mercoledì 4 maggio 2016
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La tradizione cartesiana, basata sulle idee chiare e distinte e sulle regole per pensare bene, si è prolungata fino ai giorni nostri, portando a un prevalere, nella scienza, del formalismo e del linguaggio matematico. Da questa prevalenza, vista da una parte la pericolosa tendenza dell’uomo a dedicarsi a temi di cui non può avere certa e indubitabile cognizione, e dall’altra l’implacabile precisione delle macchine, segue una palese superiorità della macchina sull’uomo: quest’ultimo deve rassegnarsi a cedere il posto alla prima. E la macchina per eccellenza oggi è il computer che, sulla scorta di Cartesio e dei suoi seguaci, da Leibniz a Frege a Turing, è una macchina intelligente: anzi l’Intelligenza Artificiale è l’unica intelligenza, poiché è esente dai limiti umani, dovuti alla presenza del corpo e alla fallacia dei sensi. Nel “Paradiso dell’Informatica” non c’è posto per l’uomo. Questa argomentazione è condotta con raffinata consequenzialità da Francesco Varanini nel suo ultimo libro ( Macchine per pensare. L’informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, Guerini e Associati), che si annuncia come il primo di quattro volumi dedicati all’informatica umanistica, cioè a una visione socioculturale in cui l’uomo non sia sostituito dal computer, ma sia da esso aiutato e sorretto nella propria attività cognitiva e pratica, restando al centro della scena. Alla posizione razionalista di Cartesio e di Turing, per cui ogni ragionamento è di tipo deduttivo e rigorosamente logico-computante, si oppone Sigmund Freud il quale ritiene che la conoscenza sia vicina ad antiche credenze popolari e scaturisca dal mondo onirico, in cui corpo e mente sono legati inscindibilmente, in cui sono presenti materiali spuri, connessioni enigmatiche e allusive ma pregne di un significato che va appunto interpretato: il sogno ci parla delle verità più profonde Comodo sarebbe accettare il progetto logicista, ma, sostiene Varanini, se non vogliamo che l’uomo sia trasformato in robot e sia quindi sconfitto dalla macchina, bisogna dare ascolto a Freud. È, in fondo, la questione del Perturbante: tutto ciò che dovrebbe restare segreto, nascosto e che invece affiora, mettendoci di fronte, con sgomento, alla nostra natura più profonda. Di qui a dichiarare che il Web è la versione collettiva ed estroflessa dell’inconscio il passo è breve e audace, e l’autore lo compie sostenuto da ragioni persuasive, prima di tutte che nel Web si raccolgono materiali di ogni genere ed esiste un Web profondo. Questo testo è anche un’affascinante escursione nella storia della Germania sotto il profilo della filosofia, della matematica e dell’informatica. In particolare «la filosofia tedesca ci parla di macchine pensanti, figlie della ragione... come la macchina di Turing... Ma ci propone anche un percorso che... con Husserl, Heidegger, Heisenberg e Bonhoeffer, ci porta a immaginare altre, differenti macchine, macchine che, anziché sostituirlo, accompagnano l’uomo». E, ci esorta Varanini: «Invece di seguire Leibniz sulla via del Calculemus!, via che porta a costruire macchine che si spera siano capaci di calcolare da sole, prescindendo dall’uomo, possiamo percorrere, accompagnati da macchine adeguate, la via del Narremus!», perché la conoscenza che non può essere formalizzata può (deve) essere narrata. Questa è la via dell’informatica umanistica. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il filosofo Varanini ripercorre la storia della nostra sfida con le macchine, da Cartesio a Turing Per “umanizzare” la tecnologia
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