mercoledì 14 settembre 2022
Quanto incide la guerra sulla scelta di editare in Italia le nuove uscite in cirillico? Le opinioni di Niero e Zonghetti
Tolstoj nella sua casa di Krasnaja Poljana nel 1908

Tolstoj nella sua casa di Krasnaja Poljana nel 1908 - archivio

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Come sta incidendo la guerra russo ucraina sulle traduzioni in italiano da quell’immenso giacimento che è la cultura russa? Non c’è solo il gas a caratterizzare i rapporti dell’Italia con la Russia e sarebbe bene ricordare come il ponte della letteratura, dell’iconografia, della cinematografia, abbia consentito anche nei momenti più difficili, di tenere vivo un rapporto quanto meno di simpatia e di attrazione, veicolato anche dall’amore per le città (vedi ad esempio, il periodico 'Il portolano' sulla letteratura russa dal 1917 al 2017 o il volume Rinascimento e Antirinascimento di Lucia Tonini). Tutto questo viene rimesso in discussione, anche in modo incomprensibile: perché non utilizzare tutti questi canali per fare passare un messaggio, aiutare una trattativa, coniugare fermezza e ricerca della pace? I traduttori italiani dal russo sono maestri e hanno fatto scuola: Ripellino, Strada, Serena Vitale, per citarne alcuni. Gli effetti che la guerra ha determinato nell’attenzione verso la cultura russa e sul lavoro dei traduttori rappresentano un punto di vista non banale su cosa 'produce' la guerra nella cultura, a partire da quelle forme di intolleranza che censurano un corso su Dostoevskij come protesta contro Putin e la sua aggressione. Alessandro Niero è un poeta ( Residenza fittizia, Marcos y Marcos) e traduttore. Insegna letteratura russa al dipartimento di Lingue, letterature e culture moderne dell’Università di Bologna. A lui dobbiamo tra l’altro la recente traduzione, integrale, di Quando rasserena di Pasternak (Passigli). «Per quanto mi riguarda spiega - ho due volumi di poetesse in uscita per due importanti editori nel 2023. Ci lavoro da tempo, ben prima del 24 febbraio. L’aspetto più problematico è che esistono almeno un paio di fondazioni che finanziano le traduzioni russe all’estero, ma con le quali è diventato difficile collaborare, e questo credo che abbia una certa influenza su un mercato che ormai si era abituato a supporti esterni, che oggettivamente agevolano in termini economici la lavorazione dei libri tradotti dal russo». Nel caso di Niero, i due editori hanno, per così dire, le spalle larghe, ma che dire di quelli le cui forze non consentono di muoversi senza un supporto? «Realisticamente, prevedo qualche volume in meno tradotto dal russo, questo sì. La speranza è che questo possibile calo non sia dovuto a imbarazzanti pregiudizi (non vorrei richiamare il fin troppo evocato caso Nori-Dostoevskij), né in un senso né in un altro: ossia, voglio credere che l’editoria non diventerà binaria come un tempo, quando ogni manifestazione culturale 'contro' rischiava di trovare accoglienza anche se, in più casi, esteticamente dubbia, e ciò che, magari, era destinato a resistere nel tempo veniva trascurato perché non abbastanza à la page. Stiamo parlando di una letteratura che non ha bisogno di presentazioni e penalizzarne le espressioni, quali che esse siano, non giova a nessuno. Conoscere permette di giudicare meglio, nel bene e nel male». Claudia Zonghetti è cresciuta alla scuola di Vittorio Strada. Ha tradotto per Einaudi I Fratelli Karamazov e Anna Karenina e per Adelphi Anna Politkovskaja. Riesce a spaziare con notevole duttilità nella miniera della cultura russa. «Il mio lavoro - spiega - al momento non ha conosciuto alcuna flessione, tutt’altro. L’interesse per un certo tipo di libri comunque resta e forse si fa ancora più vivo. Si tratta soprattutto di testi che hanno a che fare con qualcosa di alternativo alla visione ufficiale del regime di Putin. Io al momento ne sto traducendo un paio e una raccolta per Memorial-Italia che sta lavorando moltissimo a diffondere filmati sottotitolandoli per il pubblico italiano anche per fare vedere che il monolite di Putin non è così granitico». Ora sono i traduttori dall’ucraino a essere tempestati di richieste. «Nel prossimo futuro l’ostacolo più grande per i traduttori dal russo è rappresentato dal fatto che le due fondazioni, l’Istituto per la traduzione (Institut perevoda) e il Fondo Prokhorov non potranno più finanziare le traduzioni, per le norme che in questa contingenza storica vietano lo scambio di denaro tra i due Paesi e questo credo che impedirà alla case editrici medio-piccole di tradurre dal russo». «I costi per la traduzione di un libro sono una parte importante - sottolinea Zonghetti che le piccole e medie case editrici fanno fatica a coprire. Se case editrici più grandi possono ovviare al problema, così non sarà per quelle più piccole. Spero che così non sia e che il mercato non venga troppo a risentire di questa mancanza pecuniaria ma si sa che l’editoria non può contare su grandi cifre e soprattutto i lettori dal russo non sono un numero così elevato». E a livello di proposte di traduzioni «si ha ritegno a tradurre i contemporanei, perché ci sono molti preconcetti falsi sulla scrittura di quel Paese, mentre i classici non conoscono flessioni. Le cautele sono tante. Io sto lavorando a testa bassa. Non so fare una stima. Dipende sempre dalla curiosità della casa editrice. Non sempre le proposte vengono esaminate. Spesso sono titoli conosciuti attraverso le fiere o traduzioni già avvenute all’estero, come se fosse una sorta di garanzia l’avvenuta pubblicazione in altri Paesi europei». C’è tanta curiosità riguardo l’anniversario dell’assedio di Stalingrado e conclude Zonghetti, «speriamo che l’interesse non cali. Purtroppo devo dire che in vari festival non c’è neanche il tentativo di parlare di letteratura russa. La situazione è decisamente complicata e le prospettive fosche, quasi ininterpretabili».

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