ottantenne Gallo una mossa simile, nonostante una precedente trilogia del 2002 già intitolata I cristiani. Ma fin dalle prime pagine, è soprattutto la cifra stilistica a sorprendere e sedurre. Se la narrazione è elegante e levigata, sobria ed asciutta, vi emerge pure, pagina dopo pagina, un pathos sempre più avvolgente. Lo stesso pathos interiore dell’io narrante scelto da Gallo, ovvero il centurione Flavio che ha coordinato le operazioni della Crocifissione. Il centurione testimone delle immagini e degli eventi della Passione, così come di quanto si racconta del Nazareno nelle ore immediatamente successive e poi dopo la Resurrezione. Una pedina dell’Impero che varca la soglia della conversione per ritrovare una libertà senza più confini. Per raccontare a suo modo Gesù, Gallo ha fatto tesoro di un monito del grande François Mauriac. Monito riportato in forma di citazione d’apertura del libro: «Probabilmente, una vita di Gesù occorrerebbe scriverla in ginocchio, con un sentimento d’indegnità proprio a farci cadere la penna dalle mani. Un peccatore dovrebbe arrossire di aver avuto la sfrontatezza di completare una simile opera».Ma a questa citazione, fa subito da contrappunto la successiva, che si deve invece al filosofo Ernest Renan. Un inno profetico sull’attualità perpetua del messaggio di Cristo: «Ma qualunque possano essere i fenomeni inattesi dell’avvenire, Gesù non sarà superato. Il suo culto ringiovanirà senza sosta; la sua leggenda provocherà lacrime senza fine; le sue sofferenze commuoveranno i migliori cuori, tutti i secoli proclameranno che fra i figli dell’uomo, non ne è nato uno più grande di Gesù». E la sintesi fra Mauriac e Renan, necessariamente poetica, è affidata invece a una citazione di Rainer Maria Rilke: «Signore, offri a ciascuno la propria morte, la grande morte che ciascuno porta in sé».Una simile cornice al racconto non equivale solo al definitivo coming out cristiano di Gallo, rimasto in passato sempre molto discreto sulla propria fede. Le citazioni fungono anche da guide quanto mai preziose. E rivelano fin da subito, in particolare, la scelta di un’umiltà intellettuale assoluta davanti all’evento cristiano.Una sola lettura non può bastare per cogliere interamente il sapore di quest’imprevisto piatto letterario di Natale servito dall’anziano nizzardo. Soprattutto perché Gallo sceglie di marcare stretto lo stato d’animo cangiante del proprio protagonista, fra tentennamenti e rivelazioni abbaglianti. Ma se il Gallo narratore abbassa la voce fin quasi al sussurro nel confrontarsi con il Vangelo, il Gallo intellettuale non ha esitato nelle ultime settimane a proclamare le proprie convinzioni profondamente radicate sul cristianesimo. Il quale resta una «costruzione intellettuale e storica ineguagliata», così come «il cemento dell’unità nazionale» francese.Ma dove vuol far breccia il nizzardo, riesumando in Francia l’arte antica della parafrasi evangelica? Ma a quasi ottant’anni, cosa gli accade? Devono chiederselo in tanti, fra i saloni ovattati dell’Académie. Avevano accolto un giorno il nuovo membro nella sgargiante livrea obbligatoria. Ed eccolo qui, adesso, spoglio di ogni altezzoso mantello mentale.
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