martedì 2 agosto 2011
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Da alcuni anni i missionari francesi delle Missions Étrangères de Paris (conosciuti come Map, fondati a Parigi nel Seicento, evangelizzatori dell’Estremo Oriente) tengono corsi di formazione per i quadri dirigenti di importanti aziende (France Telecom, Edf e altre) su come rapportarsi con clienti e fornitori asiatici, forti appunto di un’approfondita conoscenza della cultura "gialla". Qualche tempo fa don Dante Carraro, direttore di Cuamm-Medici con l’Africa, la nota Ong veneta di ispirazione missionaria attiva da sessant’anni in Africa, ha offerto la propria expertise ad un gruppo di manager veneti su come si governa una sorta di “multinazionale” in territori di estrema povertà. Alcune settimane or sono a Liegi, in Belgio, Vladimir Gaudrat, abate della comunità di Saint-Honorat a Lérins (di fronte a Cannes), ha offerto una conferenza sul rapporto tra spiritualità e business. Spiegando come il principio e benedettino dell’“ora et labora” abbia permesso al suo monastero di rimettere in piedi la locale coltivazione della vite e la conseguente commercializzazione del vino. Allora non deve stupire se anche Wall Street si interessi di Madre Teresa di Calcutta. La cui vicenda “imprenditoriale” è finita sotto la lente di ingrandimento di due autorevoli top manager americani. I quali, studiando la vita e le opere della religiosa con il sari, ne hanno tratto degli insegnamenti utili per un’implicita (di certo non perseguita né voluta dalla diretta interessa) lezione di sviluppo aziendale. Ne venuto fuori il libro, da qualche giorno in libreria negli Usa, Mother Teresa CEO: Unexpected Principles for Practical Leadership (“Madre Teresa amministratore delegato: inattesi principi di leadership pratica”, Berrett-Koehler), di cui si è occupato anche il “Wall Street Journal”. Autori, Ruma Bose, imprenditrice, attualmente presidente di Sprayology, un’azienda farmaceutica attiva nel campo dell’omeopatia, e Louis Faust, manager con venticinque anni di esperienza, oggi leader di Newdea, un network attivo nella filantropia, dopo essere stato per dieci anni capo delle operazioni globali di Salomon Brothers, la celebre banca di investimenti americana. Da rilevare che la Bose ha svolto per otto mesi, tra il 1992 e il 1993, un servizio di volontariato tra le suore di Calcutta. E proprio durante un casuale incontro ad un pranzo di beneficenza, nel 2009, Ruma Bose raccontò l’esperienza, per lei molto toccante, tra le Missionarie della Carità. Con la convinzione che il bene fatto bene dalla suora albanese potesse risultare fecondo di insegnamenti anche fuori dal suo perimetro caritativo. «Perché non ne facciamo un libro?», fu la contro-replica di Louis Faust. Perché dunque Madre Teresa può – involontariamente – insegnare qualcosa su come  portare avanti una leadership positiva? I due autori partono da una constatazione: quella fondata da Madre Teresa è oggi una delle più grandi organizzazioni del mondo, iniziata nel 1948 con appena tredici membri; oggi risulta attiva in oltre cento Paesi, vanta un milione di aderenti (a vario titolo: religiosi, religiose, volontari, sostenitori …); ha messo in circolo uno dei “brand” più conosciuti (la suora con il sari). A lei milioni di persone hanno voluto offrire un aiuto economico per poter soccorrere i più poveri all’insegna del suo detto «Lo facciamo per Gesù». «Pensiamo che il successo di Madre Teresa provenga dall’applicazione di alcuni principi-cardine – spiegano i due –. Se la considera al di fuori di una prospettiva religiosa – ha spiegato la Bose al “New York Post” –, si vede una donna con una grande, semplice e chiara visione. Lei ha operato all’interno di un credo religioso, ma ognuno può prendere a modello il suo agire perché aveva una visione precisa sul lavoro che stava facendo». Ed eccoli, perciò, i dieci principi-chiave che hanno reso il duro operare per il bene della Missionaria della Carità un modello per ogni amministratore delegato: «Avere uno scopo; essere ciò che stava cercando di fare; mettere a punto un progetto; collaborare con i propri uomini; agire con misura e gentilezza; comunicare con le persone in un linguaggio a loro comprensibile; avere una notevole dedizione al proprio lavoro; alzarsi presto; essere grati e apprezzare il lavoro altrui; persistere nel proprio impegno: non esiste un ostacolo che non si possa aggirare». E proprio scorrendo la biografia della santa dei poveri, Bose e Faust hanno osservato una filosofia ”manageriale” che – di certo non programmata, ma lasciata dall’interessata alla benevolenza della Provvidenza – procede per gradi fino a quello che umanamente si può qualificare come un successo: «Lei fonda il suo ordine religioso nel 1948; con tredici suore inizia un’opera a Calcutta; per cinque anni si espande orizzontalmente. Dopo dieci anni inizia ad espandersi in India; passati quindici anni, inaugura la prima casa all’estero, in Venezuela». Nel 2009, le Missionarie della carità erano quattromila, trecento i fratelli a loro associati. E proprio sull’aderenza ad uno stesso “brand” insistono i due autori: «Le missioni di Madre Teresa sono associate ad uno stesso marchio e vengono messe in atto con un’identica visione in ogni Paese in giro per il mondo». Insomma, la finanza di Wall Street traballa, e di molto in questi giorni. Le suore di Madre Teresa invece proliferano. Chissà se oltre alla leadership della “CEO” in questione tutto ciò non dipenda anche dal “presidente” – ovvero, il Padre eterno – che la sura albanese aveva messo a capo della sua “ditta”.
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