mercoledì 26 marzo 2014
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Nella prolusione al Consiglio permanente della Cei il cardinale Angelo Bagnasco (nella foto) ha dedicato una sezione alla “Violenza accattivante delle ideologie”, rimarcando che «se l’umanesimo plenario ha avuto la sua origine nel grembo europeo, e ha ispirato le grandi Carte internazionali, non è detto che trovi ancora in quel ceppo, tagliato dalle sue origini cristiane, la linfa ispiratrice. Se l’occidente vuole corrompere l’umanesimo, sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’occidente e troverà – come già succede – altri lidi meno ideologici e più sensati. Il Vangelo è per tutti ma non è incatenato a nessuno, è storico e metastorico. L’erosione sistematica dell’impianto culturale umanistico, usando come grimaldello l’impazzimento dell’individuo con le sue pretese solipsiste, è una espressione triste di quella miseria morale e spirituale di cui parla il Santo Padre». Accanto alle tante ed e­clatanti “miserie”, saper cogliere le piccole “no­biltà”. E assieme all’“in­dividualismo solipsisti­co”, che ancora imper­versa, attenzione agli in­numerevoli segnali che parlano di co­munità e solidarietà. Per Salvatore Na­toli il paragrafo della prolusione del cardinale Bagnasco sulla “Violenza ac­cattivante delle ideologie” suscita più domande ulteriori che risposte. Nato­li – professore ordinario di Filosofia teoretica presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Milano Bicocca – ha pubblicato da po­chi giorni un “picco­lo grande” libro, An­tropologia degli ita­liani (La Scuola, pa­gine 40, euro 5,50), non estraneo ai temi toccati dal presidente della Cei. Se l’Occidente tradi­sce l’umanesimo ple­nario, avverte Bagna­sco, sarà l’umanesi­mo ad abbandonare l’Occidente. Per an­dare dove? «Cina, India, Brasile, Africa? Difficile dirlo, la situazione è complessa e contraddittoria. Pensia­mo soltanto all’area del Mediterraneo, alle tante lotte recenti, con aspetti no­bili ma anche equivoci, dove la ri­chiesta di democrazia e libertà, tipica della migliore tradizione occidentale, si scontra con strumentalizzazioni e manipolazioni di gruppi che mirano e­sclusivamente al proprio tornaconto». Quando parla di «miseria morale e spirituale» è però preciso. «Mi spiego. L’Occidente sta invaden­do il mondo con la globalizzazione, processo economico che porta con sé anche modelli di pen­siero e stili di vita...». Compreso quel tradimen­to dell’umanesimo plena­rio?  «Difficile definirne gli esi­ti. Come valutare quell’i­brido di comunismo e capi­talismo che si sta affermando in Cina? L’umanesimo, con il suo patrimonio di idee e valori, migra nell’ex Celeste Impero? In Brasile as­sistiamo effettivamente a un certo a­vanzamento sociale. In India, dove il sistema delle caste, formalmente a­bolito, resiste nei fatti, c’è chi lotta sempre più apertamente contro tabù secolari. Il mondo è in movimento, e accanto ad alcuni fenomeni negativi ce ne sono altri molto positivi. Voglia­mo chiamarlo umanesimo?» Forse l’Occidente, assieme a tanti frut­ti negativi emanazione del più grigio individualismo, ha seminato, sia pu­re involontariamente, semi positivi... Tra quei frutti ci sono pure le «ideolo­gie deformanti» a cui accenna Ba­gnasco? «Dovremmo chiarire, credo, che cosa si intenda qui per “ideologie”. Quelle classiche ottocentesche sono naufra­gate: anche se non sembrano del tut­to esaurite, la loro forza propulsiva è finita. Se però è un’ideologia quella del libero mercato – “ognuno si arricchi­sca come meglio gli riesce e come meglio crede” – allora eccola l’ideologia vincente. Con i suoi guasti: se non è misurata ed e­quilibrata, porta a bolle speculative e di­sastri che ben cono­sciamo ». L’“ideologia del mer­cato” ha come conse­guenza l’iperindivi­dualismo di cui parla la prolusione?  «La mia sensazione è che anche questa ideologia dominan­te sia alle corde e abbia il fiato corto. Forse non è facile né immediato co­glierne i segnali, ma il bisogno di co­munità, e di recupero dei tanti legami perduti, sta crescendo. L’individuali­smo di massa, votato al consumismo esasperato, si sta a sua volta consu­mando. Di fronte alla crisi, in molti si trovano “scoperti”; e così rinascono forme di solidarietà e soccorso, di coo­perazione. La Chiesa stessa da tempo ha colto questi segnali, penso ad e­sempio ai fondi di solidarietà... Avver­to, in generale, un nuovo bisogno di comunità». Il panorama non è dunque così cupo? «Sono convinto che ci sia anche una crescita positiva, virtuosa, della libertà e della soggettività, che si coniuga con la responsabilità nei confronti non so­lo delle proprie azioni personali ma anche della vita degli altri. Cresce il bi­sogno di una società serena. E a me sembra che a ciò non sia estraneo il magistero di papa Francesco. Il suo mi sembra un grande pontificato sociale, che nei gesti e nelle parole ripropone la grande stagione della Mater et ma­gistra e della Pacem in terris».

 

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