sabato 11 giugno 2011
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Le riviste di politica e cultura riusciranno a sopravvivere al cannibalismo del web? Se ne è parlato a Bologna nel corso di un convegno (che si conclude oggi nella sede di Unicredit) in occasione del 60° anniversario della rivista «Il Mulino». Il direttore Piero Ignazi si è soffermato sul ruolo dell’intellettuale che «se vuole illuminare, deve uscire dai suoi recinti ristretti». Anche perché il suo ruolo coincide con quello delle riviste, «una sorta di sistema circolatorio delle idee che le fa fluire riportandole in tutti i luoghi del corpo e che, dopo essere passato fino ai terminali più lontani, le fa ritornare, le ripulisce, le ridefinisce, le ripropone ancora». E poi c’è il problema del dialogo sul web che «non è più faccia a faccia, ma anonimo» e che provoca una sorta di «balcanizzazione dello spazio con la creazione di isole che non si collegano tra loro». Della diversità di fruizione tra rivista cartacea e on line si è occupato Lorenzo Ornaghi (Vita e pensiero): «Nel sito ci si sofferma, ed è già tanto, per un paio di minuti. Mentre per la rivista la modalità di consultazione è diversa e si allunga nel tempo». Il mutamento della fruizione, ha affermato Ornaghi, «modifica il ruolo sociale della rivista e tocca anche quel nodo fondamentale che è la funzione politica». Il direttore di Vita e pensiero ha poi parlato della fidelizzazione «spontanea, per la rivista tradizionale, e completamente diversa per quella web. Questo perché cambia la domanda di conoscenza che oggi ha una persona giovane, soprattutto quando in rete ha la possibilità di consultare più testate contemporaneamente. Oggi – ha concluso Ornaghi  – è finita la stagione delle ideologie, Purtroppo, dico io. Senza ideologie le riviste non fanno politica, non sappiamo più nemmeno cos’è la critica. È la critica del contingente senza una visione del mondo. Chi ha una visione del mondo, ha un’ideologia dietro. Certo, Vita e pensiero nasce con una visione del mondo fondata su precisi valori che sono quelli della fede cattolica. Se non ci fosse quella, non si capirebbe cos’è la rivista». Lucio Caracciolo, direttore di Limes ha messo a confronto la ventennale esistenza della rivista di geopolitica con la più recente presenza on line. La cannibalizzazione del web – ha detto – «si può ridurre se si cerca di distinguersi». Sui benefici di questa convivenza Caracciolo non ha dubbi: «La rivista on line è una sveglia per il cartaceo».  Marco Belpoliti ha raccontato l’esperienza on line di Doppiozero: «Abbiamo scelto la strada di un contatto stretto con Facebook perché il nostro obiettivo è quello di costruire una sorta di community». Del nostro spazio, ha aggiunto il direttore, «vogliamo fare un luogo di aggregazione». Sulla coesistenza tra internet e riviste Belpoliti ha aggiunto: «Tra qualche anno i giornali tradizionali spariranno. Tutti andranno nella Rete. E anche le riviste si dovranno adeguare». Il direttore ha sintetizzato infine lo stile dei nuovi progetti culturali digitali, «la velocità della favola e, di fronte al mercato, la consistenza-coerenza dello scrivano di Melville (avrei preferito di no)». «Riprodurre la rivista cartacea on line è un atto di autolesionismo», ha affermato Giancarlo Bosetti di Resetdoc. Anche perché – ha osservato – «la Rete ha un rapporto con utenti individuali che vanno direttamente su ciò di cui hanno bisogno». Si può dire, quindi, e non sembra davvero una buona notizia, che «la rete bypassa la testata». «L’utente – ha osservato Bosetti – non entra dalla copertina ma dai motori di ricerca. Diventano allora fondamentali le parole chiave». La cultura e la politica on line presentano secondo il direttore alcuni rischi: «Il più grave riguarda la diffusione di una certa partigianeria e faziosità. I navigatori, liberi e disinibiti, si lasciano attrarre dalle proposte più radicali. In questa situazione un’opinione moderata e riflessiva gira sicuramente di meno». Di fronte a questi tempi cupi l’unico antidoto per le riviste è, a parere di Bosetti, la multimedialità. Particolarmente interessante l’avventura della rivista francese Esprit, 4500 abbonati (di cui 1500 sono biblioteche universitarie). «Siamo in controtendenza – ha annotato Marc-Olivier Padis –. Abbiamo trasferito il cartaceo on line e facciamo pagare l’accesso. Ed è così che ci auto-finanziamo. Nel sito c’è un motore di ricerca interno molto funzionale. Nella nostra esperienza tradizione e innovazione si intersecano: dalle sfide del web ripensiamo anche il nostro modo di scrivere. Favorendo il passaggio da una cultura di riferimento a una cultura di rete». Anche Padis non si nasconde qualche pericolo: «Una navigazione che rischia di sottrarsi al confronto con le opinioni contrarie optando invece per una chiusura nelle proprie affinità elettive. L’unica via d’uscita, in questo caso, è potenziare la capacità del navigatore, mettendolo in condizione di imbattersi più facilmente nelle scoperte casuali». Scriveva il cardinale Bessarione al Doge di Venezia nel 1468: «Tanto grande è la loro dignità e maestà e infine la loro santità che, se non ci fossero i libri non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine». Parole antiche che esprimevano ammirazione per qualcosa di nuovo e di vivo. «Molti di noi" – ha concluso Ignazi – hanno la stessa ammirazione per quello che c’è di nuovo nella Rete».
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