venerdì 7 ottobre 2016
Le strane terze maglie dei club
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La sensazione di smarrimento dura poco, giusto qualche secondo, il tempo necessario per mettere a fuoco le sagome che si scorgono da una gradinata o attraverso lo schermo televisivo. Quindi, ci si prepara ad assistere alla partita avendo desunto che l’Inter è quella verdazzurra, o il Milan quello in verde bottiglia, la Roma in fluo di tonalità arancioni, la Juve in “total white” e più immediatamente riconoscibile - si fa per dire - per la fantasia zebrata della manica . Vita da tifoso alle prese con la terza maglia, il kit aggiunto ormai da diverse stagioni da pressoché tutte le squadre di calcio delle prime divisioni e comunque legati a sponsor tecnici che dei colori e del design di queste divise dispongono a piacere.

Scelte controverse, spesso totalmente sganciate dalle insegne e dalla tradizione dei club, a volte persino irriguardose, a giudicare dal ruggito dei social network, che bombardano impietosi con proteste, insulti, ironie: la collezione delle lattine di notissimi soft drinks abbinata alle casacche alternative elencate qualche riga fa è diventata un tormentone delle bacheche virtuali. 

 Così è, anche se non vi pare: perché per decine di milioni a stagione assicurati per contratti a lunga durata, il muro dell’appartenenza cromatica si può tranquillamente scavalcare. Juventus e Milan percepiscono e percepiranno da Adidas, la più munifica in assoluto tra i partner tecnici, una cifra di 30 milioni annui rispettivamente fino al 2021 e al 2023; l’Inter è legata a Nike fino al 2024 per 18 milioni annui. Soldi veri, sicuri, non soggetti a oscillazioni da diritti tv, di Coppe europee: eppure briciole autentiche rispetto a quanto entra nelle casse delle corazzate d’oltreconfine.

Anche il Barcellona l’altro ieri a Moenchengladbach, in Champions League, ha battezzato la sua nuova “terza”, allineata nello stile a quelle discutibili di Roma e Inter con cui condivide il marchio Nike: cosa cambia, però, è il contratto, che per i blaugrana (o non-blaugrana, in questo caso), vale qualcosa come 105 milioni annui fino al 2026, introito che comprendendo il licensing (vale a dire la produzione di materiale su licenza dells società) e la gestione dei negozi può raggiungere anche la quota di oltre 150 milioni l’anno. Follie? No, anzi, tutto nella stretta logica del mercato, con ricavi che superano abbondantemente le uscite.

Adidas, Nike, Puma, Umbro, New Balance sono protagonisti globali, raggiungono ogni angolo della Terra e ogni potenziale cliente: nella stagione 2015/16, sono state 2.850.000 le maglie vendute del Manchester United, senza considerare il resto del merchandising tecnico: totale del fatturato, circa 200 milioni, oltre il doppio di quanto assicurato annualmente ai Red Devils (94 milioni). In questo business smisurato, la terza maglia gioca un ruolo particolare. 

 Ovviamente, non è la più cercata dai tifosi della squadra, che tendono a identificarsi con i colori sociali e possono sentirsi appunto “disturbati” dal distacco da questi: ma la sua creazione e conseguente commercializzazione è fondamentale per evidenziare la nuova stagione, il cambio di catalogo. Solo una minoranza di collezionisti evidentemente abbienti compra in ogni caso, per il resto il successo e la reddività passano praticamente solo dall’impatto più o meno positivo: le due regine Adidas e Nike tendono a distinguersi, con la prima generalmente più sobria, legata a tinte uniche (nero, grigio, azzurro le più gettonate) e la casa del “baffetto” invece più vicina ai trend della moda da strada, ed ecco spiegate le tinte e la fosforescenza da evidenziatore che tanto hanno fatto digrignare i denti dei puristi. 

Il borbottio via web, tuttavia, ha mosso qualcosa, se è vero che il colosso tedesco delle tre strisce ha lanciato già da qualche settimana un contest che può portare il tifoso dotato di sufficiente creatività e gusto a creare la terza maglia 2017/18 di Real Madrid, Manchester United, Milan, Juventus e altri big club che fanno parte del ricchissimo carnet.

Chissà che, oltre che una scaltra mossa di immagine, l’iniziativa possa essere il modo per ritrovare la giusta via di mezzo, la maglietta che pur dovendo diversificarsi dall’accoppiata “casa- trasferta” contenga il giusto richiamo al cuore dei tifosi. Se non tramite il colore, tramite la storia, tramite un’effigie.

La maglia rosa ispirata alla fondazione proposta fino a poche stagioni fa dalla Juventus o il Torino che, tramite una banda diagonale sulla maglia bianca, richiamava il River Plate che sostenne e si gemellò con i granata in occasione della Tragedia di Superg a, o ancora la Lazio dell’anno passato che ripescò l’Aquila stilizzata degli anni ’80, tempi duri ma anche amati dagli aficionados biancocelesti possono essere degli esempi, i supporter hanno mostrato di apprezzare anche mettendo poi la mano al portafoglio per fare o farsi un regalo.

E soprattutto, hanno apprezzato e apprezzerebbero ancora la certezza istantanea, piacevole, quasi ancestrale di pensare, o dire, «ecco, siamo noi, siamo questi » non appena quelle sagome sbucano dagli spogliatoi. Senza avere quel piccolo, grande vuoto da colpo d’occhio fluorescente.

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