martedì 12 ottobre 2010
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Per arginare lo tsunami dialettico del presidente della Lazio Claudio Lotito, abbiamo predisposto un tandem “difensivo” con il collega Luca Collodi (questa intervista è stata fatta in collaborazione con la trasmissione “Non solo sport” del canale italiano della Radio Vaticana), ma ci siamo dovuti arrendere al pensiero debordante del presidente laziale che per l’occasione ha accettato almeno il fioretto: 30 minuti senza neppure una citazione in latino. Di questi tempi, con la squadra di Edy Reja (domenica, il tecnico più anziano della Serie A ha compiuto 65 anni) capolista, il suo patron vola molto più in alto dell’aquila Olimpia che da quest’anno apre le gare interne dei biancocelesti. Perciò, una semplice chiacchierata calcistica, alla quale ha partecipato anche il cardinale portoghese - di provata fede laziale - José Saraiva Martins, ha assunto una piega quasi mistica e per definizione dello stesso Lotito «escatologica».Presidente, ma dice sul serio quando afferma che per lei la Lazio esprime prima di tutto i valori della perfetta “comunità cristiana”?«Non penso di essere blasfemo se unisco il concetto di comunità cristiana con quello di un gruppo di calciatori che alla Lazio cerchiamo di educare sulla base dei tre elementi imprescindibili: fisico, mentale e spirituale. Il calciatore, il campione che nutre solo il fisico e non cura la sua crescita spirituale, non può dirsi uomo completo e non può farsi garante della funzione fondamentale dello sport che è quella di porsi al servizio dei più deboli».Concetti dogmatici che il nostro calcio, sempre alla ricerca del risultato a tutti i costi, non ci sembra che attui in maniera diffusa.«Sono convinto che il bene abbia sempre la meglio sul male e anche il nostro primato in classifica dipenda da un preciso disegno escatologico, al quale io credo profondamente, che premia la messa in atto dei principi etici basilari da parte della società e della squadra».Ci sta dicendo che la sua Lazio vince ed è prima perché è più forte eticamente che tecnicamente?«Questa Lazio è più forte perché ha eliminato l’egoistico e individualistico “Io”, per esprimersi, in campo e fuori, sotto la bandiera del “Noi” che è il vero emblema del gruppo. I nostri ragazzi sanno che hanno l’onere di farsi portatori presso i giovani di valori come il rispetto delle regole e dell’avversario, che sono il substrato della convivenza nella società civile».Il nostro senso civico però, fa fatica ad accettare che da sei anni, lei, figlio di carabiniere, giri con la scorta perché è minacciato da una parte della tifoseria.«La scorta si è resa necessaria oltre che per le minacce degli ultrà, anche per altri elementi e “scalate” con ambienti particolari... Io faccio di necessità virtù e spero che questo sacrificio quotidiano del vivere scortato, faccia comprendere ai tifosi veri, che sono la maggioranza, il senso della mia volontà di una condotta diversa».Molti tifosi laziali nonostante il 1° posto stanno disertando ancora l’Olimpico...«Purtroppo l’era del “calcio dell’appartenenza” è finito da un pezzo, oggi siamo in piena “era commerciale” in cui anche i tifosi agiscono per interessi e nell’acquisizione di ruoli materiali. Io sei anni fa ho detto che mi batterò per un “calcio didascalico e moralizzatore” che intende far riscoprire alla gente la passione autentica per questo sport e allontanare la disaffezione da stadio».Per combattere il “virus” della disaffezione dicono che servano stadi nuovi.«Lo stadio di proprietà consente al club di rimettere il tifoso al centro del progetto sportivo e farlo sentire davvero il 12° uomo in campo. L’obiettivo è quello di creare uno stadio che diventi la casa dei tifosi 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno, in cui si possa vivere l’evento della partita con gioia e colleganza foscoliana “degli amorosi sensi”».Molto poetico, ma la realtà quanto dista dalla sua visione onirica?«La nostra realtà è fatta di iniziative concrete come l’aquila Olimpia o l’imminente nascita di Radio Lazio Style 1900 (prima emittente radiofonica italiana di proprietà di un club) che servono a creare un rapporto empatico con la tifoseria, la quale può e deve esprimersi attraverso una critica costruttiva. Lo sport, il calcio in particolare, spesso può agire e spingersi in maniera positiva, in ambiti in cui non arriva neppure la politica».La politica delle società intanto rimane quella del “più spendi, più vinci”.«I risultati della Lazio indicano esattamente il contrario. Se guardiamo poi a quelli delle competizioni internazionali, il grande successo delle nazionali di Spagna e Germania, dimostrano che l’aspetto economico ha sì la sua importanza, ma conta molto di più l’utilizzo delle risorse per la valorizzazione dei settori giovanili. Voce che verrà sempre più incentivata a partire dal 2012 con l’entrata in vigore della normativa Uefa sul fair-play finanziario».Però anche la Lazio sul mercato va ancora a caccia dello “straniero”, contribuendo così alla crisi della Nazionale che lamenta l’assenza preoccupante di talenti.«Non è vero. Molti dei nostri giovani, nati e cresciuti nel vivaio della Lazio, stanno facendo esperienza in B e in Lega Pro e alcuni di loro presto saranno pronti per il grande salto in Serie A. Alla Nazionale abbiamo appena dato Mauri e Floccari. A Prandelli dico di puntare su Ledesma, è un oriundo certo, ma è anche un giocatore che può fare la differenza nel centrocampo azzurro».
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