sabato 26 settembre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Matematico, storico della matematica e della scienza, studioso di pensiero ebraico , impegnato fino alla vigilia della morte nel dibattito sulla scuola e sulla didattica, molto vicino alla politica di Israele, Giorgio Israel, mancato ieri dopo lunga ma-lattia, era nato a Roma nel marzo 1945. Era quindi figlio del dopoguerra, almeno nella parte d’Italia in cui aveva aperto gli occhi, anche se i suoi familiari, ebrei, avevano dovuto nascondersi e suo padre era sfuggito per un pelo alla razzia nazista del 16 ottobre 1943. Aveva frequentato a Roma il liceo Visconti, dove lo ricordo molto impegnato nella politica, in una sinistra che potremmo definire moderata, lontana da quelli che sarebbe poi stata la pratica dei gruppi extraparlamentari. Con mio fratello Renzo e con Stefano Giolitti fondò durante gli anni del liceo un piccolo giornale, “Argomenti e pareri”, e un gruppo politico, Nuova Resistenza. Avrebbero poi percorso strade diverse, solo Renzo si sarebbe gettato nel giornalismo, Giorgio invece si iscrisse a Matematica alla Sapienza (ma allora c’era solo la Sapienza) e intraprese la strada accademica, forte della sua intelligenza e della sua grande curiosità intellettuale.  Per molto tempo, fino alla fine degli anni Ottanta, furono quelli i suoi principali interessi, i campi in cui misurare la sua mente e il suo sapere. Ma senza abbandonare la politica. Ricordo, nel 1967, quando scoppiò la guerra dei Sei Giorni, una telefonata di Bruna Ingrao, allora sua moglie, che mi chiedeva di firmare un appello per la sopravvivenza di Israele. Erano i giorni in cui Aron scriveva di una nuova Shoah che avrebbe distrutto i sopravvissuti della prima Shoah e in cui gli ebrei della diaspora pregavano per il giovane Stato d’Israele. Questi sono anni intensi di studi per il matematico Israel: anni in cui si sposta da un approccio puramente teorico ad un approccio epistemologico, in cui si interroga sui rapporti tra scienza e storia e sulla divulgazione della scienza (un tema tanto assente e bistrattato quanto importante) e comincia a scrivere su questi soggetti. I nomi degli studiosi nella cui orbita si muove sono di tutto rispetto, Alexandre Koyré e Mirko Grmek. È forse da questo nuovo approccio che deriva la saldatura che ad un certo punto si determina nel suo percorso tra l’impegno politico dei primi anni e il suo cammino intellettuale successivo. Il frutto forse più interessante, e certamente meno specialistico e più attento ala divulgazione, sia pur alta, è il suo libro Scienza e razza nell’Italia fascista, scritto con lo storico della matematica Pietro Nastasi e pubblicato da Il Mulino nel 1998: uno sguardo lucido e impietoso sulla scienza italiana del primo Novecento e sul suo coinvolgimento nella politica razzista del regime fascista.  A partire dal nuovo secolo, i campi di interesse di Israel si allargano ulteriormente: nel 2005 pubblica presso Il Mulino un agile volumetto su La Kabbalah, momento di una nuova riflessione sull’ebraismo, mentre riprende e approfondisce i suoi studi sulla cultura razzista, consapevole che si trattava di uno dei nodi centrali della storia recente tanto italiana che europea. Nel suo La questione ebraica. I conti sempre aperti con il razzismo, pubblicato da Belforte in questo 2015, lo studioso si interroga infatti fin dalle prime pagine sull’uso ancora corrente di un termine, “razza”, ormai scartato dalla scienza e gravato dal peso terribile del razzismo nazista, dell’antisemitismo, della Shoah. Un termine che la memoria dello sterminio e gli sviluppi della scienza avrebbero dovuto collocare definitivamente nell’oblio.  Forte era anche, in particolare negli ultimi anni, il suo impegno nel campo della scuola e dell’istruzione, prima collaborando come esperto del Miur tra il 2007 e il 2013, poi attraverso i suoi due blog e l’uso della rete. Un uso che trovava congeniale e che ben si adattava al suo spirito inquieto e sempre pronto alla polemica e alla provocazione intellettuale, doti confermate dal suo ultimo libro, appena pubblicato dal Mulino: un contraddittorio con lo psicologo Cesare Cornoldi sul tema Abolire la sculola media?. Per questo, anche se tante volte mi sono trovata in disaccordo con le sue opinioni, guardo con grande tristezza alla sua scomparsa che, credo, lascerà il segno nel nostro mondo culturale già tanto impoverito e sempre più livellato verso il basso. LA SUA AMICIZIA CON "AVVENIRE"Appelli in difesa degli studi umanistici, particolarmente accorati da parte di un matematico. Ma anche puntualizzazioni sullo Stato di Israele, prese di posizioni sulla riforma della scuola e allarmi sul predominio della tecnoscienza: sono i temi su cui Giorgio Israel è intervenuto negli anni su “Avvenire”, a volte con i suoi articoli, a volte attraverso interviste, rivelandosi sempre interlocutore onesto e acuto.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: