domenica 5 marzo 2017
Il sociologo spagnolo Casanova: nell'era post secolare le istituzioni possono limitarsi a provare le condizioni per l'espressione delle convinzioni morali di tutti i cittadini...
Stato e religioni: liberi tutti?
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Si intitola «Lo Stato post-secolare e il pluralismo religioso» l’intervento che José Casanova, uno dei più importanti sociologi della religione viventi, firma sull’ultimo numero del bimestrale «Vita e Pensiero»; ne pubblichiamo uno stralcio in questa pagina. Il mondo globale non ha portato a una secolarizzazione omogenea, ma a dinamiche diverse di revival religioso e di crescente pluralizzazione religiosa nel mondo. Nello stesso numero, ora in libreria, si segnalano una riflessione di Massimo Cacciari sul filosofo tedesco Voegelin, l’analisi del docente cinese Jin Lu sui rapporti del primo papa gesuita con la Cina e il testo di António Marto, vescovo di Leiria-Fátima, sul centenario delle apparizioni.

La nostra età globale è stata a buon diritto definita dall’illustre filosofo cattolico canadese Charles Taylor 'età secolare'. Ma 'secolare' qui non significa senza la religione o dopo di essa, significa piuttosto una condizione di sempre maggior pluralizzazione delle opzioni religiose e non-religiose. Il principio chiave della nuova età secolare globale è il riconoscimento della libertà religiosa come diritto individuale inalienabile basato sulla sacra dignità della persona umana. Non le credenze o le dottrine hanno diritti, ma le persone. Esse hanno il diritto e il dovere di seguire la propria coscienza senza coercizione. La verità non può essere imposta coercitivamente, deve essere accolta liberamente. A tal proposito, ed è questa la novità radicale della nuova condizione secolare, né la verità né l’errore possiedono diritti per sé. Le persone hanno il diritto e il dovere di ricercare la verità, di perseguire la propria felicità senza coercizione e seguire la propria coscienza.

Il secondo elemento chiave della nuova condizione secolare è istituzionale, e precisamente il principio di uno Stato secolare nuovamente ridefinito. Lo Stato moderno dovrebbe essere secolare, ma non nel senso laicista o secolarista di atteggiamento negativo verso la religione, avocando a sé il diritto di regolamentare la religione e di relegarla nel privato, escludendola dalla sfera pubblica. Lo Stato deve essere secolare a partire dal rispetto per la libertà di religione di ogni singolo cittadino. In riferimento a ciò, lo Stato secolare ha l’obbligo di mantenere una certa distanza da tutte le religioni nel nome dell’uguaglianza religiosa, il che implica non il relativismo, bensì il principio dell’uguale rispetto per tutte le visioni, religiose e non-religiose. Lo Stato secolare si dichiara, se non totalmente agnostico in materia religiosa, almeno teologicamente inadatto ad arbitrare dispute religiose o questioni di verità religiosa, abbandonando il ruolo di protettore dell’ortodossia e della vera religione. In realtà, lo Stato secolare deve assumere l’obbligo opposto, e cioè il ruolo di protettore delle minoranze religiose dallo strapotere discriminatorio maggioritario. Il terzo principio fondante della nuova condizione secolare è il riconoscimento di un fatto sociologico fondamentale della nostra età globale, e cioè che l’umanità globale è caratterizzata da una pluralità religiosa e culturale inevitabile. Tale riconoscimento a sua volta porta all’ammissione che il pluralismo religioso, anziché essere un fatto negativo da correggere e sopprimere, è un principio positivo che richiama tutte le comunità religiose al mutuo rispetto e riconoscimento, fino al dialogo interreligioso. (...)

Anche le democrazie europee di più vecchia data che, almeno nelle loro Costituzioni, riconoscevano il principio della libertà religiosa, si sono trovate costrette, negli ultimi decenni, ad aggiustare i propri modelli tradizionali di relazione Stato-Chiesa per rispondere alla crescita del pluralismo religioso prodotto dai seguenti fattori: l’individuazione religiosa che accompagna il processo di secolarizzazione; l’espansione, in molte società europee, delle religioni dei nuovi immigrati, specie l’islam; e i processi di globalizzazione che costringono a riconoscere il pluralismo religioso globale come un dato di fatto inevitabile della nostra condizione umana globale. Tutti gli Stati europei sono stati costretti a riesaminare i propri modelli di relazione Stato-Chiesa perché questi ultimi erano ancora troppo confessionali nel privilegiare la religione della maggioranza nei confronti delle minoranze, come nel caso dei Paesi nordici luterani, e anche perché la loro insistenza per avere una sfera pubblica laica libera dalla religione tendeva a discriminare i cittadini praticanti. E tale riconoscimento riflessivo che ha portato influenti pensatori europei, come Jurgen Habermas, ad approvare il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica e a parlare di società post-secolari. Questo processo non è affatto morbido, e infatti tutte le società europee stanno avendo difficoltà nel riconoscere l’islam come religione europea legittima. In reazione a un islam come religione degli immigrati, all’interno di molte società europee si possono notare contemporaneamente due atteggiamenti opposti: una riaffermazione dell’egemonia cristiana e un secolarismo laicista aggressivo nei confronti della religione stessa. Nel 1948, al tempo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ben pochi Stati europei avevano istituzionalizzato il principio della libertà religiosa e molti Stati, nonostante i loro principi costituzionali, conservarono una forma di establishment privilegiato delle loro Chiese nazionali.

In questo senso, è possibile sostenere legittimamente che l’espansione della età secolare è la tendenza globale più significativa degli ultimi cinquant’anni. La nostra nuova consapevolezza della crescente repressione delle minoranze religiose in molte aree del mondo è essa stessa un indizio della dinamica espansiva dell’affermazione della libertà religiosa individuale come diritto umano e della resistenza in molte parti del mondo alla crescente istituzionalizzazione di un regime dei diritti umani globali. È lampante che il liberalismo richiesto dagli Stati e dalle società moderne nella nostra era globale sia assai differente dal liberalismo storico delle società europee del XIX secolo. Il liberalismo ottocentesco era la risposta al bisogno storico di secolarizzare, cioè de-confessionalizzare gli Stati, le comunità nazionali e gli individui al fine di liberarli dalla tutela delle istituzioni ecclesiali, in particolare della Chiesa cattolica transnazionale. Le ripetute espulsioni dei gesuiti dalle società dell’Europa occidentale per mano dei governi liberali furono un’espressione paradigmatica delle ideologie liberali anticlericali, nazionaliste e stataliste. Come ordine rappresentativo transnazionale papale e come insigne ordine educativo cattolico, l’ordine dei gesuiti servi da bestia nera del liberalismo. Assai differente è, oggi, il compito dello Stato liberal-democratico sotto le condizioni dell’attuale pluralismo ideologico, morale e religioso. Tale compito consiste nel creare le condizioni per una libera ed egualitaria espressione delle visioni ideologiche, delle convinzioni morali e dei progetti politici di tutti i cittadini, purché non siano in conflitto con i diritti fondamentali di ogni singolo cittadino alla vita, all’uguaglianza e al perseguimento della felicità. In favore dei diritti e della libertà di tutti i cittadini, sia le Chiese (come comunità religiose) sia gli Stati secolari dovrebbero abbandonare le pretese di fungere come un’autoritaria mater et magistradi tutti i loro 'figli' limitandosi a promuovere un’eguale prosperità materiale e spirituale per tutti.

(traduzione di Simona Plessi)

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