Il viaggio e l’erranza, il nomadismo e il naufragio. Sono, dai poemi omerici in poi, i temi portanti della letteratura, che da sempre sembra privilegiare i complementi di moto a, da e attraverso luogo. Non per questo, però, va sottovalutato il buon vecchio stato in luogo. Tutt’altro che statico, a dispetto delle apparenze, come ha insegnato a suo tempo Michail Bachtin con la sua teoria del cronòtopo: la letteratura vista attraverso le coordinate di spazio, tempo e mentalità, nel qui e nell’ora, potremmo sintetizzare. Dove il qui, appunto, non è meno importante dell’ora. È un campo di ricerca nel quale gli studiosi italiani possono vantare una tradizione ben consolidata, che ha in Carlo Dionisotti l’incontestato maestro (nel 2017 ricorre il cinquantesimo anniversario del suo Geografia e storia della letteratura italiana ) e in un’opera come l’Atlante della letteratura italiana (a cura di Sergio Luzzatto e Gabriele Pedullà, 2010-2012) la sua dibattuta quanto imponente sistemazione. Oggi il cantiere della cartografia letteraria è più attivo che mai. E non procede soltanto per via di documentazione scritta, ma investe linguaggi diversi, compreso quello cinematografico. Prendiamo il caso di Parma, giustamente fiera del proprio statuto di piccola Parigi padana. Uno dei suoi cantori più convinti è stato il poeta Gian Carlo Artoni, morto il 2 gennaio scorso all’età di 93 anni pochi giorni dopo aver assistito alla prima proiezione di Io sono tuo, città, il cortometraggio di cui è protagonista (anche il titolo viene da un suo verso) e che Giovanni Martinelli ha realizzato insieme con Luisa Pecchi grazie al contributo della famiglia Barilla. Avvocato, animatore tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta della rivista Palatina, che ebbe collaboratori come Pasolini e Gadda, Artoni ha vissuto nella senilità una seconda giovinezza, della quale sono testimonianza le poesie raccolte nel recentissimo L’ultima torpediniera (Mup, pagine 138, euro 15,00) e nell’imminente L’araba fenice, annunciato per le prossime settimane da Consulta Librieprogetti. Ritratto d’autore che è anche descrizione di un mondo, Io sono tuo, città è per il momento visibile su YouTube, ma Martinelli sta già lavorando a una versione più ampia, nella quale confluiranno i materiali tratti dalle molte ore di registrazione accumulatesi in otto mesi di riprese. Sulle mappe della letteratura non compaiono solo le capitali. L’onore della segnalazione, a volte, tocca anche ad accampamenti mobi-li, come quello rievocato da Antonio Giusti in Memorie scompagnate (Apice Libri, pagine 146, euro 10,00). Analogamente ad Artoni, anche Giusti si è a lungo diviso tra la narrativa e l’attività professionale, tanto da meritarsi l’appellativo di «Rimbaud dell’industria» coniato per lui da Eugenio Montale. Il quale, negli anni Settanta, fu spesso ospite nella bella villa di Forte dei Marmi le cui porte Giusti apriva di frequente anche all’incontenibile Carmelo Bene. L’attore e il poeta sembravano andare d’accordissimo, leggiamo in Memorie scompagnate, non fosse che in assenza l’uno dell’altro si lasciavano andare a giudizi niente affatto lusinghieri. Del resto anche il primo incontro fra i due, in occasione di un tempestoso happening di Bene nella villa di Giusti, si era concluso con la fuga dello scandalizzato Montale. Spostiamoci a Milano, a due passi dall’ap- partamento di via Bigli nel quale viveva il poeta di Ossi di seppia e delle Occasioni. Alla nuova sistemazione di Casa Manzoni in via Morone, allestita dall’architetto Michele De Lucchi, è dedicato il primo volume della collana “Musei e Gallerie di Milano”, varata con il patrocinio di Banca Intesa Sanpaolo. Oltre a costituire un catalogo puntuale e aggiornatissimo dei cimeli manzoniani, il libro curato da Fernando Mazzocca, Alessia Schiavi e Carlo Pirovano (Mondadori Electa, pagine 320, euro 110,00) è ricchissimo di approfondimenti critici che, a partire dall’introduzione come sempre acuta di Angelo Stella, aiutano a meglio apprezzare la centralità di questo luogo nel complesso laboratorio dell’opera manzoniana. Di ambito novecentesco sono, infine, due tra le più originali ricognizioni geografico-letterarie apparse in questo periodo. Molto affascinante è, in primo luogo, la ricostruzione del paesaggio veneto che la Società Letteraria di Verona ci consegna con I lembi dei ricordi (Antiga, pagine 144, euro 32,00). L’attenzione si concentra su Salgareda, il piccolo centro sulle rive del Piave dove visse i suoi ultimi anni Goffredo Parise: ci sono testi dell’autore del Sillabario e di numerosi altri, tra cui lo scrittore Vitaliano Trevisan; ci sono le opere grafiche di Giosetta Fioroni, Moreno Vidotto, Claudio Rorato e Vittorio Bustaffa; ci sono, più che mai sorprendenti, le mappe disegnate, con maggior o minor precisione, da quanti a Salgareda conobbero Parise e furono in rapporto con lui. Un esperimento di cartografia emotiva, quest’ultimo, destinato con tutta probabilità a fare scuola. La seconda rarità novecentesca ci porta in una diversa provincia, quella siciliana. A Ficarra, per la precisione, il paese in provincia di Messina nel quale nel 1943 approda come sfollato Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La permanenza dello scrittore sarà relativamente breve, ma decisiva per la genesi del suo capolavoro, come dimostra ora Maria Antonietta Ferrarolo in Tomasi di Lampedusa e i luoghi del “Gattopardo” (Pacini, pagine 128, euro 13,00; contemporaneamente presso lo stesso editore esce un altro volume della studiosa: L’opera-orologio. Saggi sul “Gattopardo”, pagine 80, euro 12,00). Uno degli episodi più celebri del romanzo, quello del cadavere del giovane garibaldino ritrovato nel giardino dei principi di Salina, è ricalcato con precisione sulla morte di un soldato tedesco di cui molto si era parlato durante la guerra a Ficarra. Una volta di più, Bachtin e Dionisotti avevano ragione: quando ci si addentra nella storia, la geografia è sempre in agguato.
Saggi, atlanti, cataloghi e perfino film: la critica fa ricorso sempre più spesso agli strumenti dell’esplorazione geografica. E tra Parma, Milano e la Versilia le sorprese non mancano
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