domenica 8 agosto 2010
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In mezzo allo studio di Maurizio Tadioli, liutaio di Cortetano, un pugno di case alle porte di Cremona, c’è un grande bancone da falegname, con una selva di segni che raccontano il lavoro e la fatica. «È il bancone di mio nonno» racconta Tadioli, quarantadue anni, volto aperto e un pizzico di timidezza. «I primi rudimenti del mestiere li ho imparati da lui, giocando nella sua bottega». Era un falegname con la passione per il violino: «Quando suo padre gliene regalò uno, a 16 anni, di nascosto lo smontò e ne realizzò un altro da solo. Poi durante la guerra in Africa fu catturato dagli inglesi. Nel campo di prigionia in Egitto con mezzi di fortuna si mise a costruire violini suonati poi dai militari britannici, che avevano organizzato un’orchestra. A un certo punto apparve un pastore protestante americano. Quando scoprì la passione di mio nonno, fece in modo di procurargli, non si sa come, materiali pregiati e utensili più idonei. Mio nonno lo considerò una specie di miracolo».Tadioli conserva ancora alcuni strumenti del nonno accanto ai suoi. «In quella bottega il gioco è diventata passione fino a quando mi sono chiesto se sarebbe potuto diventare anche una professione. All’epoca studiavo pianoforte e organo, dovevo scegliere quale strada percorrere». A 14 anni la decisione: si iscrive alla scuola di liuteria di Cremona. Quasi trent’anni dopo la passione non è cambiata: «Ora che fare violini è la mia vita fatico ancora a pensarlo un lavoro».Maurizio a Cremona, centro mondiale della liuteria, è uno dei pochi costruttori cremonesi. In città infatti ci sono oltre un centinaio tra liutai, archettai e costruttori di custodie. La maggior parte però si sono fermati dopo aver studiato in città. «In realtà – racconta – la liuteria cremonese è una rinascita recente. Nell’Ottocento la tradizione declinò fino a scomparire quasi del tutto. Nel 1938 venne fondata la scuola di liuteria, chiamando maestri da Milano e dall’Emilia, dove si era spostata la migliore tradizione». La scuola è riuscita a riportare in alto il nome Cremona e oggi la città attira studenti da tutto il mondo, «ma quando ho avviato la professione, tutto era più facile. Erano gli anni del boom della liuteria e dall’estero arrivavano grosse richieste, specie dal Giappone. Poi il mercato si è saturato e oggi un neodiplomato deve affrontare molte difficoltà. La scuola si è evoluta e offre una formazione sempre più in grado di fornire agli studenti gli strumenti per gestire l’attività. Conosco liutai eccelsi che non sono mai riusciti a sfondare proprio perché è mancato loro il lato commerciale della professione».Tadioli si è specializzato nelle copie dei grandi maestri, da Stradivari a Guarneri del Gesù. «La mia è stata una scelta, altri percorrono strade diverse. A Cremona nel Seicento il violino ha raggiunto la perfezione e da allora lo strumento non si è più evoluto. Ma anche nella copia ogni liutaio cerca sempre la propria personalità. La riproduzione pedissequa di misure e forme non è garanzia di bel suono». Il modello, insomma, è sempre un’ispirazione. «Studiare lo stile di un liutaio significa entrare nella sua personalità. Ad esempio Guarneri del Gesù è più spontaneo ed estroso. Stradivari è curatissimo, quasi maniacale». E soprattutto, ogni strumento è una storia a parte: «Ognuno porta in sé l’impronta di chi lo ha realizzato. Noi liutai trasmettiamo il nostro stato d’animo del momento allo strumento e al suono. La liuteria è arte e costruire un violino è come dipingere un quadro. Per me, poi, uno strumento è come un figlio, che cerco di seguire nel suo percorso una volta uscito dal laboratorio. E quando mi chiamano per ripararne uno rotto mi piange il cuore».Il sogno di ogni violinista, però, è possedere uno strumento antico: «È appagante, anche dal punto di vista psicologico, ma le cifre sono sempre più alte per via della speculazione: senza arrivare ai record degli Stradivari, un violino del primo Novecento può costare anche centomila euro. Uno strumento antico ha un suono definito, uno strumento moderno deve maturare. Ma anche un Amati appena uscito dalla bottega non aveva il suono di oggi. Il bello è che un musicista può farlo crescere a sua immagine: il modo di suonarlo incide molto nella maturazione dello strumento».Tadioli costruisce violini, viole e violoncelli. Ogni strumento nasce in circa due mesi, poi prende la via dell’estero, dove è l’autore è considerato tra i liutai italiani più interessanti della nuova generazione. «Con l’Italia lavoro poco. Oggi si vende soprattutto in America, ma anche in Germania. I mercati emergenti sono però in Oriente: Hong Kong, Taiwan, Corea». E la Cina? «I rapporti sono ambivalenti. Un tempo produceva soltanto violini industriali, di scarsa qualità. Ora invece ci sono liutai professionisti che realizzano ottimi violini a prezzi per noi insostenibili. A Pechino è stata aperta persino una scuola di liuteria. Dall’altra parte però la Cina è anche un grande mercato, limitato solo dai balzelli doganali imposti alla merce in ingresso».I due figli di Tadioli entrano ed escono dalla bottega, dove giocano come loro padre anni fa. Sul banco di lavoro attendono le casse di due violini. «Il primo strumento di cui sono stato del tutto soddisfatto? Non l’ho ancora realizzato. Altrimenti che gusto ci sarebbe?».
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