“Mary Poppins”, il musical al Teatro Nazionale di Milano (foto A.Pinna)
Alla fine tutti, in platea, hanno lo sguardo all’insù. Su Londra torna a soffiare il vento da Est, Mary Poppins apre il suo ombrello e vola via. Il suo compito è finito, in casa Banks è tornata la serenità. La tata uscita dalla fantasia di Pamela Lyndon Travers e portata sul grande schermo da Walt Disney da quasi un mese ogni sera vola sul pubblico che affolla il Teatro Nazionale. «Siamo in scena sino al 13 maggio, ma già pensiamo alla ripresa dello spettacolo in autunno sempre a Milano», rivela soddisfatto il regista Federico Bellone. Poi guarda in su anche lui e sorride, smentendo quella che qualcuno definirebbe una fake news. «La Mary Poppins che alla fine attraversa il teatro non è un fantoccio come qualcuno ha scritto su Facebook, è un’attrice in carne e ossa che vola sugli spettatori grazie a uno dei tanti effetti speciali dello spettacolo». La cucina che si riassetta con uno schiocco di dita, Mary Poppins che scivola sul corrimano delle scale, i fiori che prendono forma da un quadro, gli aquiloni che si librano in aria. Tutti strappano l’applauso a scena aperta. Qualcuno, per la poesia che sa trasmettere, fa anche venire un groppo in gola.
Segno (tra i tanti) che è vinta la sfida della prima produzione italiana di Mary Poppins, il musical targato Disney e Cameron Mackintosh in scena a Londra nel West End dal 2004 e a Broadway dal 2006. E ora anche a Milano, prodotto da Wec. «Dopo aver visto la nostra versione di Newsies, altro successo della Disney, è arrivato il via libera a tradurre in italiano Mary Poppins », racconta ancora Bellone seguito passo passo dal gruppo di lavoro di Mackintosh. «Il produttore è venuto anche a Milano e ci ha dato consigli preziosi ». Il format dello spettacolo è blindato, ma la squadra italiana capitanata da Bellone (le scenografie che sembrano illustrazioni di libri per l’infanzia sono di Hella Mombrini e Silvia Silvestri, i costumi che restituiscono le atmosfere della Londra di inizio Novecento li ha disegnati Maria Chiara Donato) ha impresso un suo marchio alla storia con la casa di tre piani che sale dai sotterranei del palco (effetto garantito e grande impegno tecnico dietro le quinte), ma anche «mettendo un tocco di italianità mediterranea nei colori del mondo fantastico che fa da contrasto alla Londra fumosa e grigia che incornicia la storia», dice il regista che non esclude poi che «il nostro allestimento possa diventare la versione per il tour internazionale di Mary Poppins ».
Una storia che tutti conoscono a memoria. Ma non aspettatevi la trasposizione parola per parola del film di Robert Stevenson. Perché il musical si ispira sì alla pellicola con Julie Andrews, ma attinge anche ai racconti della Travers: ci sono lo spazzacamino Bert e la Vecchietta di piccioni, ma ci sono anche Mrs. Cory (un’effervescente Simona Patitucci), l’ultracentenaria che vende Pan di zenzero, e la terribile Miss Andrews (Lucrezia Zoroddu Bianco dalla voce lirica), la vecchia tata di papà Banks. Ci sono la giostra dei cavalli (il quadro forse più riuscito) e il ballo sui tetti degli spazzacamini (a volte il palco sembra troppo stretto per le coreografie di Gillian Bruce), la poesia del viaggio tra le stelle e l’inquietudine dei giochi che prendono vita. Personaggi ed episodi raccontati dalla Travers nei suoi libri dedicati alla tata che ha anche un tratto di crudeltà tipico delle favole.
Tratto che c’è, insieme a un’infinita dolcezza, nell’interpretazione impeccabile di Giulia Fabbri, scelta tra centinaia di candidate per vestire i panni di Mary. «In Italia abbiamo un’ottima squadra di performer e non serve puntare su nomi di richiamo. Che pure avevamo certo e trovato per Mary Poppins. Ma poi con la Disney abbiamo scelto questo cast». Così Bert è un misuratissimo e convincente Davide Sammartano e la signora Banks ha i tratti stralunati di Alice Mistroni, che ha anche tradotto il testo dove insieme al sorriso e alla malinconia non manca un’attenzione attuale al sociale (la banca che deve scegliere a chi fare credito), al ruolo della donna e alla condizione dell’infanzia. Franco Travaglio ha riadattato le canzoni, lasciando immutate rispetto al film hit come Supercalifragilistichespiralidoso e Con un poco di zucchero che tutti in sala cantano e ritmano con il battito delle mani.