domenica 12 giugno 2016
​Il presidente del Coni: «Non voglio mettere le mani avanti, ma valutare lo stato dello sport italiano da quante volte andremo sul podio a Rio sarebbe sbagliato». «Sono già 250 gli azzurri qualificati Dispiace per il calcio, ma aspetto una gioia dalla pallacanestro».
Malagò: l'Italia ai Giochi, oltre la medaglia
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Sostiene Malagò che lo sport italiano è forte. Che cresce, forse oggi più che mai. E che non merita di essere misurato solo in base alle medaglie. Anche se poi, come sempre, saranno quelle a contare. O almeno, a stabilire il confine tra una spedizione trionfale e un sostanziale insuccesso.

 

Mancano 55 giorni ai Giochi, il 5 agosto sarà già Rio de Janeiro, inseguimento al podio, apnea totale: la prima Olimpiade estiva per Giovanni Malagò da presidente del Coni… «Emozionato? Normale che lo sia. Ma anche consapevole del nostro ruolo. E fiero di quello che stiamo facendo come sistema sportivo. Basta che non ci si riduca a mettere solo i podi sul piatto della bilancia».

Esiste altro presidente? Per l’opinione pubblica forse no… «Esiste molto di più, certo. E soprattutto esistono criteri di valutazione che andrebbero ricalibrati. Ad esempio mi chiedo: qual è la classifica che conta? Per i giornali, per le statistiche e nell’immaginario collettivo le medaglie d’oro sono il parametro di tutto. Ma nella classifica ideale del Comitato olimpico internazionale sono i piazzamenti nei primi otto di ogni singola gara a valere. Questo per dire che la forza dello sport andrebbe letta in maniera diversa».

Perdoni l’obiezione: sta mettendo le mani avanti? «No, affatto. Anzi. L’Italia è quinta nel medagliere mondiale complessivo di tutti i tempi e vogliamo mantenere la posizione, anche se la Cina avanza e la Francia fa paura. Voglio solo dire che andare tante volte sul podio a Rio non significa risolvere i problemi dello sport a scuola nel nostro Paese. O quello delle infrastrutture e degli impianti. Credo sia molto meglio saper valutare quanto si fa nella promozione sportiva, l’impegno, la competenza dimostrata e i risultati raggiunti in questo senso».

Domenica prossima Roma vota il suo nuovo sindaco e contemporaneamente ha una scottante candidatura olimpica per il 2024 da portare avanti. Ancora più difficile, pare, se vincerà Virginia Raggi... «L’appoggio del Comune era e sarà fondamentale. Mi auguro che resti forte anche con la prossima amministrazione. Secondo un sondaggio Swg il 77% dei romani è favorevole ai Giochi. Abbiamo chiarito a tutti comunque, con cifre e fatti alla mano, che le Olimpiadi a Roma sarebbero un’opportunità per provare a risolvere i problemi della città senza incidere sulle tasche dei cittadini. E creerebbero 170 mila nuovi posti di lavoro. Per il resto io parlo solo di sport, che non deve essere usato per strumentalizzazioni politiche».

Torniamo a Rio. A oggi sono 250 gli azzurri qualificati. E forse non tutti comprendono come sia già questo un grande successo… «Arrivare a disputare un’Olimpiade è sempre più difficile. Al punto che la qualificazione è diventata il centro dell’attività olimpica. Quella degli sport di squadra poi è quasi un incubo per tutti, quasi più impegnativa di vincere una medaglia. Penso ad alcune discipline come l’otto di canottaggio, o la pallanuoto. Noi abbiamo fatto e stiamo facendo il massimo, ma ai Giochi approdano in alcuni sport 7-10 squadre in tutto. Il meglio del meglio, al termine di una selezione spietata».

Non ci sarà il calcio, azzurro. E forse non è un caso… «La mancata qualificazione dell’Under 21 è un rimpianto forte. Diciamo che non è stata fortunata. Ora tocca alla pallacanestro nel torneo di luglio regalarci una gioia: se ce la farà ad arrivare a Rio, potremo dirci davvero soddisfatti ».

Anche se a Malagò contare i podi non piace, un numero in testa ce l’avrà pure. O no? «Quando fui eletto nel febbraio del 2013 dissi che non volevo essere giudicato in base alle medaglie vinte sotto la mia gestione, ma da altro. Se devo proprio esprimere una cifra, dico che da 25 medaglie in su potremo ritenerci soddisfatti. Considerando soprattutto che rispetto a Londra 2012 dove furono 28, ai prossimi Giochi non c’è più in programma il fioretto a squadre femminile e la sciabola a squadre maschile, che per noi hanno rappresentato sempre successi quasi sicuri. Comunque mi sbilancio e dico che possiamo anche fare meglio di Londra: da nuoto, vela e ciclismo è lecito aspettarsi grandi cose. E l’atletica, tanto sottovalutata e apparentemente in crisi, ci riserverà grandi sorprese, vedrete».

Magari grazie ad un’altra atleta che non ha il nome italiano e che per ora corre con altri colori… «Si chiama Hannah Cunliffe, ha 20 anni, un trisnonno calabrese e un record personale di 10’99’’ sui 100 metri piani. È statunitense ma ha chiesto di avere la cittadinanza italiana. La pratica è al consolato di San Francisco, è una corsa contro il tempo per la quale ho chiesto aiuto anche al ministero degli Affari Esteri. Vedremo se riusciremo a vederla gareggiare con la maglia italiana...».

Giochi a parte, che voto pensa di dare allo sport italiano in questo momento? «Certamente un voto alto. Penso alla vela, che sta producendo un’attività eccezionale sul lago di Garda, e alle tante manifestazioni che questo Paese organizza con grande successo. Penso alla finale di Champions a Milano che in poche ore ha generato 25 milioni di euro di ricavi, tanto spettacolo e un grande indotto in termini di turismo. Dobbiamo capitalizzare questi eventi. A Torino per il basket a luglio sarà la stessa cosa. Così come Roma, che con gli Internazionali di tennis ha riscosso un successo favoloso. L’Italia è questa: sa trattare lo sport, e le sue eccellenze funzionano. Non ultima quella della cucina, che a Rio porterà con Davide Oldani lo stile e la tradizione ai fornelli di Casa Italia. Certo, abbiamo molti problemi, ma per come affrontiamo lo sport siamo avanti a tanti altri settori del Paese».

Qualcuno ha detto che gli sport minori formano gli uomini migliori. Ed è probabilmente vero. Come è vero però che sono proprio queste le discipline più colpite dal doping. L’ultimo scandalo è inquietante… «Il Cio ha permesso di congelare le provette dei test antidoping anche per 8 o 12 anni per verificare con le nuove tecnologie le possibili positività. È successo a Pechino e succede anche con Londra. Da una parte è una cosa brutta, perché c’è qualcuno che ha barato e questo non aiuta il nostro mondo. Dall’altra è una cosa bella, perché si dimostra che non si fanno sconti e gli atleti devono sapere che non si può più fare ciò che prima poteva restare impunito».

Dallo scandalo dei russi ai 23 nuovi casi di positività attualmente sotto esame: molti atleti in partenza per Rio, ai Giochi rischiano di non andarci affatto… «In passato si scoprivano casi di doping ma i risultati sportivi rimanevano quelli. Parlo degli anni ’70 e di alcuni Paesi dell’Est che in certe discipline hanno segnato un’epoca negativa. Ora fortunatamente non sarà più così».

Cosa la rende più orgoglioso di aver fatto, o cambiato, da quando è presidente del Coni? «L’aver concretizzato molti degli obiettivi che mi ero prefissato nel programma elettorale, che mirava a radicare una nuova cultura sportiva. In particolare credo che sia stato raggiunto un risultato storico con l’aumento del numero degli italiani che praticano sport. Negli ultimi due anni, come certificato dall’Istat, questo dato è tornato a crescere di 3 punti percentuali. Ogni punto guadagnato comporta, tra l’altro, un beneficio per lo Stato di 80 milioni di euro in termini di risparmi nella spesa sanitaria».

Come può lo sport contribuire a favorire il rilancio del Paese? «Grazie a un gioco di squadra, irrinunciabile, con il mondo dell’istruzione. Anche per questo, con il Miur e grazie al governo è partito il progetto “Sport di classe” che offre due ore settimanali di educazione fisica in tutte le scuole primarie. Un altro traguardo importante è stato tagliato con la riforma della giustizia sportiva. E l’aver reso indipendente la struttura antidoping. Abbiamo ridefinito poi i parametri di distribuzione dei contributi pubblici alle federazioni e, con la “moral suasion”, favorito l’introduzione di nuove leggi sull’impiantistica. Ecco perchè dico che le Olimpiadi contano, ma c’è molto altro».

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