sabato 17 agosto 2013
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Luigi come Sylvester Stallone in “Rocky”, ogni mattina si sveglia all’alba e alle 5.30 comincia a correre per le strade ancora deserte della sua città: Casoria, alle porte di Napoli. Lo fa per tenersi in forma in vista del prossimo match che spera sia il più ravvicinato possibile. Ma Luigi Iaccarino, 20 anni, non è un pugile, «anche perché non potrei combattere...», dice con il sorriso solare di uno scugnizzo. Luigi è nato senza l’avambraccio destro. Menomazione che gli impedirebbe di boxare come i ragazzi delle “palestra dei campioni” di Marcianise, ma non di giocare a calcio, la prima grande passione che scoprì da bambino e che coltiva tuttora. «Ho cominciato come tutti qui a Casoria, per strada, le classiche partite senza fine con gli amici. Poi sono entrato nella scuola calcio dello Sporting». Il ragazzino fa capire subito che con i piedi («perché solo quelli servono») ci sa fare: è un leader naturale e diventa ben presto l’idolo della squadra. «Nessuno dei compagni si è mai permesso di prendermi in giro per il mio “difetto fisico”. E anche gli avversari hanno sempre avuto il massimo rispetto, anzi a volte ci scappa pure qualche risata. Tipo quando mi dicono: “L’hai toccata con la mano...” o quella volta che il difensore che mi marcava urlò: “Arbitro mi ha spinto!”. E io: magari, se avessi avuto l’altro braccio però...». Ironia dei forti, Luigi sorride alla vita e anche del suo handicap che non lo ha mai frenato, ma anzi lo ha reso più forte e maturo dei suoi coetanei, deciso più che mai ad arrivare all’obiettivo: «Fare della mia passione per il calcio una professione». Non ha mai abbandonato il campo, anche quando suo padre per lavoro si trasferì a Firenze. «Quell’anno giocai nelle giovanili del Certaldo, poi quando sono tornato a casa sono entrato alla Mariano Keller, la società che ha lanciato Ciro Ferrara e dove ho incontrato il mio “maestro” di calcio e di vita, Vincenzo Onorato». Il “mister” Onorato, ex giocatore con trascorsi in B nella Reggina fine anni ’80, il primo a credere ciecamente nelle potenzialità di questo esterno sinistro che con il mancino pennella per i compagni traiettorie artistiche come il suo idolo, “Pinturicchio” Del Piero. Come Super Alex, poi, Luigi ha il vizio del gol e i suoi numeri parlano chiaro: non ha mai chiuso un campionato senza finire in doppia cifra. Così, quando mister Onorato passa alla guida della Rita Ercolanese lo porta con sé e a 17 anni lo fa debuttare nel campionato di Eccellenza. Una stagione da incorniciare e occhi puntati su quello che per la pubblica ottusità era soltanto il “ragazzo senza un braccio”, mentre per gli osservatori dei club di categoria superiore un talento sul quale investire. Lo fa l’Arzanese, società di Lega Pro, che lo inserisce nella squadra Berretti iscritta al Torneo internazionale di Viareggio. «Quell’anno segnai 20 gol e anche a Viareggio feci delle ottime prestazioni contro l’Empoli e la Honved Budapest. La promessa della società era stata chiara: i migliori della Berretti verranno premiati, a fine stagione passeranno in prima squadra. E invece...». Promessa non mantenuta e l’amarezza di dover ricominciare daccapo. «Sono sceso in Promozione con la San Pio Mondragone allenata da mister Onorato. Tutte le settimane 90 km tra andata e ritorno per andare agli allenamenti. Poi il novembre scorso la società comunica a noi 4-5 “napoletani” della rosa che non ci sono più i soldi per gli stipendi e, quindi, chi voleva poteva continuare, ma a proprie spese... Io vengo da una famiglia umile e sono anche senza patente, perciò ho dovuto mollare». Lo stop forzato di un ragazzo che nel calcio ha investito tutto, sogni compresi. «Finora l’unico sogno che ho realizzato è stato esaudire il desiderio di mia nonna Nunzia. Voleva tanto vedermi in televisione e prima di andarsene (è morta sei mesi fa, ndr), almeno in qualche emittente privata è riuscita ad assistere a qualche mia partita. Com’era orgogliosa quando per la prima volta ha sentito alla tv il nome di suo nipote...». L’altro sogno da realizzare prima possibile è quello di tornare in campo, anche per fugare certi cattivi pensieri, tipo che «qui da noi il mio “difetto fisico” è visto come un impedimento al professionismo». A giocare contro c’è un precedente importante nel calcio italiano, il bomber Julio Gonzalez (ex Vicenza) al quale non diedero l’idoneità fisica quando gli fu amputato il braccio e per scendere ancora in campo dovette tornare in Paraguay. «Sì ma nel caso di Gonzalez si trattò di un incidente stradale e poi doveva giocare con la protesi – puntualizza Iaccarino –. A me manca il 35-40% del braccio destro, ma questo non mi impedisce di essere coordinato, di “proteggere” bene la palla e, soprattutto, non metto a repentaglio la mia incolumità fisica e tanto meno quella degli altri giocatori». Eppure nonostante ciò, il “mercato” di Iaccarino in questi giorni è fermo. «Il telefono non squilla. Non ho procuratori e tranne l’amicizia profonda e la fiducia di mister Onorato che seguirei anche se allenasse in Africa, non ho nessuno che possa aiutarmi. Se in Italia continueranno a guardare più al mio difetto che alle reali qualità tecniche che possiedo, alla fine potrei andarmene anche all’estero. Se mi chiamano io vado, sono giovane, ho bisogno di lavorare e la mia fidanzata in questo momento si chiama “calcio”… Il futuro? Vorrei giocare fino a quarant’anni, poi mi piacerebbe allenare e dedicarmi a quelle persone con difficoltà alle quali dico: per chi ha cuore e umiltà non esistono barriere che non si possono superare».
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